Giovanni Cavalcanti, il gregario prezioso che non vinse mai

Rivista Tuttobici Numero: 10 Anno: 2001

Giovanni Cavalcanti, il gregario prezioso che non vinse mai

di Gino Sala

Quando incontro Giovanni Cavalcanti ho il piacere di salutare un uomo col sorriso stampato sul volto, un tipo felice per ciò che ha fatto e per ciò che sta facendo, uno di quei personaggi incapaci di drammatizzare in qualsiasi evenienza vengono a trovarsi. Capirete come in circostanze del genere si rimane giovani, eternamente giovani e infatti il romagnolo, nato a Sant'Agata sul Santerno il 17 novembre del 1943, dimostra meno, molto meno degli anni che porta.

La capigliatura, per esempio, è folta e intatta, gli occhi brillanti, il fisico quello di un individuo che si è mantenuto bene, proprio bene. Grazie a madre natura, direi, ma anche per il modo di vivere, di guardare al domani con serenità.
Passista scalatore, 1,79 di altezza, 70 chili di peso, professionista dal '69 al '79, leggo sulle note che ricavo da un prezioso almanacco che porta le firme di Luciano Boccaccini e Giovanni Tarello ai quali va il mio apprezzamento per le ottime informazioni.
Cavalcanti è stato un fior di gregario, uno di quei collaboratori che portano il capitano fino alla soglia del traguardo. Quando il gruppo si scremava e rimanevano al comando dieci, massimo dodici corridori, lui era in quella pattuglia

Eccellente passista e buon scalatore, mulinava le sue lunghe e possenti leve con agilità e una continuità impressionante. Affidarsi a Giovanni era come salire su un rapido e arrivare alla meta in perfetto orario. Avessi il modo per contare le innumerevoli volte che il suo nome è finito sul mio taccuino, ricaverei un corollario di azioni importanti, decisive, con la sua presenza. E non è che terminasse stanco stanco, provato dall'impegno. Il giorno seguente lo vedevi nuovamente in prima linea, prontissimo per il compito che gli era affidato. Mai ho sentito Cavalcanti lamentarsi, mai è venuto meno la sua tenacia, la sua resistenza. Veramente un modello di atleta.

Purtroppo il romagnolo, che è stato al servizio di molti campioni, da Bitossi a Gimondi, da Knudsen a Prim, Van Linden e via dicendo, non ha conosciuto la gioia della vittoria. Troppo preso dalla sua devozione ai vari comandanti, osserverà qualcuno, ma anche sfortunato nelle occasioni che gli si sono presentate, è il caso di aggiungere. Si sarebbe sicuramente imposto in un Trofeo Laigueglia se nella volata conclusiva, mentre era lanciatissimo, non lo avessero investito. Una caduta rovinosa, una botta tremenda e il ricovero in ospedale.

E il 9 luglio del 1975, mentre col Tour si andava da Tarbes ad Abbi? Quel giorno è scolpito nella mia mente. Tappa lunga 242 chilometri, caldo feroce, due uomini in fuga che via via raggiungono un vantaggio decisivo, l'olandese Knetemann e Cavalcanti. Dico a Zeno Uguzzoni, a quei tempi pilota de L'Unità, di attendere le due lepri. Improvvisamente ero diventato uomo di parte, o meglio mi sentivo in dovere di incitare l'italiano. Passa la coppia e la mia vettura si pone nella scia degli attaccanti. Giovanni percepisce e mi ringrazia con uno sguardo. Giunge Felix Levitan, il patron della "Grande Boucle" che con un sorrisetto mi ricorda il regolamento della corsa. «Monsieur Salà, avant o arriére...». Davanti o indietro, proibito rimanere nel mezzo della gara. Trasgredisco per qualche minuto, vedo l'olandese parlottare col suo compagno d'avventura e intuisco. Vuoi vedere, dico ad Uguzzoni, che Knetemann sta invitando Cavalcanti a sopportare il maggior peso del tentativo con la promessa di lasciarlo vincere? Io non mi fiderei...
E così è stato, così l'olandese sfreccia sulla pista dell'autodromo e Cavalcanti manda giù confermando ciò che avevo pensato. Tre anni dopo, nel campionato mondiale del Nurburgring, lo stesso trattamento toccherà a Francesco Moser. Quel bugiardo di un Knetemann aveva sussurrato al generoso trentino che si sarebbe accontentato della seconda moneta e invece...

Storie lontane, storie che fanno male al momento ma che si dimenticano soprattutto nel caso di Cavalcanti che tanti favori ha fatto e nessun regalo ha ricevuto. Cavalcanti cuor contento, voglio aggiungere. Con la stessa allegria di quando era in sella, oggi Giovanni è un valente massaggiatore nella Fassa Bortolo e insieme alla sua compagna dirige un ambulatorio di fisioterapia. Diplomato lui, diplomata lei. Complimenti.
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