Rolf Graf

Il suo stile era perfetto e l'efficacia sul passo non lo poteva tradire. Era dunque naturale che il cronometro fosse il suo pezzo forte. Ma se la perfezione stilistica e l'occhiolino alle lancette lo rendevano perfettamente sincronico al suo essere... svizzero, le sue amnesie di concentrazione hanno molto limitato i mezzi fisici regali di cui era dotato. Dire che Rolf Graf, nato ad Unterentfelden, in Svizzera, il 19 agosto 1932, ha ottenuto meno di quello che avrebbe potuto è fin troppo ovvio.
Ciononostante, il suo passaggio nel ciclismo ha lasciato la sua bella traccia. Dopo Kübler (il suo maestro) e Koblet e prima dell'avvento dei vari Rominger, Richard e Camenzind, Graf è stato probabilmente lo stradista svizzero che più di tutti ha inciso per qualità, risultanze e popolarità, assicurandosi un bottino significativo sia in virtù delle sue doti di cronoman e sia per il suo più che discreto spunto veloce. Tagliato fuori per le sue amnesie dalla classifica generale delle grandi corse a tappe, unica eccezione lo splendido Giro di Svizzera '56, vinto bellamente, s'è in parte rifatto con qualche vittoria parziale: ha infatti vinto tre tappe al Tour de France, una al Giro d'Italia e sei al Tour de Suisse.
Ma il suo palmares s'è impreziosito soprattutto grazie ad altri ed importanti successi. Ha vinto la Gand Wevelgem nel '54, è stato campione svizzero su strada nel 1956-'59-'62, ha colto il successo nel Gran Premio Le Locle ('58) nel '56 e nel '58, nella Lucerna Engelberg '54, nel Giro del Nord Ovest '62, nel Giro del Cantone di Ginevra '61 e '62. Eccellente il suo ruolino nelle grandi crono della sua epopea, grazie ai sempre evidenti piazzamenti e ai successi nel Gran Premio della Svizzera '55, Gran Premio di Lugano '55 e '62, Gran Premio d'Europa a squadre a Ravenna nel '56, Gran Premio Longines a squadre '60, e il Trofeo Baracchi '56 in coppia col francese Andrè Darrigade. Quest'ultimo fu un successo strameritato anche al cospetto del pur grande transalpino, poiché sul ritmo e lo stile di Rolf gravò il peso degli ultimi decisivi chilometri di gara. In pista, il 13 gennaio 1955, stabilì il record mondiale sui 5 chilometri, percorsi nel tempo di 6'21"4, ma quella performance non fu mai omologata.
A causa di un grave incidente stradale fu costretto ad abbandonare la carriera nel '63. Regale come pochi in bicicletta e fuori dalle corse, il palmares professionistico di Graf (1953-'63), conta su una trentina di vittorie.

Un ricordo personale
Quando il campione svizzero partecipò al G.P. Tendicollo Universal di Forlì, la mia palestra d'osservazione ciclistica che, dalla fanciullezza estrema giunse fino alla gioventù, ero troppo piccolo per ricordare e vedere. Rolf Graf corse una sola edizione della massacrante prova forlivese, la prima, nel 1958, finendo secondo, a 4'09" da uno scatenato Ercole Baldini. Il "Treno di Forlì", proprio nell'anno di grazia, era davvero imbattibile e inavvicinabile. Rolf Graf, nell'occasione, si tolse però la soddisfazione di lasciarsi alle spalle, su quegli infiniti 90 chilometri di gara, un certo Jacques Anquetil, nonché gli altri nobili di un cast tra i più forti della storia della manifestazione.
Lo svizzero, dunque, onorò efficacemente la sua fama di specialista del cronometro, portando il suo stile e l'immancabile berrettino della "Tebag", a sfrecciare sul rettilineo di Carpena, verso quel podio che, come ebbe a dire lui stesso pochi anni dopo, rappresentava una fetta consistente dell'olimpo delle corse contro le lancette. Il suo nome era familiare in casa mia, ed il bimbo sottoscritto, arrivato nel frattempo a capire e comprendere, s'aspettò a lungo di poter vedere lo svizzero di cui tanto si parlava in casa.
Una curiosità che m'è rimasta a lungo, al punto di chiedere a due amici campioni contemporanei di Graf, Ercole Baldini e Charly Gaul, un parere sul corridore elvetico. Entrambi hanno confermato il valore di Rolf, un treno che avrebbero voluto come compagno di squadra per le sue doti sul passo, ed entrambi si sono soffermati su un aspetto che, a mente fredda, oggi, vedo come un segno chiaro della bellezza unica del ciclismo di quel tempo: "Era forte e silenzioso, addirittura misterioso, non capivi mai se era in crisi o stava per partire in una di quelle sue formidabili accelerazioni. Quando lo cercavi e gli parlavi le sue risposte erano tronche, ma era leale".
Se Gaul avesse avuto Graf, con lui, il giorno del Bondone '57, quello della fermata per la pipì, forse non sarebbe andato in crisi, ed avrebbe vinto un Giro in più...
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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