Pierino Gavazzi

Nato a Provezze di Provaglio d'Iseo (Brescia) il 4 dicembre 1950. Passista veloce alto 1,69 per 66/67 kg. Professionista dal 1973 al 1992 con 63 vittorie. Venti anni di carriera professionistica, intessuti su una totale dedizione al ciclismo ed alle sue leggi non scritte, che solo i fuoriclasse possono ogni tanto evadere, rappresentano la prima parte del biglietto da visita di Pierino Gavazzi. Il resto, si legge dalle affermazioni di prestigio internazionale che ha saputo cogliere, fra i suoi sessantatre successi e dai quasi cento secondi posti. Tutto ciò, gli ha dato popolarità e conoscenza che, non sempre, anzi poco, s'è tradotta nelle pagine dei commenti di un osservatorio giornalistico esageratamente e, talvolta, anche erroneamente legato al duo Moser-Saronni. Il tratto di Gavazzi, contiene le carriere dei due catalizzatori, che ha saputo anche battere su traguardi storici o da leggenda, fino a giungere agli anni del Bugno ruggente, verso il quale, ha sempre nutrito rispetto e ammirazione. Con questo bresciano, ancora validamente sulla breccia, per l'ammiraglia che guida, per i figli corridori, Nicola e l'attualissimo Mattia, si apre una fetta enorme del ciclismo italiano, ed un mare di esperienze che ci aiutano a capire le dinamiche proprie del pedale degli ultimi quaranta anni.
Pierino, il diminutivo popolare e, potremmo dire, illustrativo del suo lungo nome anagrafico, era destinato alla fabbrica, alla vita anonima di milioni di persone. Scelse la bici più tardi dei più e quando già aveva provato i ritmi del lavoro, duro e sempre mal pagato, dei generici delle imprese industriali, ma fece presto a recuperare. Fu un ottimo dilettante, capace di cogliere significativi traguardi, usando il fondo e l'iniziativa, prima ancora del suo spunto veloce: caratteristiche, che dal 1973, ha trasportato stupendamente nel professionismo.
Di taglia piccola, ma compatta e muscolarmente di nota, si legò alla professione del ciclis-ta, una delle più dure che ci siano, con lo spirito di chi si vuole arricchire di contatti, di esperienze, di viaggi, pur con una natura caratteriale taciturna, riflessiva, sempre pronta all'osservazione e al mettere a frutto il vissuto. Non cambiò mai da quella linea, arrivando al pedale del miglior Merckx e proseguendo fino al miglior Indurain, senza voler dare l'impressione di essere, e di essere stato qualcuno anche lui. È restato al suo posto con dignità e validità, mettendo sulle strade condotte fatte di generosità e fatiche, che non possono giustificare, in alcun modo, la definizione che in tanti gli hanno data, di semplice velocista. Già, perché Pierino, non ha mai aspettato egoisticamente l'arrivo per portare fresco il suo indubbio spunto di velocità e non ha mai avuto treni, o quattro o cinque compagni a disposizione. Lui battagliava, andava in fuga, tirava, si muoveva come un passista completo e, per questo, spesso è giunto con le polveri un po' bagnate all'arrivo, come dimostra l'infinità di piazzamenti ottenuti. Ovvero risultanze significative dello spessore del corridore Gavazzi, ma troppo numerose per non aprire, sovente, le trombe dell'idiota atteggiamento che l'osservatorio ciclistico ha sempre dimostrato verso i posti d'onore. Ed a quei "qualcuno", che mettono sulle ammiraglie dilettantistiche i bollini delle vittorie ottenute, come fossero pegni di valenze "mercsiane", quando nella realtà sono piccoli gradini di un apprendistato che solo i miopi possono vedere come un arrivo; o a quelli che sviluppano, sulla inutilità agonistica delle odierne Granfondo, i servizi destinabili ai traguardi della leggenda del pedale, è bene ricordare che tal Pierino Gavazzi, fra una marea di campioni (corridori che oggi si vedono col binocolo), è stato uno che ha vinto quel che segue. Le tre Maglie Tricolori conquistate nel '78 a Odolo, nell'82 nella Tre Valli Varesine e nel '88 (a 38 anni) nella Coppa Placci, fanno da contorno e sintetizzano i suoi meriti, che hanno brillato particolarmente in occasione del 1980, il suo anno di grazia, dove conquistò la Milano-Sanremo (davanti a Saronni e Raas) e la Parigi-Bruxelles (su Demeyer e Vandenbrande). Ma anche su classiche, come la Milano-Torino '78, il Trofeo Laigueglia '79 e '89, il Giro di Campania '79, il Giro di Romagna '80 e '84, il Giro dell'Emilia '81-82, il Giro del Veneto '82, la Tre Valli Varesine '84, il Giro di Reggio Calabria '83, il GP di Prato '84 e '89, la Nizza-Alassio '85, il Trofeo Matteotti '85, il Giro di Puglia '77. Ha poi vinto 5 tappe del Giro d'Italia, una del Tour de Suisse, una del Romandia, 4 del Giro di Catalogna e 5 del Giro di Puglia. Insomma un corridore di spessore che fa piacere ricordare.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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