La figura di Giovanni Gerbi primo vincitore del Giro di Lombardia

Nato a Borgo Trincere, in provincia di Asti, il 4 giugno del 1885 venne definito il Diavolo Rosso, non solo per via di un maglione di quel colore. Iniziò a lavorare presto, a 11 anni, presso uno scalpellino, ma resistette pochi giorni. Così da un sarto, poi da un salumiere, quindi da un fornaio ed infine in un'impresa di costruzioni. A 13 anni si indirizzò ad un meccanico di biciclette e qui scoprì il suo mondo e quel magnifico mezzo di locomozione, tanto che in sella ad una vecchia bici, donatagli dal suo datore di lavoro, iniziò a percorrere molti chilometri. A 15 anni, coi suoi risparmi e quelli del padre, spese 30 lire e ne comprò una nuova sentendosi "realizzato". Nell'estate del 1900 durante una gita a Torino scorse un gruppo di ciclisti intenti a prepararsi alla partenza di una corsa. Parlò con loro e si iscrisse subito alla Torino-Rivoli e ritorno, arrivando sesto. Pochi giorni dopo eccolo ancora a Torino per partecipare alla Torino-Trana e ritorno dove giunge secondo al termine di una tumultuosa volata. Si allena con assiduità ed al campionato italiano di resistenza (ad Asti) questo quindicenne è tra i primi iscritti. Sfoggia un maglione rosso alla partenza che diventerà il suo simbolo e nonostante non fosse fra i favoriti ottiene la prima vittoria. Verso la fine del 1900 comincia a pensare di abbandonare Asti e all'inizio del nuovo anno sedicenne si trasferisce a Milano lavorando da un fornaio. Nelle ore pomeridiane è un assiduo di Piazza D'Armi dove, quasi ogni giorno, si disputano brevi gare. Non ha molto sprint, ma vince con frequenza. Alla domenica se ne andava in giro per la Lombardia a cercare le corse. Vinse la Milano-Magenta e ritorno, la Milano-Varese e la Milano-Pavia poi declassato per irregolarità. Nel provinciale alessandrino andò in fuga da solo, ma a 3 km. dall'arrivo forò e venne ripreso. Nella volata concluse secondo. A fine 1901 sedicenne contò dieci successi in gare vere. Nel 1902 ancora fra i protagonisti in Piazza d'Armi, a Milano, dove era l'idolo. La Gazzetta dello Sport stava organizzando la Gran Fondo di 540 km. Milano-Torino e ritorno e Giovanni fu fra i 71 partenti. A 2 km. dall'arrivo si preparò la volata; ci fu uno sbandamento e cadde. Vinse Busoni e Gerbi chiuse quinto pedalando con una gamba sola. Si riprese e vinse con la Milano-Trecate, la Milano-Alessandria e la Milano-Erba, pur presentandosi a quest'ultima corsa con l'amico Remondino con 15' di ritardo. I due che non erano stati svegliati per tempo, nella locanda dove erano ospitati, non persero tempo e partirono all'inseguimento degli avversari. Recuperarono l'intero gap superando tutti e concludendo primo e secondo. Nel 1903, a soli 18 anni, Gerbi diventò professionista. Pochi mesi prima vinse la Coppa del Re la più prestigiosa gara dell'epoca, per distacco, sul traguardo di Novara da autentico dominatore. Pensò solo alle corse, studiando in dettaglio i percorsi, analizzando difetti e debolezze di ogni singolo avversario e si esaltò nella ricerca della perfezione e dell'impresa. Fu un autentico precursore. Il 19 aprile del 1903 vinse la Milano-Alessandria con uno sprint in progressione poi il 10 maggio fece sua la Milano-Piacenza-Genova giungendo tutto solo sulla pista del Bisagno. Seguirono la Milano-Torino ed il Circuito di Cremona. Nella Gran Fondo (600 km.) del 23 luglio partì forte ed a metà gara era già solo al comando, ma non gestì al meglio le forze, entrò in crisi, venne superato e si ritirò. A fine agosto nella Ovada-Acqui-Asti-Novi L.-Ovada venne battuto allo sprint da Carlevaro. Si accese intanto la rivalità col conterraneo Cuniolo. A settembre si correva la sesta edizione della Corsa del Re ed il Diavolo Rosso compì un'altra impresa arrivando solo al traguardo di Milano. Terminata la stagione su strada Gerbi pensò di esordire su pista e viste le sue carenze in volata scelse il mezzofondo anziché la velocità. L'esordio avvenne a fine ottobre, sull'anello del Trotter di Piazza Doria di Milano, in una Sei Giorni dietro allenatori meccanici, in cui vinse alla grande. La Francia lo attirò e nel 1904 (a 19 anni) vi ritornò per disputare la Bordeaux-Parigi in cui arrivò decimo. Ma venne poi squalificato con molti altri per aver fruito di aiuti irregolari. Decise allora di andare al Tour rinunciando alle corse del calendario italiano, ma lo concluse alla seconda tappa sul Col de la Republique quando il gruppo, di cui faceva parte, venne aggredito dai tifosi del beniamino locale Faure che era in fuga. Il nemico da colpire era Maurice Garin, ma confusione ed oscurità nell'ignobile attacco alla cieca lo videro ferito. Si rialzò, provò a proseguire, ma qualche chilometro dopo fu costretto al ritiro. Tornò in Italia avvilito oltre che ferito, ma intenzionato a riscattarsi, invece fu costretto al ritiro anche nella Gran Fondo. A 19 anni visse il suo momento più difficile più per sfortuna che per demeriti. Ma è ancora tanto popolare ed apprezzato, tanto che l'U.V.I. lo iscrisse al mondiale di mezzofondo del 4 settembre 1904 al Velodromo Crystal Palace di Londra. Durante la corsa cade e non diede segni di vita. All'ospedale le sue condizioni apparirono subito molto gravi. Rimase in coma per cinque giorni poi si riprese grazie alla sua eccezionale tempra fisica che gli consentì subito un buon recupero. Nella prima metà del 1905 gareggiò poco, ma non ottenne risultati. La grinta intatta ed il desiderio di tornare a vincere gli permisero un rivoluzionario sistema di allenamento sempre sullo stesso percorso dove cronometrava i suoi tempi verificando le differenze ed i miglioramenti. Poi iniziò ad andare in salita, realizzando un accenno di quelle che successivamente sarebbero diventate "le ripetute" scattando più volte ad intervalli regolari. Incrementò il numero dei chilometri percorsi e si preparò accuratamente per la corsa nazionale del 23 luglio che vinse dominandola. Nella seconda metà del 1905 si riaffermò come il nostro miglior corridore praticando sempre l'attività di stayer e vincendo a Torino ai primi di ottobre l'assoluto professionisti. L'8 ottobre vinse la Coppa d'Alessandria sul rivale Cuniolo staccandolo di 6'50". La Gazzetta dello Sport stava organizzando il primo Giro di Lombardia e Gerbi lo preparò scrupolosamente, tanto che ogni giorno si recava sul percorso per verificare la condizione delle strade, ma anche i punti più difficili (quelli in salita) da superare. Migliorò anche la sua aerodinamicità sul sellino per favorire maggior velocità al mezzo dei tratti in discesa. Per la prima volta provò i tubolari invece delle gomme piene, ottenendo non pochi vantaggi. Il 12 novembre la corsa (quasi un mese dopo rispetto ad oggi) e Gerbi la vinse con 40' di vantaggio su Rossignoli. Dominò ancora in tantissime gare a testimonianza di questa sua grande superiorità ed esuberanza fisica di autentico grande campione. La sua scomparsa avvenne in Asti il 7 maggio del 1954 a 68 anni, ma già nella leggenda da alcuni decenni dopo aver vinto tutte le corse più importanti dell'epoca.

Giulio Mauri
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