Camille Van Linden

Nato a Wilrijk il 28 luglio 1949, professionista dal 1971 al 1983. Molti l'han dimenticato ma all'anagrafe, il più famoso dei Van Linden (anche il fratello Alex correva, ma non era certo bravo come lui) si chiamava Kamiel. Divenne "Rik", perché il padre Jozef (anch'egli ex corridore professionista), prima di tutti intuì le sue doti di sprinter e lo inviò alle gare, con quel diminutivo così legato ai suoi idoli Van Steenbergen e Van Looy.
La strada fece poi il resto perché Kamiel, si dimostrò davvero uno a cui poteva benissimo calzare la scarpa dei "Rik". Va subito detto che la carriera di Van Linden fra i professionisti, non è stata pari alle attese nate dagli oltre 350 successi ottenuti nelle categorie giovanili. Il tutto per un motivo che rappresenta la faccia sporca della sua stessa medaglia aurica: lo sprint. Rik, era spericolato oltre ogni limite e concepiva la volata come un rodeo, quando doveva usarlo come fendente finale delle sue altre buone doti. Fosse stato più tranquillo e senza l'angoscia di determinarsi velocista incredibile, da professionista, avrebbe vinto di più e meglio, del già tanto che vinse. Il figlio di Rik, è iscritto a questo forum, ed è pure intervenuto più volte: ed io avrei piacere se potesse dire al padre che nessuno nell'osservatorio del tempo, gli ha mai voluto sfregiare la purezza e la grandiosità delle sue fibre bianche, ma è indubbio che da lui ci si aspettasse la ponderazione che il traguardo prima di tutto va colto e poi, magari, lo si può dipingere con lo stupore e l'incanto. Cercare quest'ultimo aspetto da subito, soprattutto quando lo si deve fare nella variabile cerebrale dello sprint, può alla fine sfinire o contorcere il vero motivo-meta: la vittoria. Nel caso di Rik Van Linden, spesso, a sconfiggerlo non erano gli avversari, ma se stesso. Un peccato, perché la sua volata era completa, non gli mancava nulla, dalla potenza, alla scelta dei tempi dell'acuto, dal guizzo, alla progressione. Alla fine, con la sua confusione frutto dell'ingordigia cominciò a sbagliare, partendo o troppo lungo, o troppo tardi, o, peggio ancora, svolgendo sprint alla kamikaze, con tutto quel che ne seguiva, anche in termini di cadute. Era un grande, ma ha fatto di tutto per esserlo meno. Resta ai miei occhi uno degli ultimi velocisti totali, uno dei più belli per chi giustamente deve apprezzare le qualità. Fatto sta che nel suo albo d'oro, a parte i due stupendi successi alla Parigi Tours nel '71 e '73 e pur con altri 112 traguardi raggiunti, non ci sono quelle corse che erano alla sua portata, comprese altre classiche. E lo dico alla luce di un fatto: Rik non era solo uno che assorbiva i tavolieri, perché altrimenti non avrebbe vinto la maglia verde al Tour '75, un'edizione battagliata, non solo per il duello Merckx-Thevenet, ma per la prorompente prima settimana di Moser, che rese dispendiosa quella Grande Boucle. Comunque i suoi maggiori successi dopo i due nella "Classica dei Castelli della Loira" sono: il Giro della Sardegna '74, la Milano-Vignola '75, '76 e '78, il Giro della Campania '76 e la Milano-Torino '77 oltre a 9 tappe del Giro d'Italia e le 3 al Tour de France '75, dove, come detto, conquistò la classifica a punti.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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