Marco Pantani, l'ultimo chilometro - parte 2

Rivista Tuttobici Numero: 2 Anno: 2005

Pantani, l'ultimo chilometro - parte 2

parte 2

"In salita vado forte per abbreviare l'agonia". Quando i signori del Tour, ingrati, rifiutarono la sua iscrizione all'edizione 2003, Pantani vide davanti a sé la strada impennarsi. Una volta al giornalista Gianni Mura che gli chiedeva perché andasse tanto forte in salita, rispose, dopo aver riflettuto un momento:
- Per abbreviare la mia agonia.
Tecnicamente Pantani è stato ucciso dalla cocaina: un'intossicazione acuta dovuta a un'abnorme assunzione, come spiegò nelle conclusioni dell'autopsia il professor Giuseppe Fortuni. Il medico legale escluse anche una possibile "volontà autosoppressiva".
... Il padre, vedendo il figlio ridotto in uno stato preoccupante, chiamò il medico.
- Dottor Greco, Marco deve ricoverarsi da qualche parte, dobbiamo fare qualcosa per disintossicarlo.
Lo specialista individuò la struttura più adatta nella casa di cura privata " Parco dei Tigli", località Treponti, frazione di Villa di Teolo (Padova). Fuori la dolcezza dei Colli Euganei, dentro la durezza della battaglia contro nemici difficili come droga e depressione.
Solo con uno stratagemma papà Paolo riuscì a trascinarsi dietro il figlio che si ritrovò ricoverato senza quasi accorgersene. Il dottor Greco non sapeva che Pantani, almeno fino al fatto compiuto, non era consenziente. Il tutto avvenne nella massima riservatezza, garantita dalla clinica che nascose la presenza del campione quando cominciarono a circolare le prime indiscrezioni.
Lo staff del campione negò l'evidenza: rendere pubblico il problema della droga avrebbe aperto gli occhi a tutti sui motivi del declino dell'atleta e sulle asprezze dell'uomo negli ultimi anni, come sui pali abbattuti dopo spettacolari carambole alla guida della Ferrari o della Mercedes. Si scelse il silenzio, per un malinteso senso di protezione o forse davvero per non spezzare un equilibrio tanto precario...
... La manager andò a trovarlo per convincerlo a rimanere almeno per il periodo necessario al trattamento e sembrò riuscirci. Il campione si tranquillizzò, comprese che era tempo di svolte radicali, progettò con l'amica un futuro di vita più stabile. Ma una settimana dopo il telefono della Ronchi squillò di nuovo.
Era Pantani.
- Ti prego, corri qui, è successa una cosa grave, poi ti spiego. La manager fu informata prima da Marco, poi dai dirigenti della clinica che il Pirata era stato sorpreso a consumare droga assieme al suo compagno di stanza, un giovane paziente padovano. Il campione, secondo quanto ricostruì in seguito l'inchiesta svolta sull'episodio dal pm Linda Arata della procura di Bassano del Grappa, si era rivolto al ragazzo veneto lontano dagli sguardi degli infermieri...
... Una volta a casa, però i genitori non avevano alcun modo, a parte le prescrizioni mediche, per frenare le ricadute di Marco, vittima di una profonda depressione. Fu quell'estate che Pantani, spinto dal padre, si avvicinò a un amico sincero, suo coetaneo, Michael Mengozzi di Predappio, imprenditore della notte con alle spalle l'azienda agricola del padre Guerrino...
... I due si erano concosciuti nel '92. Pantani andò a festeggiare la sua vittoria al Giro d'Italia dilettanti nel locale gestito all'epoca da Mengozzi, " il Controsenso", la discoteca più esclusiva di Forlì. La simpatia tra loro fu istintiva e l'amicizia si consolidò nel tempo tra cene e uscite in barca...
... La sua era un'abitudine. Riempire biglietti o interi fogli che spuntavano dappertutto, in casa come nelle camere d'albergo quando era in ritiro. Oltre che cantare, il suo pezzo forte era "Gente di mare", amava scrivere, lui che aveva lasciato gli studi dopo la terza media. Dovunque gli capitasse, in qualsiasi condizione si trovasse. Anche quando era sotto l'effetto della cocaina. Tra le righe, però, sia pure a volte deformate dallo stordimento, sia pure sgrammaticate, i messaggi in bottiglia del Pirata conservarono fino all'ultimo l'intima coerenza del personaggio. Un argot disseminato di frammenti poetici.
"Penso non corro più in bici... La mia vita è sacra e solo chi si ribella si ama... Christina hai visto che cosa sono un piccolo che come cade si vergogna... la verità sta nella vergogna... come si fa a non vergognarsi di essere libero di star a casa con la vita senza perdere la paura... si può cantare per la voglia di star male... Questa è veramente la cosa più grande che la mia vita mi ha sottoposto. Non voglio fare la vittima ma tuttaltro. La bicicletta è la cosa più magica che si possa provare dopo l'orgasmo insomma. Sono stati anni belli e ricchi di colpi di scena che hanno fatto di me un uomo. Ma nella vita non c'è nulla di nostro volere è per il destino il mio carattere di chi perdere la vittoria sempre con paura di niente. Ma il mio orgoglio si è inchinato a ciò che purtroppo gli uomini comandano, non sono stato trattato onestamente, e ho sofferto la mia debolezza i sentimenti che ti fanno spiccare il volo, il mio volo era ormai negli ultimi anni sofferente e si è inchinato in uno dei tanti sfoghi distruttivi per farsi allontanare da cose che non mi hanno fatto amare la bici ma i tanti mostri che mi hanno assalito mi hanno fregato. Non voglio entrare in dettagli banali ma se non ti vuoi più bene è pieno di mezzi per distruggersi e io ho fatto miracoli con i forti problemi sentimentali e legali ma soprattutto morali. Ma la cosa più bella che ho voluto era diventare un campione già a 14 anni mi promettevano un onore nazionale in senso positivo.
Ho fatto una bella carriera e non posso che ringraziare tutti i sensibili che sanno come è difficile dopo dieci anni di lotte e vittorie arrembanti ma devo farlo per ritrovare il coraggio di trovare gli stimoli per piccole soddisfazioni in vita da borghese: Dolore e soddisfazioni che solo la bici mi lasciano. Ma date molto attenzione a questo sport che insegna a vivere...".
A fine agosto dovettero di nuovo andarlo a recuperare a Saturnia. Si era barricato in una stanza e non apriva né alla madre, né al dottore. Manuela Ronchi stava per diventare mamma e non poteva più stare alle costole del suo campione. Fu Michael, il pomeriggio successivo al suo arrivo, a vincere le resistenze di Pantani...
... A Trivella di Predappio, in una grande casa in campagna, Marco sembrò ritrovare un po' di serenità. All'inizio la convivenza si rivelò più difficile del previsto. Pantani cercava di sfuggire in ogni maniera al controllo di Michael: in bici, in macchina. Ma lui era sempre pronto a riacciuffarlo prima che trovasse il modo di rifornirsi di droga...
... Ricominciò a esprimersi, senza ansie, sul futuro. Il dilemma tornava a farsi avanti: smettere o ripartire? Il padre averebbe voluto che continuasse a correre, e così la Ronchi che intanto manteneva i contatti giusti. Il Pirata, un po' sovrappeso, accarezzò l'idea, ma prese in considerazione la possibilità di comprarsi un casale a Bertinoro e mettersi a produrre vino...
... A metà novembre il campione chiese di poter uscire qualche volta da solo, anche per dimostrare i suoi progressi.
- Non posso girare per tutta la vita con una guardia del corpo.
In una settimana uscì tre volte.
L'ultima sera avvertì che sarebbe rimasto a dormire da Nevio, un amico di Igea Marina che gli aveva fatto anche da autista. Michael si infuriò. Chiamò la madre di Pantani, ma neppure lei riuscì a convincerlo a tornare a Predappio.
Il giorno dopo prese il minimo indispensabile da casa di Michael, infilò tutto in una ventiquattro ore, e si trasferì a Milano dalla Ronchi.
La neomamma aveva organizzato un incontro con il ciclista Giovanni Lombardi. I due ragionarono sul progetto, poi naufragato, di costituire una nuova squadra per riprendere l'attività...
... L'entusiasmo del Pirata fu tale che volò subito a Madrid con Lombardi per discutere i dettagli. Dalla Spagna però Pantani partì due giorni dopo alla volta di Cuba. Portò con sé la bicicletta e disse al collega che di lì a poco si sarebbero rivisti in Argentina per continuare assieme la preparazione.
Michael seppe dalla Ronchi del viaggio e temette subito il peggio. Dopo una settimana ricevette la telefonata dal padre che lo supplicava di andare a riprendere il figlio all'Avana perché era nei guai...
... Soccorso da Michael, il Pantani che tornò in Italia era di nuovo un uomo precipitato nell'incubo, pronto a smarcarsi da tutti alla prima occasione.
Toccò di nuovo ai genitori tenerlo d'occhio, ma nonostante l'impegno Marco tornò a far uso di sostanze stupefacenti. Oltre loro, il figlio incontrava da qualche tempo solo una ragazza russa, conosciuta a ottobre durante una festicciola a casa di Michael: i sospetti ricaddero su di lei. Mamma Tonina affrontò la donna in visita nella villa di Sala di Cesenatico, Pantani ne prese le difese. La discussione si accese, giunsero i carabinieri. Al loro arrivo però trovarono solo la disperazione dei familiari di Pantani: padre, madre e sorella Manola.
Il Pirata, sempre più chiuso in se stesso, fu accolto di nuovo da Michael. Trascorse il Natale in compagnia della famiglia dell'amico. Per la notte del 25 dicembre chiese di poter ospitare la ragazza russa e Michael acconsentì.
La sera dopo partì con lei verso Rimini. Quello che andava a cercare, Michael lo scoprì due giorni dopo, il 27 dicembre. Quando accorse assieme al dottor Greco nell'albergo di Miramare dove Pantani aveva preso alloggio. La russa era scappata, spaventata dalle sue stranezze. Nella stanza c'era polvere bianca ovunque...
... Non c'era più tempo da perdere. Il 30 dicembre il medico, con in mente la scena dell'albergo, parlò chiaro ai genitori convocati nel suo studio di Ravenna. Ripercorse con loro le tappe dell'iter terapeutico dei mesi precedenti, li mise a conoscenza del fatto che bisognava agire in modo più drastico. Ormai Pantani aveva verso la cocaina un atteggiamento compulsivo: sempre alla disperata ricerca della sostanza, dagli effetti sempre minori e spesso neppure piacevoli: senso di insicurezza, agitazione, irritabilità, stanchezza. Depressione...
... Il medico suggerì delle misure di emergenza ai genitori.
- Non è più il caso di opporsi a interventi coatti. Michael va bene, ma va affiancato da una figura intermedia, un educatore con una formazione specifica, capace di supportarlo nell'azione di assistenza e contenimento. Va presa in seria considerazione l'ipotesi di un trattamento sanitario obbligatorio, un ricovero forzato, così come la possibilità di ricorrere giudizialmente per l'inabilitazione di vostro figlio...
... Il punto fu fatto a casa di Michael il 3 gennaio. Tutti attorno a un tavolo, la Ronchi, il medico, i genitori. Lo scopo era quello di convincere Marco a ricoverarsi di sua volontà in una struttura, con un programma di recupero serio. Sul piatto furono poste delle possibili soluzioni.
- Non potete costringermi. Voglio solo essere lasciato in pace...
... La serata del 13 gennaio andò peggio di quanto potesse immaginare. Attorno al tavolo dell'agriturismo di Predappio prenotato per l'occasione c'era in tutto una dozzina di persone, Michael, Gianni l'accompagnatore delle dive, Erik l'amico di Michael, Kappa, Jumbo il dee jay, Simone, Giuseppe il pittore, Carlo il milanese, Michael il fratello minore di Jader, Andrea l'ex ciclista, un altro paio di fedelissimi. Marco si presentò in condizioni precarie. Non era del tutto in sé, ed era giù di morale. Allora Pirata, quando torni? Fine dei brindisi...
... La mattina del 14 gennaio sul cellulare del dottor Greco piovvero le richieste d'aiuto di Michael e dei genitori, da Predappio. Pantani stava delirando.
- Ci vuole un TSO, ribadì il medico intenzionato a rivolgersi al Servizio diagnosi e cura dell'ospedale di Forlì.
La scelta di far indossare la camicia di forza a Marco spettava a loro. A Fernando, detto "Paolo", ex idraulico nativo di Sarsina, e a mamma Tonina, piadinara originaria di Rimini. Una coppia vissuta nell'adorazione del loro ragazzo che donò loro soddisfazioni, lustro e ricchezza.
Il babbo dal carattere aspro, ma che per assomigliare al suo Pirata ad un certo punto arrivò a radersi i capelli e a farsi crescere il pizzetto. La mamma, per cui Marco era un idolo già quando aveva i calzoni corti e la goccia al naso.
Alla camicia di forza dissero no. Marco non gliel'avrebbe perdonata.
... Pantani si trasferì a Milano, Michael non lo rivide più. Spuntò un bigliettino indirizzato a lui, scritto da Marco durante la convivenza. Un addio.
"Ti devo ringraziare per la nostra costanza per il mio problema. Forse sarò un po' stupido, ma non sei stato contro di me, ma il mio problema.
La depressione è tremenda e si fa anche sbagli con sostanze, medicine e sentimento. Ma a Saturnia quando hai "aperto" la porta di camera mia, hai dimostrato carattere so che non è facile neanche per te ma sei più forte di molti e ti stimo conoscendoti davvero.
Tu non so se sai chi ero in grinta e intelligenza. Si sbaglia tutti nella vita ma il mio sentimento di sincero e furbo amico sa che devi solo essere con i tuoi sinceri riconoscimenti che ti ho creduto anche nel più difficile e tuo affetto per me. Ma non ti devi sentire in colpa per non essere stato capace di convivere con il più fiero e furbo, ma debole alle mie verità. Se puoi fare un giorno con le nostre sincere volontà. C'è sempre una strada fra uomini ma è dura. Ti stimo per la tua forza, ma non ti devi preoccupare, ci passerà, ma la mia verità la trovo".

Tutto o niente. A Milano, il 16 gennaio 2004, arrivò un Pantani spossato. I primi giorni delle due settimane in cui si trattenne nell'abitazione della Ronchi si alzò dal letto solo per mangiare.
Poi, senza mai smettere il pigiama, cominciò a trascorrere qualche ora davanti alla televisione. Divano, telecomando, compresse. Smorfie e sorrisetti al piccolo. Con l'aiuto dei medicinali e del calore di una famiglia rallegrata dalla presenza del bambino di pochi mesi che lo inteneriva, Pantani dette segni di ripresa. Fu allora che la manager affrontò l'argomento.
- Non c'è un'altra soluzione, devi ricoverarti.
Silenzio.
- Hai capito?
Rifletté per un momento, come quella volta che rispose a Gianni Mura sul perché andasse così forte in salita. Poi fece:
- In ospedale si va per morire. Se torno in clinica faccio la fine del mio amico "Chaba" Jimenez.
... Il dottor Greco sapeva però che Pantani aveva imboccato una china pericolosa, un precipizio senza un intervento clinico. Prese contatti con il dottor Furio Ravera, primario e codirettore della casa di cura privata Le Betulle di Appiano Gentile (Como), struttura specializzata nel trattamento delle dipendenze.
La Ronchi strappò al Pirata la promessa che avrebbe almeno incontrato lo specialista, per poi decidere assieme a lui, se era il caso di entrare in clinica.
... Il padre, al telefono, confermò che il figlio negli ultimi venti giorni aveva ritirato dai suoi due conti personali ventiduemila euro. L'ultimo prelievo, proprio durante il suo ultimo breve soggiorno a casa. Papà Paolo, come procuratore, aveva accesso ai movimenti bancari del figlio e quello era uno dei sistemi per tenerlo sotto controllo, ma al contrario di quanto si disse, non aveva alcuna possibilità di frenare quella costante emorragia.
... La Ronchi riuscì a farsi consegnare la cocaina che Pantani aveva con sé e la getto nel water. Buttò via anche la bottiglia forata utilizzata dal campione per farsi di crack. Ne conservò dell'altra da qualche parte. Più tardi, in pieno delirio paranoico, inveì contro la coppia in maniera aggressiva. Pantani adesso oltre che a se stesso cominciava a far paura anche agli altri.
... Mamma Tonina e papà Paolo andarono di corsa a Milano.
Pantani era fuori di sé. Disse di non aver alcuna intenzione di andare in clinica, che l'unica cosa che aveva voglia di fare era restare a casa della Ronchi, senza condizioni, né imposizioni.
- Non faccio del male e non dò fastidio a nessuno, lasciatemi in pace.
Stavolta intervenne il marito della manager a ricordargli che quella era anche casa sua e nessuno aveva il diritto, là dentro, di fare i propri comodi. Rinfacciò ai presenti che tutti gli dovevano qualcosa, disse cose che non pensava, un po' per la rabbia, un po' per rendere più profondo il solco. La Ronchi era sotto choc. In atteggiamento di sfida, il Pirata disse che se ne sarebbe andato, che non aveva mai preso in considerazione nemmeno per un momento l'idea di farsi "rinchiudere" anche perché non voleva rinunciare alla cocaina.
- Voglio vivere a modo mio.
Vivere a modo suo significava una cosa sola: morire.
Pantani fece le valigie, ma la discussione non finì a parole. Prima di andarsene verso la definitiva rovina avrebbe dovuto affrontare il padre, sulla porta. E così avvenne.
- Se non vuoi ricoverarti allora torni a casa con noi, disse l'uomo a Marco.
Il litigio continuò sul pianerottolo del lussuoso condominio, sulle scale. La valigia rotolò sui gradini, si aprì. I vicini accostarono le orecchie alla porta quando sentirono le urla. Mamma Tonina si sentì male. Svenne. Per rianimarla intervenne l'ambulanza. Il padre, con un dolore al cuore e il Nokia Comunicator strappato al figlio dalle mani, vide la nebbia della notte milanese inghiottire Marco. Lui se ne andò senza bagaglio e senza voltarsi indietro.

Benvenuti al Touring. Sabato 5 giugno '99. Hotel Touring di Madonna di Campiglio. Tutto comincia in una stanza ad angolo del secondo piano del grosso chalet a tre stelle.
... Sabato 27 dicembre 2003. Hotel Touring di Miramare (Rimini). Riscaldamento al massimo. Tapparelle abbassate. La russa che ha trascorso la notte con lui lo abbandona ai suoi fantasmi.
... Sabato 31 gennaio 2004. Hotel Jolly Touring di Milano. Pantani arriva senza prenotazione poco dopo le 23,30. "Mi fermo per qualche giorno". Rimarrà fino al 9 febbraio. "Non voglio essere disturbato da nessuno". Si è appena lasciato alle spalle, assieme al telefonino e alla valigia, i genitori e la manager. Entra nella camera 344, abbassa le tapparelle. Alza il riscaldamento. Prende il telefono. La vita pedala all'indietro. Alle estati passate nel chiosco della mamma, alla ragazzina milanese, anche lei Cristina, che veniva tutti gli anni con i genitori. Marco era un giovanotto piccolo di statura, magro e con le orecchie a sventola coperto dai ricci. Felice e sconosciuto. Lei sorrideva. A lui batteva forte il cuore. Mezzanotte è passata da un pezzo.
- Pronto Cristina, sei tu? Sono Marco?

Un altro addio. ... Cristina, la milanese, intuì subito cosa provava per lei Marco appena entrò a far parte della compagnia estiva che si ritrovava al chiosco di mamma Tonina. Si conobbero quando avevano 12-13 anni. Lei trascorreva ogni anno le vacanze con i genitori, a Cesenatico. Marco era sempre lì ad aspettarla. Aveva un debole nei confronti di Cristina. Lei provava simpatia, ma non ricambiava con lo stesso rapporto. Fu il suo primo amore anche se non ebbero mai una relazione sentimentale. Dopo la maturità la ragazzina, al contrario del fratello che mantenne qualche contatto, si dimenticò di Cesenatico e iniziò a trascorrere le vacanze altrove, senza i genitori.
Marco chiese sempre notizie di lei. Quando vedeva un amico comune le mandava i saluti e poi s'informava se le erano arrivati. Una decina di anni fa s'incontrarono a un matrimonio.
-Sai corro in bicicletta, vado forte.
- Ah sì?, io vado all'università.
Da allora non si videro e non si sentirono più fino al 29 gennaio 2004.
... La conversazione durò un'ora. A parlare fu soprattutto lui. E allora Cristina capì.
Marco rimpiangeva l'infanzia, l'adolescenza. Avrebbe voluto ripartire da lì...
... - Avevamo tutto, stavamo bene, ricordi?
... Ricordi che per Cristina erano lontani, sepolti, e per Marco vivi e presenti. Lei lo invitò a telefonare l'indomani.
- Non perdiamoci di vista, disse Cristina.
L'amica d'infanzia non riusciva a capire che cosa frullasse nella testa confusa dell'interlocutore.
- Va bene, grazie, rispose Marco.
Non chiamò più. Era un altro addio.
2 - continua
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I dati inseriti in archivio sono il risultato di una ricerca bibliografica e storiografica di Paolo Mannini (curatore dell'Archivio). Le fonti utilizzate sono svariate (giornali, libri, enciclopedie, siti internet, archivi digitali e frequentazioni sui vari Forum inerenti il ciclismo). Chiunque desideri contribuire alla raccolta dei dati, aggiunta di materiale da pubblicare o alla correzione di errori può farlo mettendosi in contatto con Paolo Mannini o con la Redazione.

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