Storia di Cesare Del Cancia

Appartenne a quella schiera di "maledetti toscani" che prima della seconda guerra mondiale portò una ventata nuova nel ciclismo. Sarebbe durata più a lungo e avrebbe vinto di più il pisano di Buti, se non ci fosse stato Bartali.
Aveva classe, era un corridore completo, forte sul passo e in volata, mentre in salita si difendeva abbastanza bene. In poche parole era un corridore vincente.
Già ottimo dilettante, riuscì a confermarsi tra i professionisti nonostante una concorrenza temibile ed agguerrita capitanata dai suoi conterranei Bartali, Bini e Bizzi.
Da dilettante alcune corse lo portarono alla ribalta della cronaca sportiva: nel 1934, vinse a due passi da Ponte a Ema il Giro dei Colli fiorentini, una corsa tutta saliscendi fatta apposta per Bartali ed ebbe la meglio anche su Bini che era il suo diretto antagonista. Sempre quell'anno, nella Coppa Bardelli a Monsummano staccò sia Bartali che Bini di un quarto d'ora. Bartali e Bini erano considerati i due più forti dilettanti in Toscana e lui faceva da terzo incomodo.
Da professionista ebbe l'onore di vincere la Tre Valli Varesine nel 1936 e la Milano-Sanremo l'anno successivo.
Il 1937 fu la sua stagione d'oro: potente, tenace ed energico, non disdegnava la corsa d'attacco e dopo la vittoria nella Milano-Sanremo con un'impetuosa ed arrembante fuga di 70 km, con la media record di oltre 37 km/h, fu tra i maggiori protagonisti del Giro d'Italia e ottenne un secondo posto dietro Bartali nel Campionato Italiano.
I suoi successi si concentrano comunque in tre stagioni (dal 1936 al 1938) dopo le quali, complice anche la Seconda Guerra Mondiale, non riuscì più a ripetersi. Dopo la fine del conflitto tornò a gareggiare riuscendo però soltanto a terminare il Giro d'Italia 1946 lontano dai primi.
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