Marco Giuntelli: un campione, un amico, un fratello

La testimonianza commossa di Mario Dinda, attraverso il ricordo del figlio.

Da bambino, mio padre mi raccontava spesso del suo lavoro di massaggiatore, che aveva iniziato in giovane età, e di tutti quei ragazzi che preparava per quelle corse faticose e sfibranti, che richiedevano tanta forza e volontà, ma soprattutto talento.
Mi parlava di tutto il suo operato, di tutti quei ciclisti e di come quel lavoro, seppur duro e impegnativo, lo faceva con tanto amore. Conobbi molti dei tanti corridori che passarono sotto le sue abili mani, come Amulio Viarengo, Fausto Coppi ecc.
Ne ricordo uno in particolare, con il quale mio padre aveva instaurato un rapporto di profonda amicizia, che durò nel tempo, facendoli diventare quasi inseparabili: quel ragazzo si chiamava Marco Giuntelli e mio padre raccontava sempre di lui come di un corridore con la stoffa del campione.
Nei suoi ricordi si percepiva l'attaccamento che aveva avuto verso di lui: infatti lo aveva seguito in alcune tappe del Giro d'Italia del 1930.
Mi disse che in altre competizioni, come il Giro del Piemonte, il Giro di Toscana, il Giro di Lombardia, ecc. venne offerto a Marco un compenso perché non vincesse.
Erano tempi difficili e già il fatto di essere ciclista professionista significava molto. A detta del mio caro papà, in quegli anni Marco Giuntelli corse in Italia e all'estero ottenendo risultati di tutto rispetto e collocandosi dietro le spalle dei campionissimi, dando prova della sua grande abilità come ciclista, specialmente quando fuggiva con fulminei scatti in salita.
In quelle bellissime epoche, furono in tanti ad apprezzare le sue particolari qualità e gli portarono il loro tifo.
Successivamente Marco e il caro fratello Battista, anch'egli corridore professionista affermato, furono ospiti per lungo tempo della Francia: nel 1931-'32 si trasferirono proprio lì, nella patria del ciclismo, dove continuarono la loro carriera sportiva, disputando un pò tutte le gare importanti e conquistarono alcuni allori. Causa lontananza e i pochi mezzi di comunicazione e di trasporto, mio padre e i due fratelli si persero di vista per molto tempo, incontrandosi solo ed esclusivamente quando Marco e Battista tornavano in Italia per disputare delle gare. La radio permise a mio padre di sentirli sempre vicini a sè e di seguire le notizie che giungevano d'Oltralpe, su come si distinguevano in terra straniera.
Alla fine del loro periodo di permanenza in Francia, tornarono nella loro città che li attendeva.
Quel giorno ci furono dei festeggiamenti per loro e mio padre mi disse che erano stati accolti come eroi.
Poco tempo passò da quel momento, che aprirono due botteghe di cicli ad Asti e grazie alla loro intraprendenza, furono gli ideatori di bici sulle quali compariva il loro nome.
E' motivo di soddisfazione sapere che a distanza di più di quattro decenni dalla loro scomparsa, spesso e volentieri, quel nome viene "chiaccherato", con grande gioia, ancora oggi nella città che li ha tanto amati.

Il figlio
ringrazia
Articolo inviato da: Gli amici degli Indimenticabili fratelli (Piemonte-Lombardia)
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