Tommaso De Prà, un gregario in giallo

Rivista Tuttobici Numero: 6 Anno: 2004

Tommaso De Prà, un gregario in giallo

di Gino Sala

Uno dei miei ricordi più belli è sicuramente quello del 30 giugno 1966. Chi ha la bontà di seguirmi conosce il mio apprezzamento e il mio affetto nei riguardi dei gregari e può immaginare lo stato d'animo di quel giorno, la gioia del cronista appostato sotto il podio mentre Tommaso De Prà indossava la maglia gialla, vale a dire il principale simbolo del Tour de France. Già, uno degli scudieri più solidi che io abbia conosciuto aveva vinto la tappa pirenaica che andava da Bayonne a Pau con un finale solitario a dimostrazione di qualità non più riscontrabili nel gruppo di oggi.

Tempi lontani, tempi di un ciclismo indimenticabile, sale stampe scomodissime come quelle di Pau dove si lavorava sui tavoli di una falegnameria, ristoranti chiusi alle 21, orario massimo per il personale di servizio, alberghi lontani che a volte si negavano nonostante la prenotazione, una vitaccia se confrontata coi lussi del Duemila, ma era un Tour galvanizzante, era una storia coinvolgente in tutto e per tutto. Lasciatemi aggiungere che mi porto dietro una grande nostalgia per quei momenti, certamente criticabili per la loro durezza, ma dotati di un ammirabile contenuto atletico.

Sicuro che non esistono più gregari valorosi come De Prà, uomini che accompagnavano i capitani con ardore e intelligenza, fieri dei loro comportamenti, soventi decisivi nelle azioni di copertura e capaci di vincere nelle giornate di libertà. Tommaso era un signor fondista, un pedalatore che per Motta e Gimondi è stato un prezioso e validissimo aiutante. Si poteva contare su di lui in ogni circostanza e su qualsiasi terreno. Nato in quel di Mortara il 16 dicembre 1938 e professionista dal '63 al '71, otto vittorie in una carriera che è durata meno del previsto a causa di un rovinoso incidente. Pochi soldi, guadagni ridicoli, di poco superiori a quelli di un operaio, tali da non permettergli l'acquisto di una casa. «Meno male che militando in squadre come la Molteni e la Salvarani si poteva arrotondare con i premi», mi ha confidato il buon De Prà. Esemplare nella sua modestia, soddisfatto per quanto ha dato e ricevuto. E poi: «Ogni tanto mi viene da pensare alla maglia gialla che considero come un trofeo, una conquista superiore a qualsiasi guadagno...».

De Prà è stato per breve tempo direttore sportivo di una formazione dilettantistica, breve a causa di un ambiente che non era di suo gradimento. Quando gli ho chiesto i motivi per i quali si è appartato la risposta è stata un "lasciamo perdere" che spiega tutto. Spiega un mondo nel quale Tommaso non poteva lavorare, un mondo completamente diverso da quello che aveva immaginato, insensibile alle buone maniere, pieno di guasti, per intenderci, e qui giunto mi pare di sentire le voci dei miei oppositori, pardon dei trafficanti che si credono maestri, che rifiutano gli insegnamenti del passato, che parlano di modernità come se il ciclismo dei Carrea e dei De Prà, dei gregari premiati dalla maglia gialla non avessero nulla da insegnare, nulla da proporre. Lascio dire e ancora una volta mi auguro una bella scopa per una rivoluzione.
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