Marino Basso. non solo un velocista

Rivista Tuttobici Numero: 1 Anno: 2005

Marino Basso. non solo un velocista

di Gino Sala

L'ho rivisto in ottobre nella domenica in cui si disputava il Mondiale di Verona e mi è venuto incontro con i suoi gesti, il suo modo di dire e di fare, la sua parlantina che non ammette repliche, il suo aspetto giovanile, il suo sorriso che accompagna le chiacchierate, i capelli un pochino ingrigiti ed è stato l'unico cambiamento che ho notato. Per tanti versi è sempre lui, il Marino Basso di Rettorgole di Caldogno (Vicenza), data di nascita il primo giugno del 1945, professionista dal 1966 al 1978, ottanta vittorie in pagella, un signor velocista che primeggiava nel Giro d'Italia, nel Tour de France e nella Vuelta di Spagna, che ha conquistato il Giro del Piemonte, il Giro di Campania, la Tre Valli Varesine, il Trofeo Matteotti, la Genova-Nizza, il Giro di Sardegna, la Coppa Bernocchi, la Milano-Vignola, la Coppa Placci, eccetera, eccetera con un fiore all'occhiello nella domenica di Gap '72, quando conquistò la maglia iridata superando Bitossi negli ultimi metri di corsa.

«Un fratello ha ucciso un fratello, era il titolo apparso sui giornali del giorno seguente. Già, Bitossi venne superato nel momento in cui sembrava vincitore e Basso ebbe a tu per tu col vecchio cronista un pochino incitrullito da un colpo di sole, il racconto che avrebbe sottoscritto per i lettori de L'Unità. Con una aggiunta: «Ho incontrato Merckx alle docce e non ha pronunciato una parola. Eddy è incavolato con me perché sto filando con la sua cognatina...».
Il Basso che non era soltanto uno "sprinter" di grande valore. Il Basso che si difendeva in salita, che sapeva inseguire per raggiungere gli uomini di testa e dettare la sua legge. Il Basso attore nei duelli con Dino Zandegù. I due inventavano bisticci che facevano scrivere. Non esistevano i "treni" di oggi, i "treni" dei Petacchi e dei Cipollini, per intenderci. Era un testa a testa appassionante, era un ciclismo senza alchimie. Anche per questo motivo io resto affezzionato a quei tempi. Tanto di cappello a Petacchi che però deve molto ai compagni di squadra, a coloro che lo lanciano per avere la meglio sugli avversari.

Sarà bene ricordare che Basso ha realizzato 79 piazzamenti e precisamente 33 secondi posti e 46 terzi, che è andato vicino al successo in una Parigi-Roubaix e in un Giro delle Fiandre, che doveva vedersela con rivali che si chiamavano Sercu, De Vlaeminck, Maertens, Godefroot, Van Linden, Reybroech, Guimard e quando gli ho chiesto cosa avrebbe combinato nel ciclismo dei nostri giorni così mi ha risposto: «Me lo domando anch'io, però non mi va di mischiare il passato con il presente. C'è il rischio di essere frainteso, di venire considerato come uno sbruffone. Sicuramente le emozioni di una volta erano decisamente maggiori, erano frutto di un gruppo capace di combattere per l'intera stagione. Ritirarsi, alzare bandiera bianca, significava una vergogna. Adesso abbiamo dei velocisti che si fermano in vista delle montagne, che nel Tour non arrivano mai a Parigi. Io ci sono giunto quattro volte su quattro. È chiaro che qualcosa non funziona nel ciclismo di oggi. Per fortuna noi possiamo contare su Cunego, splendido ragazzo che non si è spremuto nelle categorie giovanili. Cominciare a 16, 17 anni significa mettere a profitto le proprie qualità».
Condivido pienamente il pensiero di Marino e voglio sperare che il ciclismo moderno si dia una regolata per uscire dai pasticci, anzi dai disastri in cui si è cacciato.
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