Solo Ronsse, Van Steenbergen e Van Looy avevano vinto due mondiali consecutivi e dunque mai nessun italiano ci era riuscito. Moser e Argentin avevano sfiorato l'impresa arrivando secondi con la maglia iridata sulle spalle ma Bugno non si fa sfuggire l'impresa che gli consente di entrare nella leggenda di questo sport.
Il campione italiano sembra essere ricaduto nell'ennesimo periodo nero della carriera e addirittura, nelle gare premondiali, confida a Martini di essere pronto per mettersi al servizio della squadra, per lavorare per il gruppo. Ma il vecchio Commissario lo rincuora, gli mette al fianco il fido Giovannetti, tiene a bada un Chiappucci scalpitante e tesse le fila per costruire una squadra proiettata alla riconquista del mondiale con Bugno capitano indiscusso.
Martini è uno stratega eccezionale e sa che in una gara dura quella quella di Benidorm, con un rettilineo finale in salita, uno come Bugno, pilotato allo sprint finale, può diventare imbattibile e imprendibile.
E Gianni non delude nessuno. L'ottimo Pierini lo prende sotto la sua ala protettrice nell'ultimo giro, in un gruppetto di sopravvissuti che comprende gente pericolosissima coma Jalabert, Indurain, Konyshev, Rominger, Ugrumov, Leblanc e Rooks. Lo trascina nelle prime posizioni, allunga chiedendo ai polmoni l'ultimo sforzo, poi ai 400 metri si rialza. Bugno parte lanciato da un elastico, comincia la volata in testa e in testa la finisce chiudendo ancora una volta a braccia alzate. Nessun italiano prima di lui si era laureato per due volte consecutive campione del mondo. Secondo finisce Jalabert e terzo Konyshev.