Luciano Rabottini: «Noi, le rinunce e i sacrifici»

Rivista Tuttobici Numero: 10 Anno: 2007

Luciano Rabottini: «Noi, le rinunce e i sacrifici»

di Gino Sala

È bello sentirsi dire da Luciano Rabottini che la sua parentesi ciclistica è stata un'eccitante e meravigliosa avventura. Lo dice con voce squillante, con la fierezza di aver dato il meglio di se stesso nei suoi dieci anni di attività professionistica che lo hanno visto in gruppo dall'81 al '90. Nato a Liegi da genitori abruzzesi il 23 gennaio del 1958, altezza 1,68, peso 66 chili, il padre minatore a supporto di una famiglia povera ma ricca di valori. Un Rabottini nei panni del passista che sapeva difendersi in volata e in salita, un gregario di Van Impe, Vandervelde, Sorensen, un tipetto vivace, innamorato del mestiere, quattro vittorie, la più importante quella ottenuta nella Tirreno-Adriatico del 1986, dove si è aggiudicato la classifica finale davanti a Francesco Moser.
Ha pedalato nel plotone degli Hinault, dei Fignon, dei LeMond e degli Zoetemelk, ha vissuto un ciclismo di grande prestigio e i suoi ricordi, le sue riflessioni sono lo specchio di momenti indimenticabili: «Ho dato molto e con piena soddisfazione, non c'è in me alcun rimpianto, bensì la fierezza di aver rispettato con gioia il mestiere e tutti i sacrifici richiesti. Così imponeva la logica di quei tempi assai diversi e decisamente migliori di quelli di oggi, dove i guasti sono tanti, troppi a cominciare dal numero delle squadre e dei tesserati che sono aumentati a dismisura. I professionisti della mia epoca erano un terzo, anche meno di quelli di adesso e tutti all'altezza dei compiti loro affidati, capaci di onorare la bandiera per l'intero arco della stagione. Dieci, massimo dodici rappresentanti per ogni compagine nel contesto di un'attività che veniva rispettata da uno stile di vita. Andare a letto presto, svegliarsi di buon mattino per misurarsi in allenamenti severi e rinuncia ai divertimenti. Questa era la nostra droga...».

Un discorso da sottoscrivere al cento per cento, quello di Rabottini, una testimonianza che equivale all'invito di cambiare le carte in tavola con l'obiettivo di ottenere profondi e significativi cambiamenti. Ripeto per l'ennesima volta che se non faremo tesoro del passato, non usciremo mai dal tunnel dei gravi peccati e dei gravi disordini.
Tornando a Luciano, prendo nota che da sei anni è conduttore di un programma televisivo - Velò - che conta ben sessantamila spettatori per ogni puntata su una rete televisiva abruzzese. Sposato, Rabottini ha due figli (un maschio e una femmina) e svolge il suo lavoro principale nel suo negozio di bici di Marina di Città San'Angelo (Pescara). Il maschio diciannovenne, Matteo, è al secondo anno di attività tra gli Under 23 e a tutti i miei complimenti e i miei auguri.
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