Maurizio Semprini

Nato a Rimini il 19 febbraio 1976. Passista, alto m. 1,93 per 78 kg. Professionista nel 2000 con una vittoria.
Uno dei migliori talenti mai visti da chi scrive. Poi, come sempre, il talento da solo non basta a fare un campione o, semplicemente, un ottimo atleta. Il ciclismo, come gli altri sport, lo dice attraverso quella storia che va vissuta con l'ottica di uno che deve fare disamina, e non col modus dell'assemblatore di preconcetti. Tra l'altro, il talento ha sempre una faccia nascosta, che va interpretata, discussa o pettinata, a seconda dei casi, ma sempre e comunque tenuta lontana da quei preconcetti che sono, sovente, autentiche stupidaggini. Sarà, ma se Maurizio Semprini non è diventato perlomeno quel buon professionista che doveva essere, la colpa non è unicamente sua.
Cresciuto nel Pedale Riminese, mostrò presto una pedalata sopraffina per compostezza, agilità e potenza. Fra gli allievi vinse il Titolo Italiano nell'Inseguimento individuale ed in quello a Squadre. Da juniores, oltre a vincere nove corse su strada unicamente per distacco, grazie ad azioni di forza o da finisseur, si guadagnò l'azzurro su pista, dove conquistò nel 1994, ai Mondiali di Quito, in Ecuador, la medaglia di bronzo nell'Inseguimento a Squadre. Passato fra i dilettanti con la Rinascita-Giacobazzi nel 1995, già al secondo anno era un vincente a livello assoluto. Nel 1996, infatti, fu riserva del quartetto azzurro dell'inseguimento alle Olimpiadi di Atlanta, ed in azzurro, su strada vinse a Yutz, in Francia, con un'azione da finisseur, la quinta tappa del Circuit des Mines open. C'erano, come da tradizione di quella corsa, davvero tanti professionisti allo start e la vittoria di Semprini, fu oggetto di attenzioni da parte di un vasto osservatorio. Non a caso lo squadrone della Caneva lo volle con sé per il 1997, nonostante il chiacchiericcio che gravitava attorno a lui, sulle sue condotte da viveur. Nella grande squadra friulana vinse per distacco tre corse su strada, colse la piazza d'onore in una tappa del Giro Baby, nonché due bronzi, nella cronometro individuale su strada ai Tricolori e ai Giochi del Mediterraneo. Fu poi riserva azzurra ai Mondiali di San Sebastian. Nel 1998, l'intensità del chiacchiericcio aumentò, ed invece di passare professionista, come da logica ed intelligenza, Maurizio si trovò a cambiare casacca dilettantistica approdando alla Pasta Montegrappa. Nell'anno colse 3 vittorie in solitudine, ivi compresa l'indicativa premondiale di Reggio Emilia. A fine anno furono ancora vittoriosi i preconcetti, e Semprini restò dilettante, stavolta in seno al Velo Club Mantovani di Rovigo. Nel 1999 aggiunse così altre cinque vittorie quattro delle quali per distacco. Finalmente, nel 2000, si aprirono per lui, nonostante il chiacchiericcio, le porte per il professionismo in seno all'Alexia Alluminio. Fu sfortunato però, perché la squadra non venne invitata al Giro d'Italia e lui, pur votato a provarsi nel ruolo di spalla, comportandosi onorevolmente al servizio di Minali e Della Santa, vide vanificati i suoi valori dall'esigenza della squadra di rideterminarsi, viste le difficoltà economiche. E Semprini, col chiacchiericcio che lo circondava, fu chiaramente uno dei sacrificati. Nell'attesa di un team professionistico più decente, tornò dilettante sempre con la Mantovani, vincendo in tre occasioni. Poi, dopo tanti "flirt" con la Mercatone Uno, arrivarono finalmente le foto ufficiali con la nuova maglia, ma, inspiegabilmente non ci fu seguito agonistico sulle strade. Semprini aveva capito che Marco Pantani, col quale da tempo era amico e compagno d'allenamenti, andava gestito meglio e questo provocò orticaria in chi guidava dalla scrivania il team. S'era dunque giunti alla fine della carriera del virtuoso passista riminese. Un peccato, perché Maurizio Semprini, aldilà delle sue condotte, sicuramente tanto esagerate dall'atmosfera che gravita come una malefica zanzara sul ciclismo da decenni, era, ripeto, uno splendido talento.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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