Diego Ronchini

E' stato senza dubbio uno dei corridori che più hanno lasciato traccia, fra i romagnoli, a livello dilettantistico, anche perché le sue vittorie furono eclatanti e di gran pregio. Da ricordare il suo rapporto con la maglia rossoverde della Sammarinese del gia mitico "Midì", ed i suoi successi al Giro di Lombardia per "puri", nonché, sempre fra i dilettanti, il Giro delle Marche, la Ruota d'Oro, il Gran Premio Pirelli. Il debutto professionistico di Ronchini, fu di quelli che per un verso o per l'altro, nessuno può scordare. Si era al Giro di Lombardia del 1956, in quella classica tanto cara a Fausto Coppi. Il destino propose una lunga fuga proprio del Campionissimo e di questo debuttante romagnolo dalla grande capacità sul passo. Ronchini si comportò come il più devoto dei gregari, ma con gambe da campione e sostenne il mitico Fausto come meglio non poteva. Ma contro di loro ci mise lo zampino una signora, che da qualche anno divideva gli italiani e si faceva odiare: la "dama bianca". Fiorenzo Magni nel corso di un'intervista che mi rilasciò, ebbe modo di testimoniarmi quanto gestacci e parole di quella signora, fossero riusciti a far riscattare in lui antiche forze. Fatto sta che col ritrovato "leone delle Fiandre", anche gli altri inseguitori ripresero a pedalare come se di mezzo ci fosse l'onore più grande. A pochi chilometri dal Vigorelli, Ronchino e il Campionissimo furono raggiunti e, nell'epilogo sull'anello milanese, un maestoso Coppi dovette cedere di pochi centimetri alla freschezza e alla verve del biondo francese Andrè Darrigade. Per Diego, dunque, un battesimo col fuoco. Ma la classe e le predisposizioni dell'imolese verso questa classica, non tardarono a fuoriuscire, ed infatti, l'anno dopo, Ronchini trionfò nella classicissima di chiusura.
Nel 1958, l'imolese si impose nel Giro della Sicilia e nel Giro dell'Emilia. Era insomma considerato una realtà del ciclismo nazionale. Realtà che tornò ruggire nel 1959, quando con uno sprint mozzafiato si aggiudicò col Giro del Lazio anche la maglia tricolore. Al Giro d'Italia di quell'anno, l'imolese si inchinò solo a quello straordinario camoscio che rispondeva al nome di Charly Gaul. Veramente, il foglio rosa finale, collocò Ronchini al terzo posto, a 4" da Jacques Anquetil, ma tutto per un pacchiano errore del giudice di arrivo della tappa di St. Vincent, che attribuì al francese dieci secondi in meno del reale. Nel 1960, in maglia tricolore, Diego vinse il Giro del Veneto e poi, in coppia col grande talento Romeo Venturelli, il Trofeo Baracchi.
Nel 1961, colse di nuovo il traguardo del Giro dell'Emilia e l'anno dopo quello del Giro di Romagna. Dopo aver indossato dieci giorni la maglia riosa al Giro d'Italia del 1963 (finì quell'edizione al quinto posto), Ronchini, raggiunse il suo ultimo successo nel 1964, al Giro di Reggio Calabria. Fu poi valido scudiero di Gimondi nel suo Tour vittorioso. Lasciò il ciclismo corso nel 1966, in seguito ad un grave incidente mentre s'allenava. La sua carriera comunque, già anche prima si era dovuta inchinare alla sfortuna, infatti, un male pernicioso, l'ameba, ne aveva menomato assai il rendimento. Fu azzurro ai mondiali del '59 (5°), '60 e '61. Chiusa la parentesi agonistica, rimase nel ciclismo, assumendo la direzione di team dilettantistici e professionistici.

Le sue prestazioni al G.P. Tendicollo Universal.
Diego Ronchini si difendeva bene a cronometro, ma era il classico passista più adatto "al treno", piuttosto che ad una corsa solitaria. La sua prima partecipazione fu nel 1959, dove giunse settimo a 4'15" da Baldini. Andò meglio l'anno dopo, dove s'inchinò solamente ai due mostri a duello: Anquetil, vinse quella edizione, per soli 14" su Baldini. Ronchini poi, partecipò all'appuntamento del 1962, ma fu costretto al ritiro, mente al suo ultimo start al "Tendicollo", nel 1963, colse un altro terzo posto, dietro ai soliti Baldini, stavolta primo e Anquetil.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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