Storia di Eugène Christophe

Dotato di un fisico eccezionale, possente e agile allo stesso tempo, cipiglio austero accentuato da un paio di baffoni folti e sempre ben curati (da qui il soprannome "Cri-cri" o "Le Gaulois"), era uno stradista di valore che sapeva distinguersi anche su pista. Era un innamorato della bicicletta della quale aveva fatto una ragione di vita; un campione dell'epoca eroica, la cui carriera costituisce uno straordinario esempio di longevità: 22 anni complessivamente.
Nel 1910 vinse la Milano-Sanremo (una conquista che amava definire il punto fermo del suo ricco albo d'oro), nel '20 la Parigi-Tours e la Bordeaux-Parigi nel '20 e nel '21. Si dedicò con successo anche al ciclocross, disciplina nella quale spopolò in patria collezionando ben 7 titoli nazionali (dal 1909 al '14 e poi nel '21) e meritandosi l'appellativo di primo "campionissimo" del ciclismo invernale.
Ma la sua fama è strettamente legata al Tour de France, che disputò undici volte in venti anni, dal 1906 al '25. Nel corso del Tour del '19, il primo dopo la guerra, indossò per primo la maglia gialla, inventata da Desgrange come simbolo del primato. Fu alla partenza dell'undicesima tappa, la Grenoble-Ginevra del 19 luglio. Ma soprattutto fu protagonista di due episodi che gli costarono la vittoria in altrettanti Tour. Un incidente nella discesa del Tourmalet, nel '13, al tornante del Broussè, lo costrinse a percorrere più di dieci chilometri a piedi per trovare qualche soccorso, per poi effettuare da solo la riparazione sotto l'occhio impietoso del commissario di corsa Henri Lecomte e di diversi direttori sportivi: da leader virtuale della corsa perdendo quattro ore perse tutto. Incidente in tutto simile a quello che lo bloccò nel '19 a Raismes (vicino a Valenciennes) nella penultima tappa del Tour, la Metz-Dunquerque: due ore perse per la riparazione e addio maglia gialla, dovette accontentarsi del terzo posto dietro Lambot e Alavoine.
Articolo inviato da: Paolo Mannini (Firenze)
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