Fermo Camellini

Nato a Scandiano (Italia) il 7 dicembre 1914, naturalizzato francese l'8 ottobre 1948. Deceduto a Beaulieu sur Mer il 27 agosto 2010. Passista scalatore. Professionista dal 1937 al 1951, con 38 vittorie.
Aveva otto anni, quando la sua famiglia, genitori e cinque fratelli, si trasferì da Scandiano in provincia di Reggio Emilia, a Buaulieu, in Francia, sulla Costa Azzurra, dove dieci anni prima erano emigrati dei parenti del padre. Ancor giovanissimo, Camellini fu avviato al lavoro come garzone di un idraulico, affinché imparasse quel mestiere che era un pallino del genitore, perlomeno era quello il futuro che era stato designato per lui. E il poco più che adolescente Fermo, dimostrò ben presto di saperci fare, ma in quel contesto, s'elevò una variabile che il tempo dimostrerà decisiva nel deviare il corso lavorativo del ragazzino. Il suo padrone, infatti, per guadagnare tempo e rispondere al meglio alle chiamate del lavoro, procurò all'intrepido Camellini una bicicletta, affinché potesse fare il più spedito possibile delle commissioni. Di lì, alla voglia di cimentarsi su quel mezzo, il passo fu breve. Metodico, Fermo iniziò a predisporre la sua giornata per far spazio agli allenamenti: si svegliava presto la mattina e, quando c'erano le condizioni, pedalava a gran velocità il tratto Buaulieu-Cannes e ritorno. Si comprò coi primi risparmi una bicicletta fiammante, ma il padre si spazientì, ed un giorno, esasperato per quella civetteria, prese il nuovo mezzo del figlio e lo gettò in mare. Ma la passione aveva conquistato Fermo, che, poco tempo dopo, prese in prestito una nuova bicicletta e andò a vincere una corsa, a Nizza, dove in palio c'era proprio una bici da competizione. A quel punto, anche il genitore, fu costretto a cedere. Pur continuando a fare l'idraulico, il divenuto dilettante Camellini, si impose come uno con un buon avvenire, soprattutto per la sua grande capacità di andare forte in salita.
Passò professionista nel 1937 nelle file dell'Urago, pur mantenendo sempre il tesseramento con l'Association Sportive Monegasque aspetto non da poco, visto che a carriera finita, per significati e risultanze espressi in tanti anni, il 10 aprile 1951 il Principe di Monaco Ranieri II, lo decorò con la medaglia "de 1ère classe de l'Education Phisyque et des Sports". Atleta massiccio, forte muscolarmente, soprattutto nei dorsali, si distingueva per lo stile poco ortodosso della pedalata, senza perdere in efficacia, ed in salita il suo passo era davvero letale per i più. Già nel 1937 un paio di vittorie significative, nella Nizza-La Turbie e nel GP Guillaumont. Proseguì il suo ruolino di scalatore capace di tenere sul passo vincendo l'anno successivo la Nizza-Annot-Nizza e il Circuito delle Alpi. Nel 1939 le sue condotte lo posero all'attenzione generale, per i piazzamenti di valore e per sei vittorie pronte a predirne protagonismo anche a quel Tour de France, che stava diventando sempre più un suo pallino e che, per la sua situazione di emigrante, non gli fu possibile correrlo nemmeno in quell'anno. Fra i suoi successi del '39 spiccavano il Tour du Gard e, soprattutto, una corsa a tappe suggestiva: il Circuito del Mont Ventoux. Quest'ultimo, lo rivinse anche nel 1941. Nel periodo di guerra, trasferendosi là dove era possibile correre, nel suo palmares finirono, fra gli altri successi: nel '41 la Nizza-La Turbie-Nizza, la Nizza-Mont Chauve, il GP Saint-Chamond; nel '42 il GP Haute-Savoie, il tappone del Giro di Catalogna (dove finì 5° nella Generale) e nel '44 il GP Cagnes-sur-Mer. Con l'arrivo delle "luci" del 1945, quelle di Fermo Camellini, divennero più fulgide. Nell'anno fra i tanti piazzamenti anche di prestigio, vinse la Parigi-Reims, il GP di Nizza, il GP della Provenza (corsa durissima), il Criterium del Sud Ovest, il Criterium della Costa Azzurra, il Circuito Limousin. Nella stagione successiva, mancando ancora nel calendario il Tour de France, si "accontentò" di vincere la Parigi Nizza, la Quattro Giorni di Svizzera, la Attraverso Losanna e la Nizza Mont Angel ed una tappa del GP d'Armagnac. Partecipò al Giro d'Italia, conquistò la maglia rosa nella 5a tappa che ci concludeva a Bologna, la difese in quelle di Cesena, Ancona e Chieti e la perse in quella di Napoli, per una crisi in parte dovuta ad una caduta che gli procurerà quei problemi alla spalla destra, che lo costringeranno al ritiro nella 12a tappa che si concludeva a Firenze.
Col 1947, finalmente, per Camellini si aprirono le porte del Tour de France. Fu inserito in una formazione "Stranieri di Francia" che era quanto di più debole ed eterogeneo potesse capitargli, ma il sogno, a quasi 33 anni, era possibile e questo per lui bastava. Giunse allo start di Parigi dopo un'ottima primavera densa di piazzamenti nelle classiche ed aver vinto il Criterium di Losanna e una tappa del Dauphine Liberé. La sua grandezza s'evidenziò nell'ottava tappa, che da Grenoble che si concludeva nella mitica Briancon (cittadina da eleggersi a monumento del ciclismo), dopo 220 km, dove transitò primo sui leggendari Croix de Fer, Telegraphe e Galibier e giunse in solitudine al traguardo, con più di otto minuti sui primi inseguitori. Due giorni dopo, nella Digne-Nizza, di 210 km, concesse il bis, scalando in solitudine il Castillon e La Turbie e lasciando gli avversari all'arrivo a più di due minuti. Il "foglio giallo" al termine di quella tappa, lo vedeva secondo a 2'11" da Renè Vietto, ma con quasi 23' di vantaggio su Robic, colui che poi vinse il Tour. Sfortunatamente però, in una Grande Boucle particolare, dove i francesi si lasciarono andare un poco agli echi di guerra, Fermo, si trovò praticamente senza squadra, che a quei tempi ed in quelle strade era più determinante di oggi, col peso di essere per i francesi un italiano, ed un francese per gli italiani. Lo stesso Pierre Brambilla, che era comunque inserito nella squadra nazionale italiana e che poi come Camellini diventerà francese, subì quel clima. Sta di fatto, che dopo le due vittorie di tappa ed il conseguente pericolo che rappresentava per chi voleva vincere il Tour, Fermo, senza subire personali crisi di nota, si trovò a pagare oltre misura i Pirenei, fu rimontato da Robic e da altri, finendo la Grande Boucle al settimo posto. Anche l'anno successivo, dopo aver vinto da fuoriclasse la Freccia Vallone ed il GP Echo d'Oran, nonché essersi piazzato in diverse grandi classiche, tornò al Tour coi medesimi propositi di alta classifica. Non vinse tappe, non fece imprese, ma fu sempre fra i primi, finendo nuovamente al settimo posto finale di una Grande Boucle, che può considerarsi come la più importante e significativa delle vittorie di Gino Bartali. Un piazzamento che diceva quanto Camellini fosse forte, nonostante i suoi 34 anni. A fine 1948, mentre si concretizzava la sua naturalizzazione francese, le classifiche della Desgrange Colombo, un campionato mondiale a punti, sicuramente più significativo della marionetta odierna chiamata "Protour", vide Fermo secondo, dietro a Briek Shotte (da lui "strabattuto" nella Freccia Vallone), ma davanti a Bartali, Magni e Ortelli.
Continuò a correre anche nel 1949 e '50, abbastanza per lasciare ancora evidenti tracce della sua presenza, (tanti significativi piazzamenti e una vittoria a Pau nel 1950), ma la sua migliore stagione sulla bicicletta era finita da tempo e nelle prime settimane del 1951, dopo il 15° posto nel GP di Cannes, si ritirò dall'agonismo, ma non dal suo inalienabile legame con la bicicletta. Già, perché Fermo Capellini fino alla sua morte a 96 anni nel 2010 ha vissuto a Beaulieu sur Mer (Costa Azzurra), potremmo dire accanto al suo negozio di biciclette che porta il suo nome e sul quale, ancora ben in evidenza, si può vedere l'insegna "Fermo Camellini. Au Tour de France". Una testimonianza di grande amore verso quello strumento e il suo grande desiderio di partecipare al Tour de France e, magari, vincerlo. Non gli fu possibile, ma quello è stato il filone sul quale ha sempre vissuto.
Anche suo fratello Guerrino, minore di quattro anni, ha disputato tre stagioni da professionista (1948-1950).
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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