Quando Nino Catalano, al Tour de France, festeggiò la sua "Santuzza"

Alla partenza di quel Tour de France del 58′ vi erano tutte le premesse affinché la Nazionale Azzurra potesse far bene: agli ordini di Binda vi erano ciclisti di assoluto valore mondiale come Nencini, Favero, Padovan, Baffi e il palermitano Antonino (Nino) Catalano. Le squadre nella maggior parte erano rappresentative nazionali, vi erano poi le squadre territoriali francesi e una squadra mista Olanda/Lussemburgo.
I nomi dei ciclisti presenti al via davano al Tour una dimensione prestigiosa: come i francesi Geminiani, Darrigade, Sabbadini. Nella mista Olanda/Lussemburgo emergevano Voorting, Van Est e soprattutto Charly Gaul (che conquisterà la vittoria finale grazie a due fantastiche crono individuali sul Mont Ventoux e la Briancon-Dijon).
Alla vigilia della 20ª tappa, quel Tour aveva detto già molto: la maglia di leader era stata indossata da vari ciclisti come in un'altalena e con continui ribaltamenti di fronte. Si partiva da Gap per raggiungere Briancon, un saliscendi di 165 km e con la maglia di leader indossata dall'idolo di casa Geminiani. Si dovevano scalare cime impervie come il Vars e l'Izoard le cui strade a causa di un'alluvione nei giorni precedenti, erano più che mai ricche di insidie. La squadra azzurra era partita in sordina ma man mano che la corsa si avvicinava ai momenti caldi, era arrivata qualche vittoria e addirittura la maglia gialla. Pierino Baffi aveva vinto la 10ª tappa replicando nella 16ª, Padovan l'11ª e addirittura Favero in giallo dalla 14ª tappa con arrivo a Luchon vinta da Bahamontes, fino alla 17ª e poi ancora dalla 21ª (tappa vinta da Gaul) alla 22ª. Per chiudere il quadro italico bisogna ricordare la vittoria di Nencini alla 17ª con arrivo a Gap e l'ultima, a Parigi, alla 21ª frazione ad opera di Baffi.
Ma ritorniamo alla 20ª tappa quando ce ne poteva essere un'altra di vittoria sul traguardo di Briancon e, nonostante alla fine quella vittoria fosse sfuggita per poco, il direttore sportivo Alfredo Binda si congratulò ufficialmente con la squadra per lo spettacolo e la risposta positiva data dai suoi ciclisti sulla strada in sintonia con i dettami tattici impartiti dall'ammiraglia.
Nelle tappe precedenti tutti gli azzurri avevano raggranellato qualcosa tranne Catalano: quel suo esser prezioso dietro le quinte, però in termini di risultato non gli rendeva il giusto merito.
Ma da buon palermitano, forse anche un po' irritato, rispondeva in dialetto: "Tranquilli prima che il giro finisca farò l'impresa". Ma tra il dire e il fare c'erano di mezzo le montagne durissime che da brave esaminatrici attendevano i contendenti come le commissioni di maturità attendono i maturandi. Dopo alcuni tentativi di fuga subito annullati dal gruppo intorno al 10 km partirono Polo, Pipeline, Rolland, Busto , Catalano, Van Est. Il gruppo sonnecchia e i fuggitivi arrivano ai piede del Vars con 7'15". La salita aveva pendenze significative intorno al 9-11% e nel gruppo a rompere gli indugi è Bahamontes. A pochi secondi di distanza si forma un gruppetto di grandi firme con Bobet, Gaul, Adriaensens, Geminiani, Favero, Rorbach e poi, ma leggermente in ritardo, Nencini.
In cima al Vars a 2111 di altitudine, passò per primo Catalano con 1'15 su Stanbliski, 1′ 44″ su Polo, 3′ 30″ su Van Est, 3'40" su Monzaneque, 3'55" su Walkowiak e via via sino 5'25" su Bahamontes e 7'35' su Geminiani. Nella discesa Catalano si esalta a velocità pericolose come i 70km/h.
Dietro i contrattaccanti soffrivano il caldo e la fatica di un Tour lungo e difficile. Bahamontes provò ad alzare in ritmo nell'opera di ricongiungimento a Catalano. Dietro di lui nonostante il sasso lanciato dallo spagnolo le acque dello stagno restarono placide e quindi rimase solo all'inseguimento del palermitano.
In tanti si chiedevano a che cosa servisse tanta fatica per Catalano: il pubblico guardava e applaudiva stupito. Sapeva che era un italiano, ma ne ignorava il cognome. Gli incitamenti non tardavano ad arrivare con entusiasmo crescente perché l'impresa coraggiosa affascina da sempre le folle. Catalano sempre avanti, sempre solo. Eppure lungo la strada che conduceva all'Isoard improvvisamente le carte si rimescolarono. Dietro al siciliano avvenne il ricongiungimento: Bahamontes venne raggiunto dalla pattuglia dei campioni che sbucò compatta sul Guillestre. Bobet nei pressi di un rifornimento partì accumulando 1′ di vantaggio. La battaglia vera era scoppiata e le sorprese non erano finite. Iniziò un lungo tratto costellato di buche: la strada cominciava a salire e come un Dio cattivo era pronta a prendersi gioco degli uomini ridicolizzandoli.
Nel terriccio polveroso Luison Bobet mise piede a terra per una foratura. Geminiani, Anquetil, Nencini, Favero, Adriaensscns e Gaul, lanciati all'inseguimento, superarono Luison. Cento metri più in avanti forò Anquetil: ripararono il guasto, ma dopo altri 800 metri Anquetil bucò di nuovo. La fortuna stava girando le spalle alla Nazionale di Francia.
Ci si trovava lungo gli assi inclinati della montagna più alta del Tour e sull'Izoard, Bobet e Anquetil rientrarono in gruppo. Catalano cominciava a faticare...e una foratura per complicando la situazione gli diede paradossalmente la possibilità di respirare (il conto da pagare fu pesantissimo 2′ 15″, a causa della lontananza della macchina con le ruote di scorta).
Bahamontes sentiva le gambe e quindi evase!....riprese la cavalcata e il distacco da Catalano iniziò a diminuire fino a crollare.
Dietro, i migliori, che non riuscivano a separarsi, si ripartirono i guai equamente in modo da non avvantaggiare nessuno: foratura di Geminiani, caduta di Anquetil e frenata (con caduta) di Favero causato da uno spettatore senza senno. A pochi metri dalla vetta, ormai in vista, vi era un tratto di falsopiano che per Catalano rappresentò il ricongiungimento. Lo spagnolo acciuffò l'azzurro-eroe e lo superò.
Il passaggio in cima all'Izoard vide primo Bahamontes, Catalano secondo a 38″.
Mancavano 25 Km a Briancon!
In discesa Catalano dimenticò cosa fosse la paura, la sua pedalata era un misto di rabbia e di disperazione. Raggiunse Bahamontes a due chilometri dal traguardo. Sbottò in un sorriso di felicità. Bahamontes nelle volate era nullo: ci si preparava a festeggiare Catalano. Una curva, poi ancora un'altra e nella pianura, d'improvviso, s'impennava un cavalcavia che tagliò le gambe a Catalano lanciando Bahamontes verso la gloria. Sul traguardo dietro lo spagnolo, arrivò secondo il palermitano a 50″. Terzo, Gastone Nencini a 2'02", Anquetil 3'51", Adriaensessens a 3'52", Hoevenaers a 3'55", Geminiani 3'56", Gaul 3'56".
Era un giorno particolare, era il 15 luglio, il giorno in cui a Palermo vi è il "Festino", la grande festa dedicata a Santa Rosalia.
Questo non è mai stato scritto, crediamo però che avventurarci nell'ipotesi che quella impresa sia legata alla voglia di Nino di festeggiare la sua Santuzza, sia credibile, campata in aria.
Quel giorno del Festino, Catalano scrisse una pagina di grande ciclismo. È il classico giorno diverso dagli altri, quando da gregario pensi da campione, anche se sai di non esserlo, in cui i sogni stanno per materializzarsi: è proprio quello è il momento, più bello, da gustare in apnea. Poi se i sogni svaniscono, pazienza! D'altronde sentirsi per pochi attimi in cima al mondo è un'emozione, unica, impagabile, eterna da dedicare proprio a Santa Rosalia.
Articolo inviato da: Valentino Sucato ()
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