Marcello Mugnaini e l'impresa di Luchon

Rivista Tuttobici Numero: 10 Anno: 2005

Marcello Mugnaini e l'impresa di Luchon

di Gino Sala

Il Tour de France è arrivato più volte a Luchon dove ai miei tempi di cronista vigilante la sala stampa era costituita da una falegnameria. Non era la massima comodità per lavorare, anzi diciamo che di morbido non c'era nulla a cominciare dalle lunghe e durissime panche. Ho ancora presente l'enorme tavolo che per tutti faceva da scrivania e comunque ho incontrato di peggio negli anni in cui ho seguito la Grande Boucle, anzi vi dirò che le difficoltà di vario genere mi galvanizzavano, mi rendevano partecipe di una competizione in tutti i versi assai più impegnativa di quella dei nostri giorni.

Ebbene, tra i miei ricordi di Luchon c'è la vittoria di Marcello Mugnaini nella tappa proveniente da Pau, anno 1966, un successo solitario, riportato con 46" di vantaggio su Altig e Anquetil a conclusione di un finale strepitoso poiché, dopo aver ripreso i fuggitivi, il toscano di Montemignaio staccava tutti sui tornanti del Portillon presentandosi al traguardo con le mani al cielo. Un'azione che avrebbe meritato di più. Per soli 13", infatti, Marcello non conquistava la maglia gialla.
Miglior italiano in campo, comunque, una quinta moneta finale alle spalle di Aimar, Yanssen, Poulidor e Momene.
Sul prezioso almanacco di Luciano Boccaccini e Giovanni Tarello sta scritto che Mugnaini è stato professionista dal '64 al '69, ma l'interessato precisa che la sua attività nella massima categoria è durata poco più di tre anni.
«Ho cominciato nel '64, quando le mie primavere erano già 23 e nell'estate del '67 nella tappa del Tour che andava da Marsiglia a Carpentras e tristemente nota per la morte di Tom Simpson sul Mont Ventoux, una rovinosa caduta mi ha messo fuori causa. Una costola mi aveva perforato un polmone. Ho poi ripreso, ma senza profitto, senza ottenere risultati soddisfacenti e scendendo di bicicletta mi sono dovuto accontentare di cinque vittorie, quella di Luchon più due tappe del Giro d'Italia, una tappa del Giro della Svizzera e il Circuito di Maggiora. Tra i piazzamenti di maggior rilievo un quarto e un settimo posto nella classifica finale del Giro», racconta Marcello col disappunto di essere entrato nel gruppo dei marpioni un pò tardi, a ventitré anni suonati.
Passista scalatore di buon livello, data di nascita il 12 novembre del 1940, 67 chili di peso, 1,74 di altezza, Mugnaini ha di che per lamentarsi, ma lo fa con stile, senza piagnistei. Guadagni?, domando. «Percepivo un mensile di 180.000 lire e risparmiando sono riuscito ad acquistare un appartamento. Qualcosa il ciclismo mi ha dato anche se erano tempi magri se confrontati con quelli odierni. Padre e madre boscaioli, fino a vent'anni ho alternato il mestiere del fornaio a quello del ciclista. Una faticaccia. Adesso posseggo un'edicola con tabaccheria. Ho un figlio che va in bici, ma solo per divertimento. Tutto sommato posso considerarmi un uomo felice».

Chiudo la chiacchierata chiedendo un giudizio sul ciclismo del duemila. «Mi limito ad osservare che sono pochi i corridori capaci di distinguersi per l'intera stagione e ciò non piace agli appassionati. Non esistono più tempi di battaglie che cominciavano a marzo e finivano in ottobre, ma non è mia intenzione polemizzare. Viviamo periodi di specializzazione e dobbiamo applaudire Armstrong che ha conquistato sette Tour di seguito...». Che altro aggiungere? Che il buon Mugnaini è un realista più che un passatista.
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