Pietro Chesi - una sola vittoria per entrare nella storia del ciclismo

Nella Milano-Sanremo del 1927 vince a sorpresa un personaggio di secondo, ma si potrebbe anche dire di terzo rango: il toscano Pietro Chesi, classe 1902. Era noto con il soprannome di "Pelo", ma l'origine di detto nomignolo ci è sconosciuta (suo padre era "Pelone"), senonché, come suppone Renzo Soldani, non si riferisce al fatto che non fosse uso depilarsi. Qualcuno, forse un estroso giornalista, lo soprannominò "il campione della Tripolitania", in quanto, correndo senza il parafango, non era infrequente che arrivasse sempre sporco e nero da sembrare un africano. Da giovane si mise in luce come uno scriteriato e coraggioso attaccante, ma si dice che fosse forte anche a cronometro. Fu tesserato per i colori prima dell'U.S. Castelfiorentino, poi per la gloriosissima U.S. Nicolò Biondo di Carpi. Curiosi erano i suoi sistemi di allenamento in quanto si narra che fosse solito pedalare con una gerla impagliata legata sulla schiena, una gerla piena di pietre. Ancora più curiose erano le sue disordinate abitudini alimentari, al limite della più truculenta voracità. Raccontava Piemontesi che Pelo, militando per un certo periodo dopo la Sanremo vinta, nell'orbita della Bianchi e delle sue sottomarche, a tavola raccogliesse in una fondina tutti gli avanzi dei compagni e non trovasse strano, dopo averli conditi con olio, sale e pepe, trangugiarli accompagnati da mezzo litro di chianti. Negli anni trenta, ritornò a correre nei dilettanti per l'Aquila di Ponte a Ema; si, precisamente nella prima società di Gino Bartali. Si è parlato di lui anche per le sue simpatie nei riguardi dello squadrismo fascista e si è accertato che lui stesso fosse milite, per cui in tante occasioni venne etichettato come "camicia nera" Chesi. Queste simpatie furono anche motivo della morte violenta che trovò nel 1944 per mano degli antifascisti che lo giudicarono colpevole di collaborazionismo e di pratiche delatorie. Per il resto, ripeto, si sa molto poco e si conoscono nella sua carriera, a malapena quattro o cinque piazzamenti appena sufficienti (sesto nella Sanremo del '28 e buon decimo nella classifica finale del Giro 1928). Se non fosse per questa corsa vinta alla maniera dei fortissimi, e in perfetta solitudine, probabilmente non si sarebbe mai parlato di lui. Ma, si sa, vincere la Sanremo equivale ad entrare nella storia del Ciclismo, con la C maiuscola...
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