Enrico Maggioni, la volontà di emergere

Rivista Tuttobici Numero: 5 Anno: 2004

Enrico Maggioni, la volontà di emergere

di Gino Sala

Sono trascorsi più di trent'anni da quando ho conosciuto Enrico Maggioni. Proveniva dai dilettanti con una bella serie di affermazioni e un carattere del ragazzo deciso ad affermarsi anche nella massima categoria. Professionista dal '69 al '76, il comasco di Missaglia dimostrava subito di essere un tipo intraprendente, uno di quei giovani che si fanno apprezzare per loro qualità di attaccanti e ricordo di averlo più volte citato con la convinzione di trovarmi al cospetto di un atleta valoroso. Non è stato così a causa di un grave infortunio alla schiena. Operato e risalito in bici, Enrico si ritrovava con una gamba che non reggeva gli sforzi. Un vero handicap per il suo rendimento, giornate di tristezza e di risultati che si potevano leggere nello sguardo ferito del corridore. Una carriera con due sole vittorie e alcuni piazzamenti, un tredicesimo posto in un Giro d'Italia e stop, meno, molto meno di quanto era logico aspettarsi.

Ecco, ciclisticamente parlando Maggioni può dire di non essere stato protetto dalla buona stella, però un uomo come lui, un combattente del suo stampo era destinato, in un modo o nell'altro, a lasciare un'impronta nello sport della bicicletta. Mi risulta che abbia poi operato nel ruolo di assicuratore, ma non era questo il suo principale obiettivo. E ogni volta che lo incontravo bastava un breve saluto, un guardarsi negli occhi senza entrare in particolari discorsi per capire che Enrico stava per prendersi la sua rivincita. Eccolo, infatti, nelle vesti di direttore sportivo che in sette anni conquista 400 vittorie in campo dilettantistico guidando elementi che diventeranno dei validi professionisti. Alludo ai Chiappucci, ai Bombini, ai Milani, ai Pagnin e a tanti altri.

In quei tempi mi è capitato di vedere Maggioni al volante dell'ammiraglia con atteggiamenti che lasciavano intuire metodi e suggerimenti nei riguardi dei suoi amministrati, un essere vicino che sembrava riassumere tutto ciò che a lui la malasorte aveva impedito. Tattiche intelligenti, per intenderci, guidate però da scelte nemiche dell'attendismo, da azioni tambureggianti che portavano al successo.
Insomma, in un certo senso Enrico si è sempre sentito in sella. L'ho poi visto attivo e scrupoloso anche nel suo emporio di abbigliamento ciclistico, oggi conosciuto col marchio Advantage. Nel '98 il grande salto, l'ingresso nella massima categoria dove per tre stagioni è al comando della Vini Caldirola. Poi la Tacconi e quindi la qualifica di general manager della Vini Caldirola di Garzelli. Siamo quindi di fronte ad un costruttore, ad un uomo che in un modo o nell'altro continua a rendersi prezioso per il nostro movimento. C'è di più. C'è in Maggioni una visuale che mi trova perfettamente d'accordo, un guardarsi alle spalle con toni critici per lo stato attuale delle cose.

Sì, Enrico rimpiango il ciclismo "artigianale", meno "scientifico", più entusiasmante della sua epoca di pedalatori. E siccome di giorno in giorno vado constatando che lo stesso pensiero accomuna molti osservatori, ancora una volta mi domando perché in alto loco si procede diversamente nel nome di una modernità che puzza di affarismo e d'incompetenza. Chiaro che al punto in cui siamo giunti è necessario passare dalle lamentele ai fatti. Via dal palazzo chi chiude gli occhi davanti ad un brutto andazzo, torna ad essere la mia proposta.
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