Jose Maria Jimenez Sastre, addio campione

Era uno scalatore superlativo, che in determinate giornate e in determinate condizioni (in salita) infiammava le folle. "El Chaba", così era soprannominato José Maria Jimenez, 31 anni, spagnolo di El Barraco, ha avuto un'improvvisa crisi cardiaca il 6 dicembre 2003, mentre firmava autografi ai pazienti suoi tifosi. È morto, schiacciato dal peso di un male invisibile e spietato: il male di vivere.
"Yo soy tranquilo", soleva dire José Maria Jimenez, grande speranza del ciclismo spagnolo. E tranquillamente aveva fatto il suo apprendistato ciclistico all'ombra di Miguel Indurain, il "pentacampeon" di Spagna. La grande speranza di Miguel Echevarri, padre-allenatore di Delgado, Indurain e Jimenez, era cresciuta senza pressioni e senza fretta, in assoluta tranquillità. Era l'erede designato, l'uomo che la Spagna aveva eletto a proprio beniamino, per quel suo modo unico e spettacolare di scalare le montagne, secondo solo ad un certo Marco Pantani, ritenuto anche da Jimenez "semplicemente inimitabile".
Nel '99, sulle strade del Giro, Jimenez si presentò proprio per sfidare il romagnolo, ma ben presto capì che contro quel ragazzo dalla capa pelata c'era ben poco da fare. Come nella tappa del Gran Sasso, quando lo spagnolo arrivò secondo alle spalle del Pirata, e si consolò dicendo: "Mi ha battuto lo scalatore più forte del mondo. Sono il primo dei terrestri".
Adesso José Maria Jimenez non c'è più. È morto all'ospedale psichiatrico di San Miguel di Madrid dove era ricoverato da tempo.
"El Chaba", così era chiamato Jimenez, per un nomignolo di famiglia, passato di generazione in generazione, era noto per la sua esuberante personalità. Si era ritirato dalle corse nel 2002 a causa di una forma molto grave di depressione nervosa. Il male di vivere lo aveva minato nel cuore e nella mente, facendogli perdere la corsa più importante: quella con la vita.
Conosciuto per le sue doti di scalatore, aveva vinto nove tappe alla Vuelta nel corso della quale era stato consacrato tre volte "re della montagna". Il suo miglior piazzamento nella corsa a tappe spagnola era stato il terzo posto nel 1998. Nel '97 si era invece piazzato ottavo nel Tour de France vinto da Jan Ullrich.
El Chaba era come un figlio per José Maria Echevarri, il tecnico che più di ogni altro ha creduto in lui. Era un leader sin da giovane, e ha sempre entusiasmato in montagna. Jimenez poteva essere l'erede di Indurain, anche se lo consideravano più simile a Pedro Delgado. Spettacolare in montagna, sentiva come pochi l'attesa dei tifosi, ai quali dedicava grandi attacchi. Ma soprattutto era un artista delle salite: quando era ispirato, disegnava autentici capolavori.
Nel 2001, si aggiudicò tre tappe al Giro di Spagna, e proprio in quell'inverno i suoi disturbi si aggravarono notevolmente. Nel 2002 non disputò nemmeno una corsa e poi la notizia della sua morte: la quarta di un tormentato 2003, che tra i professionisti ha dovuto piangere le scomparse dell'italiano Denis Zanette, del kazako Kivilev e del francese Salanson.
Di personalità esuberante, Jimenez era andato alla smaniosa ricerca dei suoi limiti in tutto. E con tutto. Di lui si narra anche di interminabili sfide notturne a chi beveva più whisky e di qualche viaggio di troppo nei paradisi artificiali della droga. Una storia simile a tante altre - troppo simile - che però speriamo possano avere un finale diverso da questo.
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