Gianbattista Baronchelli, il vanto di essere buonista

Rivista Tuttobici Numero: 3 Anno: 2000

Gibì Baronchelli, il vanto di essere buonista

di Gino Sala

Tra i ciclisti che mi hanno maggiormente impressionato includo senza indugi e senza ripensamenti Giovanbattista Baronchelli anche se non ha ottenuto tutto ciò che avrebbe meritato, un po' per le sue titubanze, un po' perché non propriamente fortunato, scarsamente baciato in fronte dalla buona stella.
Il Tista o il Gibì, come ancora oggi viene chiamato, è stato professionista dal '75 al '90 dopo aver vinto come dilettante il Tour de l'Avenir, cosa che fece proclamare al costruttore Ernesto Colnago: «Abbiamo il nuovo Coppi...». Non è stato così, però devo dire che nella scia di Baronchelli ho vissuto momenti bellissimi, grandiosi, emozionanti, tali da essere considerati vere e autentiche imprese durante le quali i suoi colpi d'ala potevano essere paragonati a scampoli di ciclismo antico.

A proposito di questo campione nella mia mente c'è un miscuglio di sensazioni. Mi rivedo nella sua scia nel clamore di fughe sensazionali, lunghe settanta chilometri, col gruppo sempre più staccato e lui che superava tratti di pianura, di salite e di discese con un'azione impressionante. Capace di improvvisare da lontano o nelle vicinanze del traguardo. Brillante e dominatore in più circostanze, con uno stato di servizio invidiabile, ma che non rispecchia i suoi valori, le sue possibilità, il suo enorme potenziale.

Ha esordito vincendo il Trofeo Laigueglia e il Trofeo Baracchi (in coppia con Francesco Moser), s'è imposto due volte nel Giro di Lombardia e per sei anni consecutivi (dal' 77 all'82) si è aggiudicato il Giro dell'Appennino dotato della mitica Bocchetta. Mi fermo qui e vado col pensiero alle corse che il Tista avrebbe potuto vincere e non ha vinto. Il Giro d'Italia 1974, per esempio, quando Merckx si salvò in extremis nell'arrampicata delle tre Cime di Lavaredo. Sicuro che con una pedalata in più l'assalto di Baronchelli sarebbe stato coronato dal successo finale. Quel Giro, come molti ricorderanno, venne vinto dal belga con dodici secondi sull'italiano.

E il Mondiale 1980 di Sallanches, la prova coi colori dell'iride vinta da Bernard Hinault su Gibì? Ritirati Moser e Saronni, pressoché sfasciata la squadra azzurra, il Tista teneva testa al francese sino all'ultimo giro di un micidiale tracciato. Micidiale perché comprendente la tremenda scalata di Domancy, il punto in cui Baronchelli venne staccato dallo scatenato avversario, da un Hinault che conquistava il primo e ultimo titolo. Dirà poi lo sconfitto: «Mal di gambe, crampi maledetti, ma non cerco scuse. Piuttosto mi chiedo se proprio a me doveva capitare un rivale così determinato...».

Un miscuglio di sensazioni, dicevo. Già, potrei sbagliarmi, ma penso che pur contando su un bel numero di affermazioni, Baronchelli non è andato oltre, non ha aggiunto perle preziose al suo "palmares" perché trattenuto, limitato, "sgonfiato" da un carattere non propriamente forte, propenso alle meditazioni che portano più ad arrendersi che a ribellarsi.
Tista: quante volte ci siamo intrattenuti su questo argomento? Tante. E tu a spiegarmi che nella vita gli intoppi pesano, che è difficile, molto difficile, digerire le amarezze, le incomprensioni, i tradimenti come quello del campionato mondiale di Praga '81, quando un tuo importante tentativo venne spento dai compagni di colori. Tutto sommato penso che tu non sia stato amato, rispettato a sufficienza dal gruppo. Ma nemmeno i Moser e i Saronni lo erano, però avevano una grinta diversa, una reazione che li portava ad emergere. Penso anche che al riguardo tu avresti qualcosa da ridire. Moser avrebbe vinto il Giro '84 se non fosse stato protetto in salita a spese di Fignon? Avrebbe il trentino di Palù vinto la Sanremo dell'84 senza l'elastico di Chinetti nella discesa del Poggio?

Domande giuste, che in un certo senso danno corpo ai tuoi ragionamenti, caro Gibì. I ragionamenti del buonista, del ragazzo incapace di vendicarsi, di essere sufficentemente cattivo, ma in conclusione dirò che per certi aspetti ciò potrebbe essere un vanto più che un rimpianto.
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