Dietrich Thurau

Definirlo in due parole verrebbe da dire: genio e sregolatezza. Forse però c'era di più e credo che sia proprio Didì, come veniva chiamato, a sapere le verità, ma credo pure che se le porterà dietro per il resto dei suoi anni come un penate segreto. Un campione da definirsi sconcertante, possibile a tanto ma sempre costantemente al di sotto delle sue possibilità e dedito ad un gioco con la carriera tra i più contraddittori che sia siano potuti vedere, perlomeno fra coloro che, in un modo o nell'altro una traccia nel ciclismo l'hanno lasciata
Il segmento sportivo di Thurau s'è mosso costantemente in un'alternanza d'epigoni, ma anche in quelli positivi, ha sempre manifestato un velo di incertezza sul suo reale convincimento d'un ruolo di vertice. Qualcuno potrebbe dire un immaturo, altri potrebbero trovare ragioni per definirlo un ragazzo che ha fatto ciclismo, solo come una ragione per trovare i soldi necessari per permettersi a tasselli una vita sopra le righe. Altri ancora pensano che la sua buona longevità , sia dovuta proprio a questo aspetto, all'esigenza di ricaricare il portafogli, svuotato dalle sue condotte un po' così. E che poi lo strumento ciclismo-quattrini sia passato anche attraverso una celata vendita di gare in molti lo danno per scontato. Aldilà di questi giudizi di tendenza, non provabili tra l'altro, restano le alternanze di Didì, e quella classe che non è arrivata ad imprimere gli albi d'oro in sincronia col suo spessore.
Agli inizi corse prevalentemente su pista, riuscendo a cogliere numerose affermazioni nelle Sei Giorni, anche lì a dispetto di un carattere ribelle e bizzarro che, poi, gli precluse una più assidua presenza nei palasport europei e un più consistente bottino. Fu campione del mondo nell'inseguimento a squadre nel '74 a Montreal, ma in patria aveva fatto collezione di titoli junior e dilettanti sia su pista che su strada. Passato professionista nel '75, scalò il vertice della popolarità nel Tour del 1977, nel quale, dopo essersi imposto nel cronoprologo a Fleurance, indossò la maglia gialla per quindici giorni consecutivi, sfoggiando una sicurezza ed una condizione splendide. Dopo il prologo vinse in giallo altre due tappe e, dopo aver ceduto la maglia di leader a Thevenet, ne vinse altre due. Chiuse poi il Tour al quinto posto assoluto, ma conquistò la maglia bianca dei giovani e la gran combinata. Ai mondiali di San Cristobal, giunse al traguardo con Francesco Moser, ma fu da questi battuto nello sprint a due. A fine stagione, per l'età e le risultanze, fu considerato il corridore dell'anno. Si attendeva una sua consacrazione ed infatti il suo '78, si mosse in questa direzione, ma, contestualmente, lasciò intravedere quelle tendenze che poi, col passare del tempo, diverranno più evidenti. Per taluni, anche l'atteggiamento killer in favore di Jan Raas ai mondiali del '79, che costò una rovinosa caduta e l'impossibilità di giocare le sue carte a Giovanni Battaglin, faceva parte di un copione più largo. Comunque, il "Bel Didì", come altri lo chiamavano anche per il suo successo fra il pubblico femminile, il suo bel bottino lo raccolse ugualmente.
Fra le sue vittorie su strada: il campionato tedesco '75 e '76, quello dei Tre Paesi '76, il Campionato di Zurigo '78, il Gran Premio della Scheda '78, la Liegi-Bastogne-Liegi '79 (3° nel '77 e 2° nel '78), il Giro di Germania '79, il Tour de l'Oise '75, la Ruta del Sol '77 e '79, L'Etoille de Bessèges '78, il Gran Premio di Fourmies '75, il Gran Premio E3 '77, Il Gran Premio d'Argovia '77, il Gran Premio dell'Unione a Dortmund '77. Ha corso, ripetutamente, tutti i grandi Giri o quelli di minor spessore, ma identificabili come nazionali, mettendosi sovente a disposizione di un campione del paese che ospitava quella manifestazione. Quanto basta per dare un certo credito a chi, ancora oggi, vede in Thurau un mercenario. Alla Vuelta fu quarto nel '76 e nella corsa rosa fu quinto nel 1983, correndo come spalla di Saronni. Su pista, dopo esser stato campione tedesco dell'americana e dell'inseguimento, seppe vincere ben 28 Sei Giorni. Insomma il Didì è stato un "qualcuno" che andrebbe riletto e approfondito, magari con la speranza di far cadere qualche segreto qualche "perché" ...

Le sue prestazioni al G.P. Terme di Castrocaro.
In linea col personaggio dal potenziale enorme e dalle risposte che lasciavano spesso l'amaro in bocca, Thurau venne a Forlì e Castrocaro nel 1979. Da una parte la Forti e Liberi fece bene ad ingaggiarlo perché era un riferimento che poteva dare spettacolo, dall'altra, il tedesco si comportò come spesso gli accadeva o voleva: incassò i soldi e corse da ciofeca. Certo fu bello da vedere, perché mica poteva nascondere il modo di pedalare, ma arrivò ultimo a 5'27" da Schuiten. Pollice verso al Didì!
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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