Alcide Cerato e un ciclismo da guarire

Rivista Tuttobici Numero: 1 Anno: 2006

Alcide Cerato e un ciclismo da guarire

di Gino Sala

Un grande immenso amore per il ciclismo, dirò subito mentre mi accingo a parlare di Alcide Cerato. Nato a Legnaro (Padova) l'undici febbraio del 1939, passista veloce, 1,76 di altezza, 67 chili di peso, professionista dal 1961 al 1964, nessuna vittoria sta scritto nell'annuario storico a cura di Luciano Boccaccini e Giovanni Tarello. Un'ottantina di successi tra i dilettanti, una breve carriera nella massima categoria dove ha ottenuto un significativo terzo posto nel Giro di Lombardia. Secondo nella Coppa Placci, terzo nella medesima gara, poi una rovinosa caduta nel Giro del Piemonte che lo ha costretto ad abbandonare l'attività agonistica. Soprattutto il piazzamento realizzato nel Lombardia mi fa pensare che Alcide si sarebbe distinto anche nel gruppo dei marpioni.

Èpoi diventato il capo di una grande azienda senza mai interrompere la sua dedizione allo sport della bicicletta. La dedizione di un uomo schietto e per certi versi dirompente, un fiume di parole e di idee, per certi versi aggressivo, a volte persino indisponente, ma sempre nel ruolo di attaccante, di colui che dice la sua con forza e convinzione, con l'obiettivo di migliorare le cose.
Si può anche non essere sempre d'accordo con Cerato, col presidente del Consiglio del Ciclismo Professionistico, però gli va dato merito del suo perseverare con l'obiettivo di migliorare una disciplina piena di difetti, e bisognosa di profonde correzioni. Parliamo chiaro, senza peli sulla lingua, senza timori e riverenze. Di anno in anno il ciclismo si è allontanato da quello che dovrebbe essere il suo mondo, i suoi criteri e i suoi obiettivi. Chi scrive è costretto a rimpiangere il passato, la semplicità, l'impegno, la santa povertà e la santa fatica di una volta. Il tutto creava una fantasia che via via è scomparsa. La base ha perso i valori che costituivano una famiglia di educatori, che facevano da maestri ai giovani praticanti. Sono diminuite di gran lunga quelle piccole società guidate da veri dirigenti. Tra i dilettanti di oggi circolano assegni miliardari per non parlare di porcherie che devastano l'ambiente. Tutto è cambiato in peggio, pochi sono i veri istruttori, molti i maneggioni, i trafficanti, i sostenitori di un ciclismo con la cravatta, bello in apparenza, brutto nei suoi contenuti.

Una situazione allarmante e sono grato a Cerato per il suo progetto presentato al consiglio federale. Si tratta dell'analisi di una situazione allarmante, di considerazioni e di proposte, di indirizzi, di contromisure per rilanciare l'immagine del ciclismo italiano. Caro Stagi, cari amici di tuttoBICI: un documento del genere merita di essere portato a conoscenza degli appassionati*, di coloro, e sono tanti, che vogliono un ambiente migliore, sano e pulito. Guai se il tutto finirà per rimanere lettera morta, guai se il condottiero Di Rocco si limitasse ad una semplice visione. Dobbiamo capire, dobbiamo rimboccarci le maniche e operare. Giusto come insegna il vulcanico Cerato.
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