Vittorio Marcelli

Nato a Magliano De Marsi il 3 giugno 1944, giovanissimo, dall'Abruzzo si trasferì nel Lazio, chiamato al G.S. Ferrarelle di Roma dall'ex Commissario Tecnico della strada Giovanni Proietti, il quale dirigeva questa squadra con lo scopo di farne un serbatoio per quelli che considerava i migliori talenti del nostro ciclismo. Successivamente, Vittorio arrivò in Romagna, nelle file del Pedale Ravennate, dove venne sapientemente guidato da Oscar Minzoni verso traguardi importantissimi, che lo proiettarono ai vertici mondiali.
A quei tempi il passaggio al professionismo non era semplice, se poi si era P.O. (Probabile Olimpico), il passaggio era praticamente impossibile, e questo atteggiamento ha sì arricchito il palmares della Nazionale dilettanti, ma ha bruciato molti atleti, finiti al professionismo per fare le comparse o quasi. Marcelli era maturo per il professionismo nel '66, invece passò tra i "prof" nel '69, ed in quegli anni, per quanto ben pilotato e vincente, si è cotto, e, come lui altri: Una verità scomoda che nessuno vuole ammettere.
Fra la miriade di successi di Vittorio in questo biennio di fuoco, ci sono il bronzo mondiale nella 100 km a squadre nel '67 e l'oro, sempre in quella stagione e nella medesima specialità, ai Giochi del Mediterraneo. L'anno successivo, arrivò al bronzo olimpico nella cronosquadre e poi, con un'azione da autentico dominatore e fuoriclasse, conquistò, a Montevideo, il titolo di campione del mondo su strada. Qualcuno dirà che la maglia iridata fra i dilettanti è una disdetta, perché si contano sulle dita di una mano quelli che dopo averla conquistata, hanno saputo fare bene fra i professionisti.
Anche Vittorio Marcelli non è sfuggito a questa "maledizione" che, a ben vedere, tale non è, ma ha ragioni spiegabili. Nel 1969, dunque, arrivò alla professionismo con la Sanson, ma ben presto cominciò ad avere problemi ad un ginocchio. Un solo acuto al Gran Premio di Castrocaro a Cronometro dove giunse secondo dietro a Gimondi, poi il buio, ed una maglia, quella della Salvarani '70, che fece poche uscite dall'armadio in cui era riposta.
Marcelli, questo grande ciclista potenziale, non poté sconfiggere i malanni all'arto e mentre gli altri, i tanti che si lasciava con costanza dietro nelle gare dilettantistiche, provavano i loro valori nel ciclismo professionistico, lui, il regale atleta destinato a raccogliere decine di mazzi di fiori, fu costretto a trasformarsi in tifoso dietro un video ed appese la bici al chiodo.
Potenzialmente poteva essere il più forte corridore abruzzese di tutti i tempi; certo, anche superiore a Vito Taccone. Formidabile sul passo, bravo in volata e in salita, regale in bicicletta, assomigliava tanto ai tratti caratteristici di un altro immenso incompiuto che risponde al nome di Romeo Venturelli.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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