Alberto Assirelli, Bartòn

Non è mai divenuto un evidente, ma il suo ruolo nel ciclismo se l'è ritagliato con merito e, per la Romagna del pedale, è stato senza scossoni e clamori, un palpabile riferimento nella sua epoca. Chiuso per fama dai suoi capitani e conterranei Baldini e Pambianco, nonché dallo spazio che s'era conquistato il fratello maggiore Nino (un ciclista che ebbe giornate di grande valore), Alberto, per tutti "Bartòn", si distinse per simpatia e per la forza di cui era dotato in abbondanza gladiatoria. Un esempio con le tinte della leggenda, ci viene dai ricordi delle uscite in allenamento coi compagni, quando ogni collega cercava di non farlo avvicinare alla propria bicicletta, per timore di sentirsi dire di avere i tubolari a terra o quasi. Certo, perché le mani di "Bartòn", trasmettevano alle dita una forza erculea, ed ogni tubolare bestemmiava esquimese nel sentirsi strozzato fin sull'orlo dell'esplosione da quelle autentiche tenaglie. "T'han vì che te la ròda poca gonfa"- era solito dire il formidabile Bartòn e di lì autentici e spesso superflui sforzi con la pompa, a quei tempi sempre presente nel corredo della bicicletta e di ogni corridore. Se t'allenavi con Alberto Assirelli il rischio di questa seduta suppletiva di fatica era pressoché sicuro. Ma questo giovanottone era anche bravo sulla bici. Cominciò tardi, nel 1955, a 19 anni, direttamente fra i dilettanti nelle file del Pedale Ravennate distinguendosi in salita. Vinse fra le altre corse la Predappio-Rocca delle Camminate, a quei tempi una classica della zona. Nel '57 passò alla Forti e Liberi di Forlì e fu uno scudiero di Pambianco proprio nell'anno in cui il bertinorese vinse il campionato italiano e sfiorò il mondiale. A livello personale, Bartòn s'aggiudicò il Gran Premio Cooperative Forlì, un'altra classica della Romagna. Nel '58 emigrò in Toscana alla Brooklin di Empoli, dove vinse ben sette corse, prima di passare ad un'altra squadra empolese, la Salco. Con la nuova maglia, in poche settimane s'aggiudicò due importanti corse: il G.P. Monsumano Terme e la celeberrima Bologna Raticosa. Quanto basta per guadagnarsi, a fine stagione, il contratto professionistico con la Legnano dell'Avvocat Eberardo Pavesi. E da neofita o quasi, fra i prof., si piazzò secondo nella Coppa Bernocchi. Nel 1961 passò alla Fides e fu una preziosa spalla per l'amico e già capitano fra i dilettanti Arnaldo Pambianco, nella di questi cavalcata vincente, al Giro d'Italia del Centenario. Nel '62, passò assieme all'amico nella Moschettieri Ignis e vinse, con una condotta che fece clamore, la durissima tappa delle Balconate Valdostane al Giro d'Italia, staccando nel finale due corridori di nome, quali Carlesi e De Rosso. Partecipò al Tour de France, con discreto atteggiamento fino alla quattordicesima tappa quando fu costretto al ritiro. Gli ultimi due anni fra i professionisti li passò nella neonata e già blasonata Salvarani, dimostrandosi gregario di valore. Alla fine del '64, pur avendo la possibilità di continuare, preferì abbandonare l'attività.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
©2002-2023 Museo del Ciclismo Associazione Culturale ONLUS - C.F.94259220484 - info@museociclismo.it - Tutti i diritti riservati

I dati inseriti in archivio sono il risultato di una ricerca bibliografica e storiografica di Paolo Mannini (curatore dell'Archivio). Le fonti utilizzate sono svariate (giornali, libri, enciclopedie, siti internet, archivi digitali e frequentazioni sui vari Forum inerenti il ciclismo). Chiunque desideri contribuire alla raccolta dei dati, aggiunta di materiale da pubblicare o alla correzione di errori può farlo mettendosi in contatto con Paolo Mannini o con la Redazione.

Preferenze Cookies - Privacy Policy