Pierfranco Vianelli

Nato il 20 ottobre 1946 a Provaglio d'Iseo (BS). Completo. Campione Olimpico 1968. Professionista dal 1969 al 1976 con una sola vittoria da professionista.
Con questo bresciano dal portamento gentile, incontriamo un altro che ha ucciso le migliori facoltà fra i dilettanti, lasciando le briciole al ciclismo più importante. Autentico superman tra i "puri" è divenuto progressivamente anonimo fra i professionisti. E dire che Pier Franco ci ha fatto sperare fino all'ultimo, perché era uno di quei talenti che valgono doppio, in quanto sapevano aggiungere alle stimmate, la spettacolarità. Le sue vittorie era colte con un piglio, una espressione che non potevi dimenticare, erano autentici raggi di luce. Aldilà di tutto, credo che nella sua ellisse abbia giocato la fatica accumulata in categorie che contano comunque poco, a cui va aggiunta una difficoltà a tenere il peso nella giusta fascia, senza, per intenderci, la maniacalità vergognosa di oggi. Da prof appariva assai più "tondo" rispetto agli anni da "puro", ma la classe e quella pedalata fluida, sono ancora qua, a determinare in uno come me, cresciuto ragazzo nei suoi anni di fulgore, un alone di nostalgia che non si spiega solo col tempo trascorso.
Pier Franco Vianelli era davvero magico, probabilmente l'italiano con maggior talento puro, ogni categoria, nell'era Merckx.
Dopo esser stato campione italiano degli allievi nel 1965, divenne subito un dilettante di nota, senza smettere di evidenziare una crescita costante. Esplose compiutamente nel 1968, l'anno delle Olimpiadi, dove apparve come un Binda, quasi da pagare per non farlo correre vista la sua superiorità. I suoi successi erano incandescenti per valore e per classe. Vinse fra le altre corse con questi connotati, il Giro della Valle d'Aosta e la Ruota d'Oro, ovvero corse dalla diversa tipologia, ma da considerarsi come le più importanti di quei tempi. Giunto all'appuntamento di Città del Messico, gareggiò sia nella 100 km a squadre che nella prova individuale su strada. Nella gara contro le lancette, giunse al bronzo (i suoi compagni erano Bramucci, Marcelli e Simonetti), mentre in quella individuale, sbaragliò letteralmente il campo, facendo divenire gli avversari delle carte scolorite. Giunse all'appuntamento con l'Oro tutto solo e dominatore: nessuno quel giorno avrebbe scommesso un soldo, sul fatto che la sua carriera finisse praticamente lì.
Passato professionista in seno alla Molteni, non riuscì più a trovare il Vianelli stellare, nonostante il più che positivo debutto al Tour de France '69, dove giunse settimo. In quell'anno fu anche azzurro ai mondiali di Zolder dove si ritirò. Solo un acuto, nel 1971, quando vinse con fare antico la famosa tappa del Grossglockner, al Giro d'Italia (finì la corsa rosa al 5° posto). Per il resto solo delusioni e tanta attesa, nella speranza di un ritorno a quel '68 in cui ci fece sognare tutti.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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