Addio Carlo Clerici, eroe di un giorno

da www.gazzetta.it

ZURIGO (Svizzera), 29 gennaio 2007- La notte fra sabato e domenica è morto Carlo Clerici. Svizzero, aveva 77 anni, e gli ultimi due li ha passati lottando contro il cancro. Nel 1954 conquistò il Giro d'Italia.
Se c'è un giorno da leone nella vita di ciascuno di noi, il suo fu il 27 maggio 1954. Giro d'Italia, sesta tappa, da Napoli a L'Aquila, 252 km. Nervosi, a dir poco. Nervosissimi, quando 28 km dopo il pronti-via se ne andarono in cinque. E sull'orlo di una crisi di nervi, quando il vantaggio dei cinque sorpassò la mezz'ora. Dietro, il gruppo aspettava, tentennava, s'interrogava, cincischiava. Ogni corridore scaricava la responsabilità sull'altro. Tira-tu-che-tiro-io. Ma nessuno tirava. A L'Aquila vinse Carlo Clerici, secondo fu Nino Assirelli; Hugo Koblet, che era il capitano di Clerici, giunse dopo 34'14", e Fausto Coppi addirittura dopo 39'06".
La chiamarono: la fuga-bidone. E da quel giorno, ogni volta che un evasore a due ruote guadagna il suo giorno da leone, si evoca Carlo Clerici e si cita la fuga-bidone. Clerici era nato a Zurigo il 3 settembre 1929. Babbo italiano, confinato a Lipari, motivi politici. Mamma svizzera. Una sorella. La passione per la bici divampò in un'officina: Carlo aveva il compito di pulire i telai prima di restituirli ai clienti, e lui, dandoci di gomito, cominciò ad amarli. Prime corse nel 1947, da professionista nel 1951. Al Giro 1953 Clerici era italiano e correva per una squadra italiana, la Welter, ma aiutò il suo amico Hugo Koblet, svizzero. La cosa non fu gradita: Clerici si ritirò, la Welter non gli rinnovò il contratto.
Al Giro 1954 Clerici era svizzero e correva per la Guerra, capitano Koblet. Conquistata la maglia rosa a L'Aquila, non la mollò più. "L'avevamo sottovalutato - ricorda Fiorenzo Magni -. Eravamo certi di staccarlo sulle Alpi, invece Clerici, che fino ad allora non aveva vinto nulla, si dimostrò un buon corridore. E poteva contare su Koblet che, come gregario, valeva oro. Comunque Clerici non rubò nulla: semmai eravamo stati noi grulli e ingenui". Gli attacchi scoppiarono già nella tappa successiva, da L'Aquila a Roma. "Una ventina in fuga - racconta Albani -: dentro i più forti, fuori solo Gino Bartali e proprio Clerici. Piovigginava, io mi agganciai solo all'ultimo istante. Poi la volata sulla pista di atletica all'Olimpico. Vinsi davanti a Koblet, Coppi e Van Steenbergen".
Clerici si aggiudicò il Giro con 24'16" su Koblet, 26'28" su Assirelli, 31'17" su Coppi. Ma la gente considerava lui un Signor Nessuno, a Genova insultò i corridori ("Turisti!") e sulle Dolomiti espose uno striscione leggendario ("Forza vitelloni!"). Poi Clerici tornò gregario: una vittoria al Campionato di Zurigo 1956 e tante borracce, spinte, inseguimenti e piazzamenti. Come tanti gregari, era un gentiluomo: gentilezza, stile, eleganza, non necessariamente firmata.

Marco Pastonesi
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