Franco Bitossi Un cuore matto, un campione scaltro

Rivista Tuttobici Numero: 12 Anno: 2002

Franco Bitossi
Un cuore matto, un campione scaltro

di Gino Sala

Le ultime su Franco Bitossi sono quelle di un ex corridore in pensione. Mi hanno riferito che ha venduto i suoi campi, i suoi uliveti e via dicendo. Un sessantenne che vive di rendita dopo aver messo a frutto i guadagni realizzati nel ciclismo. Professionista dal '61 al '78, precisano gli almanacchi, perciò una lunghissima carriera corredata da 144 vittorie tra le quali spiccano tre campionati italiani, due Giri di Lombardia, due Campionati di Zurigo, un Giro della Svizzera, due Giri dell'Emilia, due Giri di Romagna, un Giro del Lazio, ventidue tappe del Giro e quattro tappe del Tour.
Bel tipo, bel personaggio, compagno d'avventura del vecchio cronista per tante stagioni, conosciuto da tutti per il suo cuore ballerino. Durante il Giro d'Italia chiamava sovente il dottor Frattini che dopo averlo tranquillizzato gli diceva: «Vorrei avere i tuoi anni e il tuo muscolo cardiaco».

Quando disputava il Lombardia era una regola fermarsi sul ponte di Lecco per qualche minuto e poi riprendere il posto in gruppo con le tirate e l'incoraggiamento dei compagni di squadra. Tachicardia, il cuore che sembrava uscire dal petto, momenti di panico che scomparivano e Bitossi nuovamente in prima linea come nell'autunno del '67 e nel '70, quando il capitano della Filotex faceva sua la corsa delle foglie morte.
Se poi contiamo i piazzamenti, vedo il toscano di Camaioni al secondo posto in ben cinquantaquattro gare.
Franco era un pedalatore completo, un fondista capace di dire la sua anche in volata. Astuto, dotato di una scaltrezza che gli permetteva di mettere nel sacco gli sprinter maggiormente dotati. Come in una tappa del Tour che terminava a Caen dove in vista del traguardo il gruppo procedeva in fila indiana e lui, Bitossi, si spostava sul lato destro del rettilineo con una mossa rapida, tale da sorprendere tutti.

Il cuore ballerino era il suo tormento. Senza questo handicap probabilmente Franco avrebbe vinto una delle grandi prove di lunga resistenza. Mai, comunque, si è lamentato. Nel dopo corsa era uno spasso per le sue battute, un divertimento per chi lo avvicinava. Una sola volta la sua faccia ha finito per rigarsi di lacrime.

Un episodio che è entrato nella leggenda del ciclismo. Era il 6 agosto del 1972, una domenica dedicata al campionato mondiale di Gap. Ricordo che il sole picchiava in maniera feroce, a tale punto che non avendo preso le dovute precauzioni mi trovai in difficoltà al momento di stendere il servizio. Spazio a disposizione, un'intera pagina del giornale. Sul gradino più alto del podio era andato Marino Basso con grande dispiacere di Merckx perché al di là del risultato i due non si vedevano di buon occhio a causa della simpatia (qualcosa di più) che univa l'italiano alla cognatina del belga.
Ma l'argomento principale aveva i connotati in Franco Bitossi, scavalcato dal compagno di squadra nell'ultimo metro di competizione.

L'arrivo era in lieve salita, giusto il terreno per un Bitossi che stava conducendo con sicurezza e sembrava pronto ad imporsi con le mani al cielo, però in extremis aveva la meglio Basso con una rimonta che faceva secco Merckx e che portava il vicentino a vestire la maglia iridata.
«Un fratello ha ucciso un fratello» era il commento della stampa francese e senza voler togliere nulla a Marino, io resto del parere che quel titolo assegnato per pochi centimetri di differenza aveva il sapore dell'ingiustizia per il disperato Bitossi.
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