Breve storia del giro d'Italia

L'atto di nascita ufficioso del Giro d'Italia è un telegramma datato 5 agosto 1908: il destinatario era Eugenio Camillo Costamagna, direttore della Gazzetta dello Sport, a cui si chiedeva di rientrare velocemente dalle vacanze, mentre il firmatario era Tullio Morgagni, giornalista ed amministratore dello stesso giornale. La notizia-bomba era l'invenzione da parte del Corriere della Sera di una gara a tappe in bicicletta tra i migliori ciclisti del momento, imitando il Tour dei Francesi e collegandola allo stesso tempo al Giro d'Italia automobilistico, che lo stesso giornale aveva fatto disputare nel 1901. La tragedia insita nella notizia era che già la Gazzetta aveva pensato ad un giro ciclistico cui affiancare come giornalista fisso Cougnet ed ora rischiavano di farsela soffiare. Il ciclismo era uno sport già molto seguito: le prime gare si svolgevano in Europa fin dal 1869 tra Francia, Inghilterra e la stessa Italia, dove le prime biciclette fecero la loro comparsa nel 1881, all'Esposizione di Milano.
Alla fine, la spuntò la Gazzetta ed il Corriere accettò tutto sommato di buon grado la sconfitta, partecipando sia al premio in lire finali sia pubblicando giornalmente i risultati delle varie tappe. Il primo giro venne organizzato in fretta ma bene: si rinunciò a due puntate all'estero per motivi politici (Nizza e Trieste), correndo tre gare a settimana per diciotto giorni, fra il 13 ed il 30 maggio, perché all'epoca la Gazzetta era trisettimanale. Erano presenti tutti i migliori corridori, dallo squadrone della Bianchi con Giovanni Gerbi e Giovanni Rossignoli, alla neonata squadra Atala, con Luigi Ganna ed Eberardo Pavesi, i milanesi Carlo Galetti ed Ernesto Azzini, e poi Giovanni Cuniolo ed Ezio Corlaita, il francese Petit Breton (vero nome Lucien Mazan). Il regolamento derivava direttamente da quello del Tour francese, con una classifica a punti a seconda dell'ordine di arrivo delle varie tappe e la possibilità di sostituire solo alcuni elementi della bicicletta, come ruote, pedali e manubri, tenendo conto che le macchine di appoggio non potevano seguire così da vicino i loro corridori, che dovevano quindi rassegnarsi ad "arrangiarsi".
Il primo via venne dato il 13 maggio 1909 alle 3 e qualche minuto del mattino in quella che allora non era certo una zona centrale di Milano, piazza Loreto. Fu una gara incredibile: al primo via ci fu una caduta collettiva da cui uscì molto malandata la bicicletta di Gerbi, uno dei favoriti. Convinto a continuare, cambiò la bicicletta ripartendo con tre ore di ritardo e facendo una gara solitaria, giusto per partecipare perché ormai era impensabile la vittoria. Altrettanto malandato, questa volta in prima persona, era Petit-Breton che si rovinò una spalla contro una ringhiera: anche lui fu convinto a ripartire. A vincere la tappa a Bologna fu il romano Dario Beni: Gerbi arrivò con quattro ore e mezza di ritardo seducendo comunque il pubblico con una bella volata finale. I due giorni di sospensione fra una gara e l'altra consentivano specie ai corridori isolati di risistemare la propria bicicletta e di ricevere le cure dal medico di gara: Petit-Breton aveva riportato la frattura della spalla e dovette ritirarsi dal Giro. L'ultima tappa del primo Giro d'Italia partì il 30 maggio 1909. Ganna era in vantaggio ma fu costretto a fermarsi per una foratura: la fortuna lo favorì nuovamente facendo trovare ai primi un passaggio a livello chiuso che ridusse il distacco, colmato solamente alle porte di Milano, presso Musocco. L'arrivo, posto al centro dell'Arena civica, fu tagliato per primo dal diciottenne romano Beni, mentre Ganna seguiva terzo: il Giro d'Italia era il suo, con soli 25 punti, mentre Rossignoli, suo grande avversario, ne aveva ben 15 in più. Alla fine dei conti, però, se fosse stata stilata una classifica dei tempi sarebbe stato quest'ultimo a vincere con ben 37' di distacco dal primo. Ad arrivare furono un totale di 49 corridori, che avevano percorso 2408 chilometri.
Lo sport degli anni 1910-1920 è stato ovviamente condizionato dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale: le attività furono sospese e molti atleti di diverse discipline persero la vita. Ma fu anche il momento di grandi personaggi come Ottavio Bottecchia e Costante Girardengo. Quest'ultimo vinse il Giro per ben due volte, nel 1919 (era il VII Giro) e nel 1923 (XI). L'anno dopo toccherà a Giuseppe Enrici. Subito di seguito un altro grande, Alfredo Binda, nato nel 1902 a Cittiglio, sul Lago Maggiore, si aggiudicherà quattro edizioni del Giro in cinque anni, nel 1925, nel '27, nel '28 e nel '29. Addirittura, gli organizzatori della gara del 1930 gli chiederanno di non partecipare, perché altrimenti quest'ultima avrebbe perso di ogni interesse: ricevette comunque lo stesso premio, lire 22.500, del vincitore di quell'edizione, Luigi Marchisio. Nel 1933 Binda vince per la quinta volta la classifica finale del Giro.
Intanto nel 1931 venne adottata come divisa del vincitore la "maglia rosa". La prima fu assegnata a Learco Guerra vincitore della prima frazione del Giro 1931 la Milano-Mantova.

All'alba della Seconda Guerra Mondiale Bartali era già famoso avendo vinto nel 1936 e nel 1937, Nel 1940 Fausto Coppi fu ingaggiato dalla Legnano, squadra di Bartali, come gregario. Tutta la squadra lavorava per Bartali e comunque contro la squadra Bianchi di Giovanni Valetti, ottimo scalatore e vincitore dei Giri del 1938 e del '39. Fu un Giro quasi tutto italiano: le vicende europee avevano impedito ai campioni stranieri di partecipare, esclusion fatta per un gruppo di svizzeri che ebbero due secondi posti nelle classifiche di tappa e l'undicesimo posto generale con Diggelmann, e per una sparuta rappresentanza tedesca. Bartali partì già male: un cane lo fece cadere ma, nonostante tutto, arrivò con soli cinque minuti di ritardo alla fine della seconda tappa. I medici gli sconsiglieranno di continuare il Giro ma lui farà di testa propria, correndo. La seconda tappa fu vinta dalla sua squadra con Favalli primo e Coppi secondo: Pavesi, "tecnico" della squadra, intuì le grandi potenzialità dell'ultimo arrivato e durante la quarta tappa gli darà il via per inseguire gli altri partecipanti e lasciare la scorta del sofferente Bartali agli altri membri della squadra. Alla fine arrivò secondo, mente Bartali aveva ormai nove minuti di distacco: pochi giorni dopo, Pavesi diede all'intera squadra la notizia che Coppi doveva fare la sua corsa e non essere più un gregario. Composta la nuova squadra, si trattava ora di far conoscere il nuovo atleta-campione anche agli avversari, magari con qualche colpo a sorpresa. L'occasione fu la Firenze-Modena, undicesima tappa di questo Giro: inizialmente il dominio fu del piccolo fabbricante di scope, Ezio Cecchi, che rimase solitario al comando per diversi chilometri, all'improvviso, su segnale di Pavesi, Coppi si staccò dal gruppo e si lanciò all'inseguimento superando il piccolo fuggitivo e volando verso Modena. Fu la prima volta che il radiocronista Mario Ferretti disse: "Un uomo solo è al comando... Il suo nome è... Fausto Coppi!". Bartali non si ritirò, o meglio, non lo fecero ritirare: Pavesi lavorò bene e Gino rimase a fare da gregario e maestro al magro Coppi. Quando tutto sembrava ormai deciso e la maglia rosa ormai fissa sulle spalle dell'eroe di Castellania accadde l'imprevisto: a pochi chilometri dall'arrivo a Milano, la bicicletta di Coppi perse la catena. Quando i primi corridori entrarono nello stadio Coppi non c'era ed i suoi concittadini presenti, compreso il padre, rischiarono uno svenimento. Ma alla fine, arrivò con solo 30" di ritardo, vincendo comunque il Giro con 2'40" su Mollo. Da allora in poi verrà rispolverato il titolo di "Campionissimo", fino ad allora usato solo per Girardengo. In seguito vinse il Giro ancora nel 1947, nel '49, nel '52 e nel '53: ma la sua fama crebbe soprattutto grazie alle continue sfide con Bartali, che vincerà ancora nel 1946. La gente adorava Bartali per il suo essere un "omone buono", forse meno calcolatore del collega Coppi.
A fare da terzo incomodo, c'era Fiorenzo Magni che, approfittando della rivalità fra i due principi, vinse il Giro nel 1948, nel '51 e nel '55: l'ultima è poi una di quelle vittorie difficilmente credibili. Il lussenburghese Charly Gaul era maglia rosa e sembrava che nessuno potesse batterlo, poi accadde quello che nessuno si sarebbe mai aspettato: Gaul si fermò durante la penultima tappa a fare pipì e Magni partì all'attacco insieme a Coppi riuscendo a superarlo e a vincere quello che sarà ricordato come il "Giro della pipì". Nel 1957 e nel 1960 toccherà a Gastone Nencini, nel 1958 a Ercole Baldini.
Un'altra invenzione dei giornalisti dell'epoca fu la "maglia nera": si trattava del premio assegnato all'ultimo ciclista classificato: addirittura era talmente ambito come riconoscimento che alcuni personaggi, fra cui Malabrocca e Carollo, fecero di tutto per restare sempre ultimi. Poi l'uso cadde nel dimenticatoio e oggi per l'ultimo non c'è fama di alcun genere.
Nel '67, nel cinquantenario del Giro, vince Felice Gimondi che poi si ripete nel '69 e nel '76: avrebbe probabilmente vinto molto di più se la sorte non gli avesse opposto uno dei mostri sacri del ciclismo, il belga Eddy Merckx. Quest'ultimo vince nel 1968 la 51° edizione, una gara con forti problemi di doping: saranno squalificati Gimondi, classificatosi terzo, e Motta: è il primo belga che abbia scritto il proprio nome nell'albo d'oro del Giro d'Italia. Lo scriverà ancora nel 1970, nel '72, nel '73 e nel '74. Quest'ultima è la sua quinta vittoria e si affianca così al record di Binda e Coppi. Il 1975 è l'anno della vittoria di Fausto Bertoglio: sui ripidi tornanti dello Stelvio si ripropone una delle ultime e più incredibili vittorie di Fausto Coppi, ma in questo caso il "nemico" è Francisco Galdos.
Negli anni '80 il dualismo Saronni-Moser infiamma nuovamente il Giro: Beppe Saronni trionfa nel 1979 e nel 1983, mentre nell'84 è finalmente l'anno di Moser. Nel mezzo le grandi vittorie del campione francese Bernard Hinault nel 1980, 1982 e 1985, seguito dalla spettacolare vittoria di Laurent Fignon nel 1989 dopo l'incredibile sconfitta patita a cronometro da Moser nell'84.
Quella degli anni '90 è storia recente: tutti ricordano personaggi del calibro di Franco Chioccioli, Miguel Indurain, Gianni Bugno e Claudio Chiappucci, Evgeni Berzin. Quest'ultimo si aggiudica il Giro del 1994 davanti al nuovo asso del ciclismo, Marco Pantani, che dopo alcuni anni sfortunati riesce a trionfare nel 1998.
Nel 1997 era stata la volta di Ivan Gotti, così come lo sarà nel 1999, seppure quest'ultima sia stata una vittoria molto fischiata a causa dell'esclusione dalla corsa di Pantani, in maglia rosa a Madonna di Campiglio, per ematocrito alto.
Negli ultimi anni il Giro è ancora dominio italiano: vittorie nel 2000 di Garzelli, nel 2001 di Simoni, nel 2002 di Savoldelli, dopo la squalifica di Garzelli per doping e l'esclusione di Gilberto Simoni, mentre quest'ultimo fa il bis con autorevolezza nel 2003, anno in cui Mario Cipollini supera Alfredo Binda nelle vittorie di tappa.
L'edizione 2004 parte col ricordo della tragica scomparsa di Pantani, avvenuta pochi mesi prima. Il successo finale è appannaggio di Damiano Cunego, già campione del mondo nel 1999 tra gli juniores. Alessandro Petacchi vince ben nove tappe in volata. Nell'edizione 2005 c'è il bis di Paolo Savoldelli e il dominio italiano continua con Ivan Basso nel 2006, con la corsa che parte dal Belgio in memoria dei minatori morti nel 1956 nel disastro di Marcinelle, e nel 2007 con Danilo Di Luca.
L'edizione 2008, partita dalla Sicilia, vede lo spagnolo Contador interrompere il dominio italiano che dura da ben 11 anni e la Spagna rivince il Giro d'Italia dopo 15 anni dall'ultimo successo di Miguel Indurain. L'edizione 2009, quella del centenario, parte da Venezia e si conclude a Roma; qui si impone a sorpresa il russo Menchov che precede Di Luca e Pellizotti, poi squalificati entrambi per doping.
Nel 2010, con la corsa partita da Amsterdam (Olanda), assistiamo al bis di Ivan Basso, mentre l'edizione 2011, quella che festeggia i 150 anni dell'Unità d'Italia, parte da Torino. Al terzo giorno la tragedia sconvolge il Giro: lungo la discesa dal Passo del Bocco il ciclista belga Wouter Weylandt cade ad alta velocità e, nonostante i soccorsi, muore poco dopo. Il successo finale è nettamente appannaggio di Contador, con sei minuti su Michele Scarponi e sette su Nibali. La successiva squalifica per doping del vincitore, divenuta ufficiale nel febbraio del 2012, consegna la maglia rosa a tavolino a Michele Scarponi. Nel 2012 Ryder Hesjedal, canadese, trionfa nella corsa partita dalla Danimarca. Solamente 16 secondi di differenza da Joaquim Rodríguez (quarto minor distacco fra primo e secondo classificato nella storia del Giro). Nell'edizione 2013 Vincenzo Nibali si aggiudica la corsa partita da Napoli e conclusasi a Brescia. Nell'edizione 2014, grande trionfo dei corridori colombiani: Nairo Quintana vince il Giro e al secondo posto arriva il suo connazionale Rigoberto Urán. Per la Colombia è il primo successo nella corsa rosa. Nel 2015 Alberto Contador torna a trionfare al Giro d'Italia; per lui è secondo successo a distanza di sette anni.
Nel 2016 torna nuovamente al successo Vincenzo Nibali, già vincitore nel 2013: il siciliano è abile a recuperare, negli ultimi giorni di gara, un ritardo di cinque minuti da Steven Kruijswijk, prendendo la maglia rosa solo al termine della ventesima tappa, a Sant'Anna di Vinadio, e portandola l'indomani al traguardo finale di Torino; il podio è completato da Esteban Chaves e Alejandro Valverde, mentre Kruijswijk chiude solo quarto. Nell'edizione 2017, la numero 100 nella storia del Giro, la partenza è dalla Sardegna, e il percorso tocca anche la Sicilia; a trionfare sul traguardo finale di Milano è Tom Dumoulin, primo olandese a vincere la corsa, davanti a Quintana (superato da Dumoulin proprio nella tappa finale a cronometro) e Nibali, staccati di meno di un minuto. L'anno dopo la corsa prende il via eccezionalmente da Israele, prima volta per un Grande Giro in territorio extra-europeo; la vittoria è appannaggio di Chris Froome, che conquista la maglia rosa al termine di una fuga solitaria di oltre 80 km nella diciannovesima tappa a Bardonecchia, davanti a Dumoulin e a Miguel Ángel López. Con questo successo Froome entra nella storia del ciclismo come uno dei sette corridori capaci di vincere i tre Grandi giri. L'edizione 2019 mette in risalto fin da subito la rivalità tra Vincenzo Nibali e Primož Roglič, i due favoriti alla vigilia; è Richard Carapaz che sfrutta questa situazione di "controllo" dei due e guadagna un margine che riesce a difendere fino al traguardo finale all'Arena di Verona (primo ecuadoriano a trionfare nella storia del Giro).
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