Servirebbe anche oggi il "sindacalismo" di Ercole Gualazzini

Rivista Tuttobici Numero: 11 Anno: 2001

Servirebbe anche oggi il "sindacalismo" di Ercole Gualazzini

di Gino Sala

Peccato che certe conoscenze del passato si perdano di vista. Bisognerebbe, ogni tanto, sentirsi. Per rievocare, volendo, ma anche per parlare del presente, delle cose (belle e brutte) che ci riserva la vita. Forse esagero, ma a parer mio dovrebbe esistere un codice che ci impone un comportamento del genere. Se non altro, saremmo meno egoisti, più aperti, più solidali con questo e con quello.

Io ho la fortuna di essere un vecchio cronista e non è poco perché portato ad interpellare personaggi che hanno inciso nel mio lavoro e che affiorano nei ricordi di epoche lontane. Così, pur rimanendo tanti i dimenticati, nella mia rubrica appare Ercole Gualazzini, l'emiliano di San Secondo Parmense, cinquantasette anni, professionista dal' 66 al '78, un passista veloce ben corazzato, vedi l'altezza (1,81 metri) e il peso (83 chili). Il Gualazza prorompente nel fisico e nelle prestazioni, gregario di Adorni, Gimondi, Motta, Basso, Zilioli, Sercu, De Vlaeminck e Saronni.

Gregario eccellente, capace di imporsi nelle poche giornate di libertà. Dodici volte ha alzato le braccia al cielo in segno di vittoria, ma pur avendo gioito in quattro tappe del Giro e in due del Tour, il successo che più gli rimane caro è stato quello conseguito in una prova del Giro di Sardegna nel giorno in cui è nato il secondo figlio.
Gualazzini il contestatore, o meglio il sindacalista che non aveva peli sulla lingua quando i percorsi mettevano a repentaglio la pelle dei corridori. In una tappa del Giro che terminava a Gabicce Mare c'era una discesa pericolosa e dopo una vivace discussione con Vincenzo Torriani, l'intero gruppo ottenne ciò che Ercole andava sostenendo da tempo e cioé un gettone di presenza, un "cachet" che è poi entrato nel regolamento dell'avventura per la maglia rosa.
Gualazzini che veniva da me per chiedermi se era giusto il suo comportamento. Già, da lui e dai suoi colleghi, venivo apprezzato per le attenzioni e le polemiche ancora oggi d'attualità e che si riferiscono all'ingordigia e all'insensibilità degli organizzatori nei riguardi di chi tiene in piedi la baracca. Devo aggiungere che nell'epoca dei Gualazzini e dei Gimondi i corridori erano più combattivi nei colloqui coi padroni del vapore e per quanto mi riguarda voglio anche precisare che non mi sono mai considerato un sobillatore. Non approvo le esagerazioni, chiedo maggior rispetto per chi fatica, vorrei un sindacato più compatto, più intelligente, più forte. Punto e basta.

Tornando a Gualazzini, penso che nelle vesti di pedalatore sia stato un degno rappresentante della categoria, onesto e generoso, persino un maestro se andiamo col pensiero al Saronni prima maniera, il Saronni che ha ricevuto ottimi consigli da Ercole. La modestia, la fedeltà agli ordini di scuderia, l'amicizia coi compagni di squadra hanno contraddistinto la carriera di uno scudiero che per i suoi valori avrebbe potuto, come dire?, essere un pochino egoista e meno disponibile verso gli altri.
Sicuro, ad ogni modo, che Gualazzini non ha nulla da rimpiangere. Ho risentito la sua voce, anzi il suo vocione al telefono, ho appreso che sceso dalla bici ha trovato un impiego in banca, che è nonno due volte, eccetera, eccetera. Nessun riferimento critico ai suoi trascorsi ciclistici, nessun rimprovero a questo o a quello. Soltanto la contentezza di aver dato, di aver sofferto per onorare il mestiere e di ritrovarsi con una bella famiglia.

Caro Gualazza, non sei cambiato per niente, sei rimasto giovane, sei il ritratto di un uomo che ha amato il ciclismo. Appena c'incontreremo, stapperai una bottiglia del tuo Lambrusco e insieme alzeremo i calici per un brindisi che vorrei legare all'attualità. Come tu sai, c'è bisogno di un'inversione di rotta perché i tempi sono cambiati in peggio, purtroppo. Perché dobbiamo ritrovare quella gioia che distingue la nostra disciplina. Ho vissuto il Giro d'Italia del 2001 tra mille tristezze, spero in un ravvedimento generale, in una presa di coscienza sufficente per uscire dal buio del tunnel.
©2002-2023 Museo del Ciclismo Associazione Culturale ONLUS - C.F.94259220484 - info@museociclismo.it - Tutti i diritti riservati

I dati inseriti in archivio sono il risultato di una ricerca bibliografica e storiografica di Paolo Mannini (curatore dell'Archivio). Le fonti utilizzate sono svariate (giornali, libri, enciclopedie, siti internet, archivi digitali e frequentazioni sui vari Forum inerenti il ciclismo). Chiunque desideri contribuire alla raccolta dei dati, aggiunta di materiale da pubblicare o alla correzione di errori può farlo mettendosi in contatto con Paolo Mannini o con la Redazione.

Preferenze Cookies - Privacy Policy