Storia di Claudio Chiappucci

Prima di diventare "El diablo", corridore all'arma bianca, ci vollero anni di gregariato. Stagioni anonime e ingloriose. Chiappucci: faccia da boxeur, con quel naso a patata che sembrava avesse da poco rimediato un manrovescio. Lo stile era approssimativo, però che sfide con Indurain! L'omino di Uboldo, provincia di Varese, fidandosi di se stesso anche oltre il ragionevole, riuscì a compiere diverse imprese, alcune davvero indimenticabili come il suo trionfo al Sestriere nel 1992 dopo una scorpacciata di chilometri di fuga solitaria.
Sgraziato in bicicletta, un giorno, per caso, "inforca" la gloria. Come? Lui entra in una di quelle cosiddette fughe bidone che caratterizzano il Tour de France. Il gruppo lascia fare, i minuti di vantaggio aumentano. Sono 10, sufficienti per scrivere una pagina nuova della storia del ciclismo. Davanti solo Carneadi di giornata, così pensano i grandi. Gli avventurieri inseguono forse la gloria di un momento, un briciolo di notorietà che duri almeno una tappa. E' giusto ricordarli: Steve Bauer, Frans Maassen, Ronan Pensec... Soldati semplici, non sono tenenti nè capitani. Si buttano avanti oltre la trincea con la furia dei disperati. Con loro Chiappucci che grazie ai quei minuti racimolati a fine tappa, fa un balzo da canguro nella classifica e da piccolo anatroccolo, diventa un animaletto pericoloso, spesso all'attacco. A inventare il soprannome, ci pensano gli spagnoli che lo vedono alle loro gare e gli danno del diavolo. Chiappucci, da allora, diventa El diablo; il diavolo. Diavolo come corre, diavolo come va all'attacco. Così, senza volerlo, senza saperlo, nel proseguo del Tour de France, Chiappucci l'omino di Uboldo si infila la maglia gialla. Lui che era un gregario della Carrera. La sua esistenza volta pagina.
Il corridore lombardo insegna che il ciclismo, talvolta, è sommo. Basta un particolare, imprevedibile, per cambiare la storia di ognuno. E' l'anno 1990; arriverà secondo nel Tour che Lemond fa suo solo nell'ultime tappe.
Nel suo palmarès figurano due secondi posti al Tour de France, appunto nel 1990 e nel 1992, mentre un terzo posto lo rimedia nel 1991. Nello stesso anno è sua la Milano-Sanremo. Ciò che guadagna in salita, lo perde però a cronometro. Con Indurain, re delle lancette, era impossibile emergere.
Chiappucci è uno che parla...... e le cose non le manda a dire. È schietto, è un "parlone". Uno così può piacere alle folle, dividere le tifoserie ma ai propri colleghi dà sicuramente fastidio. Chiappucci rompe gli schemi. Se vede un cavalcavia, scatta. Il gruppo volentieri andrebbe ad andatura tranquilla e regolare almeno fino a un certo punto. Ma se c'è un Chiappucci siete sicuri che sarà lui a rompervi le uova e a fare la frittata. Poi, dopo lo scatto, naturalmente non succede nulla di importante, perché il gruppo ritorna compatto. Ma Chiappucci ci ha provato ed in cuor suo è contento.
Il brutto anatroccolo si esalta con la pioggia. In un Giro di Lombardia il corridore di Uboldo, diventa persino bello; forse perché sotto la pioggia i corridori sembrano tutti pulcini bagnati e le differenze tendono ad azzerarsi. La sua corporatura, incassata, si abbarbica meglio alla bicicletta quando piove e tira vento. Chiappucci corre tutto l'anno, d'inverno pratica anche il ciclocross con risultati discreti.
Gli ultimi due anni da corridore sono ingloriosi. Viene beccato con l'ematocrito ballerino e allontanato dalle corse. Smette di correre che nessuno quasi se ne accorge un peccato.
Articolo inviato da: Paolo Mannini (Firenze)
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