Federico Bahamontes Martin

Bahamontes, in spagnolo, significa "scavalcamontagne", quindi una definizione fra le più appropriate dell'intera storia dello sport. Nato a Domingo Caudilla di Toledo il 9 luglio 1928, Bahamontes è stato uno dei più grandi scalatori della storia del ciclismo, un camoscio del quale si ricorda la sua innegabile firma vincente sul Tour del 1959, primo spagnolo a riuscirvi, ma "l'Aquila di Toledo", com'era pure chiamato, era molto di più.
Passò tardi al professionismo, nel 1954, a ventisei anni. A fermare le possibilità di contratto, il timore di molti osservatori ed addetti ai lavori, di imbattersi in un tipo come Vicente Trueba, la "pulce dei Pirenei", uno che diventò leggenda senza vincere nulla, vissuto però vent'anni prima, quando sul ciclismo si dipanavano minori richiami al risultato. I presupposti per riproporre le medesime risultanze del connazionale, in Federico Martin, c'erano tutti: tanto bravo in salita, quanto scarso in discesa.
Bahamontes, infatti, fra i dilettanti staccava tutti quando la strada saliva, ma poi, a scendere, impiegava quasi lo stesso tempo che gli serviva per salire. Addirittura frenava coi piedi oltre che coi freni, a volte si fermava quasi fosse colpito da malore, insomma, i suoi atteggiamenti sembravano amici della follia.
Ciononostante, il passaggio fra i professionisti, fortunatamente, arrivò. La nuova categoria però, non aveva modificato le costumanze dell'Aquila di Toledo, il quale, dopo aver staccato gli avversari sui mitici colli del ciclismo, si fermava dopo la linea del G.P.M. ad attendere gli altri e scendere con loro, quasi a cercare una compagnia per affrontare quell'aspro avversario che si chiamava discesa.
La leggenda di questo straordinario personaggio narra che al suo primo Tour de France, sul Col de la Romeyere, dopo aver lasciato gli altri a distacchi notevoli, si fermò in cima al passo, ed indispettito per tutti coloro che lo incitavano, entrò in un bar, comprò un gelato e scese pian piano leccando il suo cono, fino a quando non arrivarono gli avversari. Sarà una coincidenza, ma nel 1959, dopo anni passati a collezionare Gran Premi della Montagna, quando finalmente si decise a cercare un po' di coraggio, sullo stesso colle, costruì il suo successo al Tour.
Fausto Coppi, suo capitano nella Tricofilina, nell'occasione, lo incitò con uno sguardo a fare sul serio anche in discesa e così, assieme a Charly Gaul, l'Aquila di Toledo giunse a Grenoble con un distacco abissale sui francesi Anquetil, Anglade e Riviere, in lotta per la maglia gialla. La tappa fu di Gaul, ma Bahamontes vinse il Tour.
Nei primi anni '60, con Charly Gaul presente più a ricercare lo stipendio, piuttosto che a correre sull'onda e in sincronia con la sua classe, Bahamontes divenne il divino delle montagne e quando lui accelerava non ce n'era per nessuno. Federico, pur con tutte le sue contraddizioni, vinse tanto e fu longevo. Da segnalare i suoi successi in 11 tappe dei grandi giri, sei Gran Premi della Montagna al Tour, le innumerevoli vittorie nelle celebri cronoscalate al Mont Faron, Monte Carlo, Mont Angel, Montjuich, Arrate. E' stato campione di Spagna nel 1958 e nel 1959, ha vinto il Giro delle Asturie (1955-57) il Circuito Provenzale (1965) e, pensate un po', la Sei Giorni di Madrid nel 1964.
In totale una settantina di successi nei dodici anni di carriera fra i professionisti. Inutile dire che il suo valore di scalatore ha segnato un epoca ed echeggia tutt'oggi, non solo in un paese come la Spagna, dove l'essere bravi in salita rappresenta una necessità anche superiore ai normali ed oggettivi valori di un ciclista. Nel 1965, dopo esser stato staccato per la prima volta al Tour, da corridori non di primo piano in salita (nella tappa del Puy de Dome), appese la bicicletta al chiodo. E lo fece alla sua maniera. Si fermò all'ombra di una quercia e la sera, da solo, tornò in treno a Toledo. Cosa avrebbe potuto fare Bahamontes, se non avesse avuto una paura folle delle discese. Sicuramente poteva vincere di più e, magari, almeno un altro grande Giro. In particolare da "vecchio", quando poteva fungere da terzo incomodo nel duello tutto francese fra Anquetil e Poulidor. A dimostrarlo giunge l'eco della grande impresa di cui fu protagonista nella tappa di Pau, al Tour del 1964, quando, dopo 190 chilometri di fuga, in parte percorsi in compagnia del connazionale ex sacrestano Julio Jimenez, giunse solitario sul traguardo con quasi due minuti sui grandi rivali francesi. Quella fuga, come quella di Grenoble nel Tour dell'anno precedente (dove finì secondo nella generale finale dietro Anquetil), urlano le grandezze e le sopraffine valenze di questo autentico personaggio che il ciclismo ci ha fatto conoscere. Fosse stato solo un poco più accorto o normale nella condotta agonistica, ci sarebbe stato dunque da scommettere su un palmares molto più ricco. Oggi Federico Martin Bahamontes gestisce un negozio di bici nella sua Toledo ed andare a trovarlo vale più di cento souvenir, anche perché sa farsi notare come pochi. Federico è un arzillo vecchietto che parla molto bene l'italiano e non disdegna il racconto sulle sue imprese e sui corridori dell'epoca.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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