Orlando Maini, il gregario dal grande entusiasmo

Rivista Tuttobici Numero: 11 Anno: 2000

Orlando Maini, il gregario dal grande entusiasmo

di GinoSala

Ed eccomi a parlare di Orlando Maini, oggi nello "staff" tecnico della Mercatone Uno, ieri corridore professionista. Per ieri intendo i dieci anni di attività agonistica del nipote di Primo Franchini, esattamente dal 1979 al 1988. Non tutti quelli che seguono le vicende ciclistiche hanno avuto modo di conoscere i valori di Franchini, un direttore sportivo che per conto dell'Alfa Lum ha introdotto e istruito Konychev, Ugrumov, Tchmil e compagni dell'ex Unione Sovietica.

Valori umani e conoscenze di un ex gregario quale è stato Primo, personaggio umile, ma personaggio nel vero senso della parola. Ebbene, Maini è la copia perfetta dello zio. Quando era in gruppo me lo trovavo di fronte alla partenza di ogni corsa con un sorriso e un saluto in segno di rispetto, di considerazione per il lavoro del cronista che non era certo faticoso come il suo, ma che alla fine della giornata diventava pesante. Intendiamoci, Maini era (ed è ancora) così con tutti, ma sapeva anche che io appartenevo alla ristretta schiera di coloro che seguivano la gara per l'intero percorso.

Scusate i riferimenti personali, però una cosa è alzarsi alle dieci (facciamo le nove, volendo essere larghi di manica) e infilare una scorciatoia per raggiungere un ristorante e poi il traguardo, un'altra cosa è mettere la sveglia alle sette e dopo la colazione provvedere per il sacchetto delle cibarie (solitamente un panino imbottito di prosciutto crudo, frutta e una bottiglietta di minerale), quindi recarsi al raduno per infilarsi in carovana e rimanere chilometro su chilometro nelle vicinanze dei concorrenti. Non nego che in alcune circostanze, per esempio nei tapponi del Giro e del Tour sono giunto all'arrivo un pochino suonato, ma soddisfatto per aver conosciuto strade e panorami, paesi e villaggi che lasciati alle indicazioni della tabella di marcia nulla mi avrebbero detto. Insomma, non mi andava proprio di accodarmi ai tanti che lasciavano le vetture davanti alle trattorie situate in posti dove transitavano i ciclisti.

Chiedo nuovamente scusa e torno a Maini per dire che ho gioito quando ha vinto la tappa di Jesi nel Giro d'Italia del 1985. Era il secondo successo di Orlando, successo che faceva seguito alla conquista di una tappa della Vuelta di Spagna dell'anno precedente. Strano a dirsi, ma quella giornata di Jesi è ancora nella mia memoria. Fu l'epilogo di una fuga di otto elementi che andò in porto e che si concluse con una volata in cui Maini ebbe la meglio su uno svizzero abbastanza quotato di nome Zimmerman.

Ma ciò che al di là della sua educazione, ho maggiormente apprezzato in Orlando è il carattere gioviale, la fratellanza, l'entusiasmo che donava all'ambiente, la prontezza e l'intelligenza nel mettersi al servizio di Lejarreta e Fondriest. Non è stato un campione, è stato un uomo squadra, un pedalatore che si difendeva egregiamente su ogni terreno e sul quale facevano affidamento i suoi capitani.

Doti naturali che in ognuno di noi ci sono o non ci sono fin dalla nascita. Ecco perché Maini farà bene anche nelle vesti di direttore sportivo. Al momento lo definirei un compagnone di 42 anni, giovane per essere un buon fratello di Pantani e soci. Giovane oggi e maestro domani.
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