Arnaldo Pambianco e la Rinascita Ravenna

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Arnaldo Pambianco nella Rinascita "pedalò una sola estate" nel 1956, e verso di lui vi fu ed è rimasta tanta ammirazione anche se mista a qualche amarezza, dovuta al troppo breve periodo in cui militò nelle sue file. In quella stagione, Pambianco apparve come una stella che espandeva la gran luce accesa da Grassi. In quell'anno il ragazzo di Bertinoro non perse una sola occasione come dimostrano le 11 vittorie e i piazzamenti, la maglia azzurra e il 7° posto alle olimpiadi di Melbourne (vinse Baldini) che dicono di un rendimento competitivo dalla prima all'ultima gara. Nel 1957 passò alla Forti e Liberi di Forlì, alla ricerca di una convenienza tra attività ciclistica e il servizio militare in Aeronautica, corpo nel quale avrebbe potuto disporre di qualche facilitazione per continuare gli allenamenti e partecipare alle corse, sia pure in condizioni non ottimali. Questa la ragione vera della separazione avvenuta in un clima di piena comprensione, perciò nessuna rottura con la Società verso la quale, lo stesso Pambianco dichiara apertamente essere stata: "La società nella quale ho compiuto la migliore esperienza della mia carriera e considero il direttore sportivo di allora, Oscar Minzoni non solo il migliore, ma un uomo che seppe adottare metodi d'allenamento, tattiche di corsa e condizioni ambientali tali da anticipare gli altri di almeno dieci anni". La grande simpatia dei rosso verde verso Pambianco era così radicata da soffrirne profondamente per l'episodio al mondiale 1957 a Wareghem quando conquistò l'argento alle spalle del belga Louis Proost (rimasto sconosciuto) ma con l'ombra di essergli sfuggita una maglia iridata ormai sicura se l'arrivo non fosse stata viziato da una miracolosa scia di cui il vincitore poté usufruire. Poi Pambianco seguì la strada che tutti conoscono, fino alla vittoria del 44° Giro d'Italia nel 1961. L'esperienza e la maturazione nell'ambiente rosso verde non gli aveva certo nuociuto.
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