Marco Pantani, l'ultimo chilometro - parte 3

Rivista Tuttobici Numero: 2 Anno: 2005

Pantani, l'ultimo chilometro - parte 3

parte 3

Cocaina. ... Pantani imbarazzato per quanto era accaduto la sera prima sulle scale, al mattino impresse un messaggio vocale sulla segreteria della manager.
- I cagnolini ritornano, è la frase.
Poi in piena crisi d'astinenza, venerdì 6 febbraio chiamò il dottor Greco.
- Sono stati giorni terribili, sto malissimo, ho bisogno delle medicine per proseguire la terapia.
Pantani gli rivelò di trovarsi ancora a Milano, all'Hotel Jolly Touring, e chiese al medico di rivolgersi lui direttamente alla Ronchi perché gli procurasse anche dei vestiti.
Greco convinse la manager a chiamare Pantani in albergo. Aveva ancora una volta bisogno di lei. Al telefono il Pirata chiese scusa, s'informò sulle condizioni della madre e s'impegnò a chiarire tutto anche con i genitori per dimenticare in fretta la furibonda litigata sulle scale.
Voleva incontrarla, ma lei pose una condizione.
- Ci incontreremo quando sarai deciso a ricoverarti.
Il giorno dopo, sabato 7 febbraio, la Ronchi passò dall'hotel. La donna fu di parola: rimase in macchina. Alla reception si presentò il marito che consegnò le medicine, abiti, l'occorrente per radersi e una lettera della moglie indirizzata al campione.
"Costruire delle vere amicizie nella vita costa molta fatica ed è per questo che si soffre quando succede quello che è accaduto sabato - lesse Pantani nella sua stanza - Io ci provo a dimenticare quello che mi hai detto e hai detto a Paolo. Spero di riuscirci perché sono ancora molto turbata...".
... - Non mi ricovero. Il mio problema non è la sostanza, ma il bisogno di sentirmi adulto, libero di fare quello che voglio, anche di sbagliare, ma senza essere sempre pressato dagli altri...
... - Non mi troverai, vado a Saturnia, se ho bisogno ti chiamo.
Forse non se ne sarebbe andato davvero se in albergo non gli avessero fatto presente che dal giorno successivo non avrebbero più potuto mantenergli la camera. Il Pantani solitario, un po' strambo e assente, non meritava più i trattamenti di riguardo di un tempo. La Ronchi era in arrivo di lì a poco, per condurlo in clinica. A Rimini, come ogni due lunedì, c'era invece chi lo stava aspettando per vendergli cocaina. Guardò l'impiegato e impresse una nuova accelerazione alla sua andatura:
- Prepari il conto e mi chiami un taxi, me ne vado.
All'autista, piuttosto silenzioso, disse solo:
- Mi porti a Rimini.

Mamma coraggio. Mamma Tonina si lasciò convincere a tornare in Grecia ai primi di febbraio 2004, con il camper, come l'anno prima quando al seguito c'era anche Marco. Dopo quanto era accaduto a Milano - il litigio, il rifiuto a lasciarsi aiutare - i genitori si erano rivolti ad Andrea Muccioli, responsabile della comunità di San Patrignano.
Muccioli prospettò loro una possibile soluzione alle difficoltà di Pantani, ma come ogni operatore del settore informò i genitori che la scelta spettava solo al diretto interessato. Prima di decidersi a entrare in comunità un tossicodipendente, spiegò, deve sentire di aver toccato il fondo.
... Individuò i numeri sospetti, li incrociò con quelli che si era annotata in un'agendina nelle settimane precedenti, si consultò con il marito che aveva cercato di carpire i segreti del cellulare del figlio anche nel corso della breve sosta a casa per prelevare i soldi.
... Il "patto" tra gli spacciatori e la colletta degli amici per placare l'avidità dei loschi figuri sono leggende belle da raccontare ma senza riscontri nella realtà: il "cordone sanitario" attorno al figlio lo avevano steso lei e Michael.
Ostinazione e coraggio non sono stati sufficienti a Tonina per salvare Marco, ma le hanno consentito almeno di raccogliere dati utili a indirizzare le indagini dopo la morte del figlio. All'uomo accusato di aver fatto avere la droga a Pantani negli ultimi tempi, compresa la dose letale, mamma Tonina aveva inviato, proprio ai primi di febbraio prima di imbarcarsi per la Grecia, degli sms minatori.
"Lascia in pace mio figlio", scriveva.
... Una volta mamma Tonina andò a botta sicura. Convocò uno dei suoi sospetti e gli dette appuntamento al chiosco delle piadine. Gli fece credere che era stato pedinato e filmato da un investigatore privato mentre cedeva cocaina al figlio, e quindi non era il caso di mentire. Lui, allora, confessò di essersi fatto pagare circa novemila euro per una serie di forniture e promise di stare alla larga da Marco.

Lunedì 9 febbraio. ... Era la prima volta che il campione alloggiava nella struttura. Non aveva bagaglio, a parte lo zainetto. Erano le due del pomeriggio del 9 febbraio 2004. Il cliente disse che si sarebbe fermato una notte.
- Stanza 5D, quinto piano.
... L'appartamento era un monolocale soppalcato, chiamato "Mimosa" da 3-5 posti, 28 metri quadrati (tv color e telefono) dal costo di 55 euro al giorno, prima colazione inclusa.
... Verso le otto Pantani chiese a Silvia se era possibile ordinare una pizza e una coca cola fuori. Fu lei stessa a portargli il pasto.
... Fece altre due telefonate. Parlò, forse per avere rassicurazioni sulla fornitura o forse di altro, con il titolare dell'attività reclamizzata nel biglietto: "Angels Agency", fornitura di personale specializzato in locali notturni. Ragazze immagine. La stessa agenzia per cui aveva lavorato Christina quando faceva la cubista.
... - Sto aspettando una persona, la faccia salire.
Verso le dieci, il telefono diretto della stanza 5D squillò. La chiamata proveniva dalla strada, una cabina pubblica. Il segnale.
... Era Ciro Veneruso, il "corriere" aveva portato la droga per il campione da Napoli. A fornirgliela la sera prima in Campania, per l'accusa, fu Fabio Miradossa, suo amico di infanzia a Portici. Miradossa era il fornitore napoletano scappato da Rimini dopo i messaggini della mamma di Pantani.

L'arte della piadina. Discoteca Energy, Cesenatico. Inverno '95. Una delle cubiste, una danese, seduta sul divanetto accanto a un giovane. Le stampelle appoggiate ai braccioli. Musica assordante.
- Marco chi?
- Pantani, Marco Pantani, il ciclista. Sono finito sotto una Toyota alla Milano-Torino.
- Milano-Torino?
- È una gara, te l'ho detto: corro in bicicletta.
Si conobbero così. A presentarli era stato Jumbo, l'amico dee jay. Lei non sapeva chi fosse e questa era una cosa che a Marco piacque parecchio.
... Christina, per il Pirata, scese dal cubo e imparò a spianare piadine accanto alla mamma Tonina.
... Mamma Tonina le rimproverava spesso di mettere Marco alle strette proponendogli l'ingiusta alternativa:
- O me o la bici.
Christina però voleva solo far capire al fidanzato che c'era anche qualcos'altro nella vita oltre il ciclismo, per lei c'era la passione per l'arte, e che non sarebbe stato il Pirata per tutta la vita. Pantani sgranava gli occhi. La bici era la sua vita, ma anche Christina era la sua vita. Morì quando fu certo di aver perso entrambe.
... Lo amava. Cominciarono a drogarsi insieme. "Se l'avessi giudicato lo avrei perso. E allora pensai: se lo amo devo farlo anch'io" La dimostrazione che lui si attendeva. L'illusione di poter riprendere una comunicazione interrotta. Un terribile errore.
... Dopo tre mesi di disperazione e cocaina, Christina se ne andò.

La Dama nera. ... La russa entrò nella vita di Pantani proprio in quei giorni, quando Michael organizzò a Predappio una serata a quattro per rallegrare il soggiorno all'amico. Una polacca e una russa. Finì che Marco simpatizzò con la ragazza di Mosca. Straniera, cubista, alta, bella. Una che non sapeva di trovarsi davanti uno famoso. E questo a Pantani piacque.
... S'incontrarono, stando alla contabilità della stessa russa, "sette otto volte". L'ultima il 30 dicembre nella casa di Predappio dove era cominciato tutto. In mezzo anche un paio di appuntamenti nella villa di Sala di Cesenatico dove la russa si presentò e la seconda volta fu affrontata da mamma Tonina: "Lascialo in pace, tienilo alla larga dalla droga".
- Io a suo figlio dò solo il mio corpo.
A farle prendere le distanze da Pantani, che vedeva ogni volta più giù di morale, fu la notte di sesso e droga con lui nella stanza 413 dell'Hotel Touring di Miramare, il 26 dicembre 2003.

La solitudine dello scalatore. ... Trascorse il pomeriggio nell'appartamentino. Alle otto chiamò la hall per la cena. L'ordinazione la raccolse Pietro Buccellato, trapanese, studente universitario a Forlì e portiere al residence nel fine settimana. Pantani desiderava una frittata, prosciutto, un po' di formaggio e qualche succo di frutta. Un pasto da atleta, come tutti gli altri consumati nei precedenti giorni.
... Il titolare, Oliver Laghi, però non sapeva fino a quella sera che il cliente cui portava le pizze fosse Pantani. Quando il portiere glielo disse, pensò volesse fargli uno scherzo. Oliver, con un passato da ciclista nei dilettanti, era un tifoso scatenato del Pirata. Idolo suo e del figlioletto. Volle consegnare personalmente l'omelette e salì al quinto piano da solo con il vassoio. Bussò. Si preparò per dirgli di come lui, Pantani, avesse realizzato tutti i suoi sogni di aspirante ciclista, di racconta rgli di quando arrivò fino in Francia per incitarlo. Voleva chiedergli un autografo per il bambino. Lasciò perdere quando vide il proprio mito socchiudere la porta 5D. Apparve un uomo stanco, sciupato, dagli occhi lucidi.
- Sono un grande tifoso, tieni duro, noi ti aspettiamo Pirata, fu quello che riuscì a dire tutto d'un fiato.
... Emanuele e Andrea riconobbero nel loro strano interlocutore il campione solo dopo un po' che tentavano di rasserenarlo. Gli domandarono qualcosa sul ciclismo, sulle sue vittorie. Come unica risposta li invitò a toccare il quadricipite della sua gamba destra:
- Sentite che muscoli, questo è legno.
Spiazzati dagli atteggiamenti del Pirata, tagliarono corto:
- Ciao, ci vediamo domani.
Pantani assunse un'aria grave. Fu allora che pronunciò in dialetto, una frase compiuta:
- A ne sò sui sarà un elt dè par me.
Non so se ci sarà un altro giorno per me.

San Valentino. ... La ricerca attraverso il servizio telefonico non dette alcun frutto. A contattare le utenze alle quali si era rivolto Pantani cinque giorni prima dalla camera fu Pietro che alle 15.30 prese il posto dell'impiegata. I numeri chiamati erano spenti o non rispondevano. Pietro provò di nuovo.
- Pronto?
- Sì, sono il portiere del residence Le Rose, da noi alloggia Pantani e sembra avere dei problemi, siccome ci risulta che l'abbia chiamata la volevo avvertire della situazione...
- Guardi, che se si riferisce al ciclista, si sbaglia. Io non lo conosco di persona e quindi non può avere fatto il mio numero. E pensare che vivo a Rimini, a poca distanza da voi.
... Passe-partout, porta ostruita. Luce accesa dallo spiraglio. Pietro richiuse per non risultare indiscreto. Più tardi al telefono fu ancora il titolare ad insistere perché entrasse nella stanza anche a costo di far arrabbiare Pantani. Lo fece. Erano le 20,40. Spinse con forza la porta bloccata dall'armadio e dal forno a microonde. La stanza era a soqquadro, sedie scheggiate, mobili fuori posto, televisore rovesciato, asciugamani per terra, telefono staccato.
Pietro salì piano i gradini del soppalco. Pantani, con indosso solo i jeans, era riverso faccia in giù accanto al letto. Morto. Caldo soffocante, tende chiuse. Fuori dalla finestra, il mare d'inverno.

Chi ama Pantani, "campione straordinario, ma un uomo come tutti gli altri" secondo la definizione di un suo gregario, avrà un motivo di consolazione in più: il racconto della fine della sua vita chiude la parentesi della cronaca e restituisce il Pirata alla dimensione leggendaria. A quella di un mito nato dieci anni fa, al Giro d'Italia del '94, con una fuga d'altri tempi sul Mortirolo. Potrà sembrare strano: anche allora era il 5 giugno.

Fine
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