Silvano Schiavon

Nato a Scandolara di Zero (TV) il 4 novembre 1942, di Silvano è impossibile non ricordare il sorriso, quasi sempre presente sul suo volto, il fisico compatto e piuttosto tozzo, la volontà, la disponibilità e pure delle buone qualità in salita. Un bell'esempio "razza Piave", per chi ama legare i personaggi a simbiosi delle terre d'origine. Fu "l'Avvocat" Eberardo Pavesi a farlo esordire, poco più che ventiduenne, nella sua "Legnano". In Schiavon, il "grande vecchio" vedeva quelle caratteristiche di corridore coriaceo che tanto gli piacevano. Silvano lo ripagò subito, con un gran bel Giro d'Italia d'esordio, chiuso al 13° posto, dopo una serie di ottime condotte.
Sempre nel '65, finì 3° nel GP Cemab di Mirandola. Anche nel '66 si comportò bene, al punto di eleggersi leader di una Legnano in cui, ovviamente, era rimasto poco delle essenze vincenti del suo glorioso passato. Finì il Giro 11° e nella dura tappa di Rocca di Cambio, sfiorò la vittoria, staccando gli illustri della corsa, salvo il tedesco Rudi Altig, che lo anticipò di 3".
Nel '67, in maglia Vittadello, vinse la durissima Marina di Massa-Pian della Fioba e chiuse il Giro 12°, ma mancò la vittoria di tappa davvero per poco: finì secondo a La Spezia, e terzo a Chianciano e sull'Etna. Il Giro però, gli diede una grandissima soddisfazione: indossare per tre giorni la maglia rosa.
Alfiere della Pepsi Cola nel '68, Schiavon arrivò secondo nella difficile tappa del Block Haus sempre al Giro d'Italia e terzo nel Giro del Veneto. La sua solidità e temerarietà gli fecero guadagnare la stima di Teofilo Sanson che lo volle nella sua squadra per la stagione '69, col chiaro scopo di spalleggiare il capitano della formazione: Gianni Motta.
Invece, in virtù del grigiore che cosparse l'intera annata del corridore lombardo, toccò proprio a Silvano difendere le ambizioni della squadra al Giro d'Italia. Il trevigiano rispose benissimo, arrivando al 4° posto finale, dopo aver strappato per un paio di giorni la maglia rosa a Eddy Merckx (prima della sua uscita dal Giro per la positività) e cogliendo il terzo posto nella dura frazione di Campitello Matese.
Nel '70 passò alla Salvarani, a fungere da gregario di Gimondi e dello stesso Motta ed a loro si dedicò completamente, pur giungendo 14° al Giro a dimostrazione della sua solidità. Ancor meglio fece nel '71, quando in maglia Dreher si confermò gran regolarista finendo la "corsa rosa" al 6° posto davanti al suo vecchio capitano Gimondi. Ancora un passaggio di squadra nel '72, stavolta in seno alla GBC ed ancora un comportamento regolare al Giro dove finì 11°. Gli ultimi due anni di carriera li passò alla Magniflex cercando di trasmettere l'arte del mestiere ai giovani e di aiutare lui stesso quei capitani ormai spenti che rispondevano ai nomi di Gianni Motta e Gosta Pettersson.
A fine '74 decise di ritornare a quei campi e quell'agricoltura che aveva abbandonati per dedicarsi al pedale. Ma la dedizione all'amata terra gli giocò il più terribile dei destini: il 21 ottobre del 1977, il suo trattore lo spinse sulle corse dell'incomprensibile.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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