Rob "Roy" Schuiten

Se non ci fosse l'iride nel palmares di questo atleta così regale in bici e dotato di un perfetto missaggio di potenza e ritmo, non si sbaglierebbe a definirlo un "mezzo incompiuto". La realtà è un poco diversa, ma è indubbio che Roy Schuiten poteva dipingere con colori più vivi la sua carriera. Aveva i mezzi per farlo, ma fece un errore di presunzione, che pagò in maniera determinante. Resta comunque uno degli inseguitori più belli e redditizi mai apparsi. Il suo colpo di pedale rotondo come pochi pareva esaltarsi alla ricerca dei confini massimi e da una determinazione che, in apparenza, pareva sconfinata. Ma non era così e nel momento in cui capì di non essere il più grande si sciolse. Con una base d'attività proiettata sulla pista e sulle kermesse si segnalò fra i dilettanti per aver più volte battuto il primato del mondo sui quattro chilometri. Ai record però, non riuscì mai a dar seguito con una vittoria di pregio. Infatti, ai mondiali dei "puri", non giunse mai sul podio dell'inseguimento e pativa pure una certa rivalità col connazionale Ponsteen. L'incanto si sciolse subito al passaggio fra i professionisti avvenuto nel 1974, quando, alla conquista del titolo olandese aggiunse, sempre nell'amico inseguimento, il titolo mondiale della specialità. La sua vittoria iridata fece scalpore perché giunta coi connotati di un autentico dominio, al cospetto di una leggenda come Ferdinand Bracke, ed i fortissimi Renè Pijnen (suo connazionale), Hugh Porter, Dirk Baert, ed il campione mondiale dilettanti dell'anno prima, nonché coetaneo, il norvegese Knut Knudsen. Ma i suoi acuti d'esordio non si fermarono alla pista, perché vinse su strada autentiche perle come la classica Henninger Turm, il Gran Premio delle Nazioni a cronometro e il Trofeo Baracchi in coppia con Francesco Moser. Risultanze che fecero scommettere molti sulla nascita di un nuovo fenomeno. L'anno seguente vinse su strada alla grande l'Etoille des Espoirs, il Giro Indre-et-Loire, il Gran Premio di Lugano a cronometro, ed in pista dominò nuovamente tutti nei mondiale dell'inseguimento, impartendo a Knut Knudsen una lezione impensabile. A fine '75, convintosi di essere un super, firmò la sua condanna, andando a Città del Messico per togliere il Primato dell'Ora ad Eddy Merckx. Si preparò con puntiglio, ma non riuscì in nessuno dei due tentativi cronometrati, ad avvicinare in maniera sensibile la prestazione della leggenda belga. Nella sua testa qualcosa si ruppe inevitabilmente. Certo, anche dopo le tristi giornate messicane continuò a vincere qualcosa di una certa importanza, ma non fu più lui. Perlomeno non si concretizzò in quel passista straordinario ed inimitabile che aveva fatto scommettere parte dell'osservatorio. Nel '76 vinse il Giro del Mediterraneo a tappe, il Gran Premio Argau e il Gran Premio d'Aix-en-Provence, ma perse la finalissima del mondiale dell'inseguimento da Francesco Moser. Col chiodo fisso dell'Ora, continuò a prepararsi in patria, ma non arrivò più a pensare ad una nuova trasferta messicana. Tornò ad un successo tangibile nel '78 vincendo il Baracchi con Knudsen, ma perse nuovamente la finalissima iridata dell'inseguimento ad opera del gigantesco tedesco Gregor Braun. Provò pure la strada delle grandi corse a tappe con risultati sconfortanti. Il suo canto del cigno, nel Trofeo Costa del Azahar, nel 1982. Alla fine di quell'anno, appese la bicicletta al chiodo. Nelle sue esperienze del dopo carriera, anche due anni come direttore sportivo nella "famosa" PDM. Poi, il 19 settembre 2006, in Portogallo, dove si era trasferito per aprire un ristorante, il suo cuore ha ceduto.

Le sue prestazioni al G.P. Terme di Castrocaro.
Partecipò alle ultime due edizioni della manifestazione, quando la sua carriera era già in fase calante. Da gran cronoman fece in entrambe le occasioni una gran bella figura. Nel 1978 fu battuto dal solo svedese Bernt Johansson, giungendo a 1'02" da questi. Si rifece nel '79, vincendo a oltre 42 di media, dopo un gran duello col danese Jorgen Marcussen.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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