Guido Neri

Nato a Cesena il 27 gennaio 1939. Passista scalatore. Alto 1,70 m. per kg 61. Professionista dal 1962 al 1970, complessivamente ha ottenuto 3 vittorie. Con Guido, è d'obbligo non guardare al palmares. Ne uscirebbe un quadro distorto e mediocre, quando, invece, ci troviamo di fronte ad un atleta che ha inciso non poco nella sua epoca e nelle squadre in cui ha militato. Il fatto poi di esser stato considerato alla fine degli anni sessanta come uno dei migliori gregari del mondo, la dice lunga sulle sue facoltà. Non dotato di mezzi eccezionali, ma nemmeno da comprimario, ben presto fece una scelta: incentivare al massimo le sue migliori qualità, ovvero l'intelligenza e la furbizia, al fine di rendersi possibile una presenza nello sport, palpabile e di lungo corso, anche superiore ai confini di carriera. Dire che c'è riuscito, rappresenta una lettura fedele. Ancora oggi, riflettendo sulla sua ellisse, c'è da chiedersi quanto abbia inciso sui suoi capitani: non era un gregario classico, portaborracce ecc., la sua presenza possedeva i connotati del consigliere, del tattico, del capitano nascosto. Nessuno dei compagni d'un tempo lo ha dimenticato e tanti di quelli che non hanno mai convissuto con lui nelle medesime squadre, lo hanno stimato e lo stimano tutt'oggi. Mi son chiesto, più volte, perché non ha scelto di fare il direttore sportivo, avrebbe potuto essere un top driver, ne aveva pienamente le capacità. Poi, forse una prima risposta mi viene dalla constatazione che Guido, quel ruolo, lo ha svolto per anni, proprio mentre correva e, forse, pur rimanendo nell'am-biente dello sport che ha amato e che ama, ha capito che poteva essere ugualmente gratificante divenire commerciante nel settore. La stima per Neri, viene così ancor più spontanea, perché, oltretutto, le sue scelte han dimostrato poco narcisismo. Lo dico alla luce dei modesti corridori (tanto più di Guido) che poi han trasferito eguale reale modestia sull'ammiraglia, pur cercando d'apparire tecnici o sapienti nocchieri. Con simili personaggi, era fin troppo ovvio che fossero i dottori a farla da padroni. La carriera di Neri iniziò nel '56 da allievo con la "Bagnolese", squadra d'un paesino del reggiano dove la famiglia di Guido s'era trasferita. Anche quando il nucleo famigliare ritornò in quel di Martorano di Cesena, il neodilettante Neri, continuò a militare in un sodalizio emiliano: il G.S, Burro Giglio. Con questa squadra consumò tutta la sua permanenza fra i "puri": un segmento denso di successi (ben 22) fra i quali il Giro del Frignano, il Giro del Casentino, due volte il Giro dell'Alta Lunigiana, il Giro delle Tre Province, il Trofeo Ponsacco e il G.P. Marsili. Nel 1962, il salto fra i professionisti in seno alla Torpado, dove si mostrò subito intraprendente, finì il Giro d'Italia al 24° posto, dopo esser stato protagonista in particolare nella tappa di Castrocaro Terme, assieme ad un certo Rik Van Looy. Nel 1963 dopo l'ottimo 4° posto alla Sassari-Cagliari, pagò non poco le vicissitudini che portarono la sua nuova squadra, la San Pellegrino, a sciogliersi per una delle tante dispute poco eccellenti che hanno spesso costellato la storia della Federazione Ciclistica Italiana. Finì la stagione in maglia Firte, ma alla fine dell'anno si trovò, al pari di altri, non accasato. Da isolato iniziò alla grande il 1964, vincendo per distacco il Trofeo Laigueglia e questo successo gli valse un contratto con la già blasonata Molteni. Iniziò lì, la fama di grande gregario e luogotenente di Guido Neri. I vari Motta, Altig e Dancelli sfruttarono al meglio l'abilità del cesenate di vedere e capire la corsa, nonché tracciare pungenti piani tattici. Nel 1966, al Tour de France, Guido, dopo i tanti piazzamenti colti, ritrovò la gioia del successo sfilando al Parco dei Principi per aver vinto la classifica dei "Punti Caldi" (Traguardi Volanti), superando un mostro sacro dei francesi: Dedè Darrigade. Nel 1967, passò nell'ambiziosa Max Meyer, dove fu la chioccia per un campioncino in erba, tanto taciturno quanto tormentato, Claudio Michelotto. Continuò ad incentivare la sua fama di coequipier di valore, nonché cogliere i soliti piazzamenti. Nel 1970, passò alla Scic di Vittorio Adorni, portando con sé anche Michelotto. Vinse il Trofeo Treossi e si confermò un luogotenente di spessore raro. Alla fine dell'anno però, decise di chiudere l'attività agonistica e divenne artigiano e commerciante nel settore ciclistico.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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