Antonino Catalano

Antonino Catalano nacque il 3 luglio 1932 a Palermo, dunque in una terra dove il ciclismo rappresentava uno sport di frontiera e dove la bicicletta era il mezzo più comune per affrontare la fame e la miseria. Riuscì ugualmente con una tenacia straordinaria a farsi corridore. Fu Costante Girardengo a credere in questo ragazzo del sud che, per correre, era costretto a dei "tour de force" incredibili. Grazie all'"omino di Novi", Antonino passò professionista nel 1958, con la Calì Broni Girardengo.
Fu un bel debutto, perché il palermitano si mise subito in grande evidenza al Tour de Suisse, dove giunse secondo in due tappe, vestì per un giorno la maglia oro di leader della classifica e chiuse la corsa al terzo posto, dietro Fornara, vincitore, e al tedesco Hans Junkermann. Le ottime prestazioni svizzere gli fecero guadagnare la selezione azzurra per il Tour che concluse, nonostante diverse traversie, al diciannovesimo posto. Nel corso della Grande Boucle, si mise in evidenza sul mitico traguardo di Briançon, dove si inchinò al solo Federico Bahamontes, dopo esser passato primo in vetta al leggendario Col du Vars. Un grande inizio per un debuttante.
Nel 1959 passò alla Bianchi e arrivarono pure le vittorie. Vinse la tappa di Reggio Calabria del Giro Ciclomotoristico e poi al Giro d'Italia le sue doti sul passo furono determinanti nel regalargli la tappa a cronometro, sul difficile circuito di Ischia.
Fu un successo di gran nota al cospetto dei più grandi del ciclismo, accorsi in massa a quella edizione della "corsa rosa". Ma quando si attendeva quell'ulteriore crescita che lo avrebbe portato ad un rango superiore, Antonino Catalano s'incamminò, invece, sulla strada del declino e, nel 1961, a soli ventinove anni, abbandonò l'attività. Le ultime due stagioni, incolori e tutte votate all'aiuto verso i compagni, le passò nella Bianchi e nell'Atala. Antonino muorì prematuramente il 20 aprile 1987 e di questo simpatico corridore, scurissimo di pelle, restano i ricordi delle grandi giornate di Briançon e Ischia.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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