Emanuele Bombini un ammiraglio che può insegnare molto

Rivista Tuttobici Numero: 4 Anno: 2002

Emanuele Bombini un ammiraglio che può insegnare molto

di Gino Sala

Nella storia ciclistica di Emanuele Bombini c'è un giorno indimenticabile, il giorno in cui, ancora bambino, trovò i soldi per acquistare la prima bicicletta da corsa.
Come? Andando in cerca di funghi in un bosco dell'Oltrepo, dalle parti di Stradella dove il ragazzo nato a San Ferdinando di Puglia il 2 luglio del '59 era emigrato in compagnia dei genitori, di una famiglia bisognosa di uscire da uno stato di povertà. Il portafogli che si offriva agli occhi di Emanuele conteneva 12.000 lire. Dodici come i suoi anni e con quelli nacque il Bombini corridore.

Grande era la passione per il ciclismo e via via i sogni di poter entrare nel gruppo dei campioni si avverarono. Una bella carriera dilettantistica, troppo intensa, però, tale da portarlo nei ranghi del professionismo con un fisico che aveva speso molto, certamente più del necessario.
È opinione generale che un Bombini tenuto a briglia nell'attività giovanile avrebbe poi espresso con maggior vigore le sue qualità di pedalatore completo e che nelle undici stagioni (dall'81 al '91) sarebbe andato ben più in là delle dieci vittorie e dei numerosi piazzamenti.

Discorso che si potrebbe fare non soltanto per Emanuele essendo rare le società dilettantistiche che governano i loro tesserati con pensieri rivolti al futuro. Grave è stata la perdita di quei sodalizi poveri di quattrini, ma ricchi di sani principi, guidati dal buonsenso, con l'obiettivo di costruire per il domani. Sodalizi che non esistono più o che si possono contare sulle dita di una mano. Insomma, è pressoché scomparsa quella che una volta costituiva una vera scuola di allevamento, un vero apprendistato. Oggi, a cominciare dalla categoria juniores (per non dire prima) si procede con fior di assegni, con sistemi diseducativi che ammazzano il divertimento e di conseguenza la buona crescita.

Il Bombini che ho conosciuto da vicino ha comunque lasciato l'impronta della sua notevole intelligenza. Alfredo Martini lo voleva in nazionale con la qualifica di direttore sportivo in bicicletta. E direttore sportivo Emanuele è poi diventato guidando formazioni importanti e ottenendo con Berzin, Argentin, Colombo, Furlan e altri suoi amministrati successi di prima grandezza che vanno dalla Milano-Sanremo al Giro d'Italia, dalla Liegi-Bastogne-Liegi alla Freccia Vallone e via dicendo. Un ammiraglio nei panni del "manager", anche, un tipo che ha trasmesso molto agli atleti perché molto aveva da insegnare.

Poi Bombini è uscito di scena, si è appartato col carico delle sue gioie e delle sue delusioni. Sì, le delusioni che in alcuni momenti lo hanno amareggiato. Avendo numerosi contatti con Emanuele, posso aggiungere che eravamo (e siamo ancora) uniti nella visione delle cose che non vanno come dovrebbero andare e forse anche questo è uno dei motivi per i quali il diesse della Gewiss ha lasciato l'ambiente. Non definitivamente da quanto mi risulta. Ho infatti saputo che sta meditando su alcune proposte per un ritorno in campo e se posso dargli un consiglio dirò che lo vedrei di buon occhio alla guida di una compagine composta da giovani elementi, finanziati da uno sponsor capace di aspettare. Giovani che avrebbero un buon maestro e quindi le possibilità di sviluppare senza fretta le loro qualità. Di tutto ciò abbisogna il nostro movimento, di ragionamenti sereni e pacati, di quella modestia che abbiamo perso e che dobbiamo ritrovare. La strada migliore, a mio parere, per scoprire nuovi talenti.
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