Enrico Gasparotto: nei miei sogni c'è il Fiandre

di Valerio Zeccato

«Sono nato lo stesso giorno e lo stesso mese di Mario Cipollini. Quando me lo sono ritrovato in squadra mi sono emozionato tantissimo. A Salsomaggiore, nel primo ritiro della Liquigas-Bianchi ero imbarazzatissimo e anche un po' impalato... Non mi sembrava vero di essere al fianco di Re Leone, un pilastro del ciclismo mondiale e uno dei miei miti insieme ad Armstrong e Bettini».
Parole di Enrico Gasparotto, nato il 22 marzo del 1982 a Sacile, residente a Casarsa della Delizia, in provincia di Pordenone, professionista da pochi mesi ma già capace di imporsi allo sprint in una tappa del Giro della Catalogna. Enrico è arrivato tardi al ciclismo, prima era un promettente calciatore che aveva strappato un'opzione per entrare a far parte delle giovanili del Milan. Ma nel 1996 arriva la prima svolta nella vita di Gasparotto.
«Litigai con la mia società e decisi di lasciare il calcio - racconta Enrico che ha nel cassetto il diploma di liceo scientifico -: volevo andare subito a correre perché la bici era di casa nella mia famiglia in quanto mio papà Antonio ha corso fino ai dilettanti e sapendo della fatica che c'era da fare non ne voleva sapere di farmi fare la stessa vita. Ma in famiglia siamo tutti un po' testardi e così mi sono impuntato finché papà mi ha dato il permesso di correre e ho iniziato nel Pedale Sanvitese tra gli allievi».
La seconda svolta nella vita del friulano arriva subito dopo il diploma.
«Non sono mai stato uno che studiava molto - afferma Enrico - ma preso il diploma volevo fare l'università e iscrivermi alla facoltà di scienze motorie, ma non sono riuscito a superare il pre-esame. Così mi sono trovato davanti ad un bivio: cosa fare? Ho deciso di concentrarmi solo sulla bicicletta e cercare di costruirmi un futuro pedalando».
E i risultati non tardano ad arrivare, soprattutto nell'ultimo anno tra i dilettanti (quattro stagioni sempre vestendo i colori del Bici Team San Donà), dove viene fuori alla grande con l'acuto di sette vittorie, meritandosi attenzione e fiducia della Liquigas-Bianchi.
«Rinunciare agli studi è stato difficile - racconta Gasparotto - perché io di carattere tendo a buttarmi un po' giù da solo... Per fortuna i risultati mi hanno rincuorato e mi hanno dato fiducia. Non so per quale motivo, ma vinco soprattutto da aprile a giugno, col caldo vado pianissimo. Sono abbastanza veloce, ma alle volate di gruppo non partecipo quasi mai».
Eppure la prima vittoria da professionista arriva proprio in uno sprint a ranghi compatti nella seconda tappa della Vuelta Catalogna, a Cambrils, dove ha battuto Claudio Corioni e il norvegese Thor Hushovd.
«È vero, questa vittoria ha dell'incredibile. Innanzitutto è il frutto di un'ottima condizione che ho acquisito in Austria all'Uniqa Classic dove ho colto numerosi piazzamenti (un secondo, un terzo e un quinto posto di tappa oltre al terzo posto nella classifica generale a soli 3" dal vincitore, l'olandese della Rabobank Bram de Groot, ndr). Con questa condizione al Giro della Catalogna i responsabili della Liquigas-Bianchi mi hanno dato fiducia, schierandomi come velocista numero uno della squadra. Quasi non credevo ai miei occhi: quando ho vinto avevo un treno composto nell'ordine da Miorin, Ljungqvist e Backstedt come ultimo uomo. Lui è un gigante, io al confronto sono piccolissimo e così quando sono uscito dalla sua scia a 180 metri dal traguardo ero lanciatissimo. Ricordo che ho dato anche il colpo di reni sul traguardo, ero sicuramente in testa ma ho pensato che era meglio darlo, non si sa mai... Non potevo credere di aver vinto e ad essere sincero ancora adesso stento a farlo. Poi leggo i giornali, navigo in internet e mi rendo conto di quello che ho fatto...».
Una felicità incredibile e un'iniezione di fiducia indispensabile per il biondino che ammette: «Sono molto timido, ma mi piace essere protagonista. Sentirmi importante mi gratifica, se per altre persone è un problema avere sulle spalle delle responsabilità, per me è esattamente il contrario. Se sento la fiducia di chi mi sta vicino, se sento di essere importante, ebbene per me queste sensazioni sono la risoluzione di ogni problema».
Il ghiaccio è rotto, ma Enrico è un grande sognatore.
«Darei tutto per vincere la Sanremo, il Fiandre, il Mondiale...».
Ok, ma giochiamo ad imitare Gerry Scotti nel suo "Chi vuol esser milionario?": quale delle tre accendiamo?
«Non ho mai visto da vicino quel percorso, ma sin da piccolo mi ammaliava quella corsa in Belgio. Direi proprio di accendere il Giro delle Fiandre».
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