Learco Guerra, la locomotiva umana

Learco nasce il 14 ottobre del 1902 a San Nicola Po, frazione di Bagnolo San Vito, una piccola borgata di poche centinaia di anime in provincia di Mantova. Fin da ragazzo, per sbarcare il lunario, dovette dedicarsi al mestiere di manovale. A diciotto anni entrò nella squadra di calcio locale, l'Aurora F.B.C., diventando un buon attaccante, poi più tardi conquistò i gradi di capitano ed infine venne eletto presidente. Sposatosi a ventitre anni, pensò bene di costruirsi una pista attorno al campo di calcio e cominciò ad allenarsi in bicicletta. Nel '28, all'età di ventisei anni, l'inizio vero e proprio della carriera agonistica, come indipendente. L'anno successivo passò professionista e si impose sulla pista di Carpi, dove conquistò il suo primo titolo italiano senza allenatori con un giro di vantaggio.
La consacrazione vera e propria avvenne nel 1930 al Tour de France, dove venne convocato all'ultimo momento per sostituire un titolare. Il capitano era Binda che aveva saltato il Giro dietro corresponsione da parte degli organizzatori di 22.500 lire (il premio per il vincitore); Learco partì come gregario e fu l'autentica rivelazione della corsa. Per Binda le cose non andavano bene e Learco ebbe via libera mentre Binda si ritirò. Learco conquistò la piazza d'onore alle spalle del francese Leducq e fu protagonista anche ai successivi mondiali di Liegi vinti da Binda. Pur non brillando come velocista, fu un eccezionale passista e per questo lo chiamarono "locomotiva umana". In salita non lo staccavano facilmente ed inoltre recuperava rapidamente le fatiche. Nel 1931 partì bene al Giro d'Italia indossando la prima maglia rosa della storia del Giro, vinse in tutto quattro tappe ma non riuscì a concludere la corsa. In questa stagione ottenne una delle vittorie più importanti della sua carriera: il campionato del mondo che, unica volta nella storia dei campionati, si svolse a cronometro. Dopo tre anni, nel 1933, ci riprovò al Tour e nonostante ci fosse stato un tentativo di sabotaggio alla Nazionale italiana preparando cibi avariati, Learco, testardo come un mulo e lottatore di carattere non si fece intimidire dall'episodio ed arrivò ancora secondo dietro il francere Speicher. Nel 1934 trionfò al Giro d'Italia aggiudicandosi dieci tappe e al Mondiale di Lipsia conquistò la piazza d'onore dietro il belga Kaers. A fine stagione si aggiudico il Giro di Lombardia. Gareggiò spesso anche nelle Sei Giorni ottenendo anche una vittoria, nel 1935 ad Anversa, in coppia con il belga Van Nevele. Nonostate le doti di passista e pistard, Learco non pensò mai di battere il record dell'ora.
Terminata la carriera agonistica passò sull'amiraglia diventando senza dubbio uno tra i più stimati ed intelligenti tecnici del dopoguerra. La Federazione Italiana lo interpellò per affidargli il compito di mettere d'accordo Coppi e Bartali in Nazionale, ma Learco rinunciò subito all'invito e l'incarico fu affidato a Binda. Learco portò in Italia un campione della statura di Hugo Koblet per fargli vincere, primo straniero, il Giro d'Italia. Successivamente andò a pescare un timido e piccolo lussemburghese di nome Charly Gaul che ne vinse addirittura due di giri. In entrambi i casi ebbe il grosso torto, per il pubblico italiano, di far vincere uno straniero e anche per questo non fu molto amato e a volte venne a torto anche criticato.
Learco aveva contratto il morbo di Parkinson e nel '61 subì un primo intervento al cervello; dal cervello la malattia si irradiò lungo le braccia, procurandogli quel tremolio che gli fu fatale. Si spense all'ospedale Niguarda di Milano, all'età di 60 anni, il 7 febbraio del 1963.
Articolo inviato da: Paolo Mannini (Firenze)
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