Ole Ritter - un campione mancato

E' stato primatista dell'ora, ha vinto 27 corse da professionista, ha corso per dieci anni nell'elite del ciclismo, ma la sua classe cristallina era certamente superiore a quanto raccolto. Danese di Slagelse, amava il ciclismo più per forza di costrizione che per reale convinzione. Era incapace di disgiungere la professionalità con la vita quotidiana.Giunto in Italia sulle ali di una medaglia d'argento ai mondiali dilettanti (dietro a Bongiorni nel 1963) e dopo una carriera di primo piano internazionale, si accasò nell'emiliana Germanvox Wega. In una formazione giovane e fatta di giovani, il suo blasone fu subito sufficiente a fargli prendere i gradi di capitano. Vinse subito ed alla grande la cronometro Mantova-Verona al Giro 1967. Mise in fila gente come Altig, Brake, Gimondi ed Anquetil, ma il suo Giro per il resto fu anonimo.
L'anno dopo, dietro i consigli tecnici e paterni di Guido Costa andò a Città del Messico per prendersi il record dell'ora, per il quale percorse 48,653 chilometri. Sempre nel '68 vinse alla grande il Trofeo Matteotti. Non ebbe però mai una definitiva consacrazione; fra alti e bassi impressionanti consumò gli anni migliori della carriera. Fra i suoi successi vanno segnalate le sue grandi prove contro il tempo a Castrocaro (1970), Lugano (1970-74), Diessenhofen (1971-72), Roskilde (1973-74) e Copenaghen (1973). Nel 1974 si mise in testa di riprendersi il record dell'ora toltogli da Merckx. Si migliorò arrivando a 48,879, ma sempre a mezzo chilometro dall'asso belga. Chiuse la carriera nel 1976 dopo aver aiutato la crescita di Francesco Moser. Ma perché Ritter non diventò un campione? I motivi ci sono per dirlo. Ad esempio la sua passione verso il sesso, in qualsiasi momento e magari a fiotti durante il Giro, ad esempio.
Nel '71, mentre lottava per la maglia rosa, i suoi incontri con la moglie apparivano degni di un innamorato alle prime esperienze e questo, senza esagerazioni, gli costò parecchio. Oppure la sua passione per la buona tavola e per il vino. Nel Gran Premio di Castrocaro edizione 1968, mentre era in una crisi pazzesca sulla salita delle Volture, gli fu proposto per scherzo una borraccia di vino (in realtà... era piena d'acqua) e lui, con sommo stupore dei presenti, la cercò più volte, e quando l'ebbe e capì che dentro c'era dell'acqua, la gettò con la rabbia più cupa, bestemmiando a "più non posso", un po' in italiano e un po' nella sua lingua madre. Un piccolo aneddoto di un personaggio tanto bravo e simpatico che poteva fare molto di più, ma che tanto ha fatto.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
©2002-2023 Museo del Ciclismo Associazione Culturale ONLUS - C.F.94259220484 - info@museociclismo.it - Tutti i diritti riservati

I dati inseriti in archivio sono il risultato di una ricerca bibliografica e storiografica di Paolo Mannini (curatore dell'Archivio). Le fonti utilizzate sono svariate (giornali, libri, enciclopedie, siti internet, archivi digitali e frequentazioni sui vari Forum inerenti il ciclismo). Chiunque desideri contribuire alla raccolta dei dati, aggiunta di materiale da pubblicare o alla correzione di errori può farlo mettendosi in contatto con Paolo Mannini o con la Redazione.

Preferenze Cookies - Privacy Policy