Luigi Marchisio

Nato il 26 aprile 1909 a Castelnuovo Don Bosco ed ivi deceduto il 2 luglio 1992. Completo. Professionista dal 1929 al 1936 con 11 vittorie.
Un corridore che ha fatto storia nonostante il periodo d'attività denso di grandissime figure. Tecnicamente un corridore davvero raro perché era un evidente in ogni settore e pedalava bene come pochi, visti i mezzi, gli allenamenti e le strada di quei tempi. Certo, poteva e doveva partorire un segmento vittorioso più lungo, ma la storia del ciclismo, anzi dell'intero sport, è piena di questi casi. In altre parole, sono un grande motivo di interesse in più, verso l'approfondimento delle conoscenze sull'intorno di quell'originale artista che è l'atleta.
La passione per il ciclismo entrò molto presto nella mente del giovanissimo Luigi, il quale, come avvicinò l'agonismo, bruciò subito le tappe. Campione italiano nella categoria "liberi" nel 1926, indi Campione italiano degli indipendenti nel 1928, quando giunse 2° nel Giro del Sestriere, dietro al dilettante Ambrogio Beretta.
Nel 1929, ovvero nella sua prima stagione fra i professionisti, fu frenato dalla ferma militare che passò nel corpo degli alpini, ma nonostante i pochi allenamenti si presentò allo start di qualche importante appuntamento riuscendo a piazzarsi: fu 4° nel Giro di Romagna e 10° nel Campionato Italiano. L'anno dopo, a soli ventuno anni, Marchisio fu autore di quella che poi si dimostrerà la sua migliore stagione. Partecipò al Giro d'Italia passato alla storia per la decisione degli organizzatori di pagare il primo premio ad Alfredo Binda, affinché non prendesse il via con gli altri 115 concorrenti, rendendo incerta la lotta per la vittoria finale e, di conseguenza, appassionare il pubblico. Il giovane piemontese, che correva per la Legnano dello stesso Binda, partì subito fortissimo vincendo le tappe di Messina (2a frazione) e Catanzaro (3a), conquistando il primo posto in classifica con quel lieve vantaggio che, regolando con parsimonia le proprie forze, seppe conservare fino a Milano. Secondo, a soli 52", si classificò un grintosissimo Luigi Giacobbe e 3°, ad 1'49", Allegro Grandi. Il sud portava bene a Marchisio, lì aveva posto le basi per trionfare al Giro d'Italia e lì, nello stesso anno, vinse anche il Giro di Reggio Calabria. Poi, vicino casa, fece sua la Coppa Val Maira. Dopo l'annata trionfale però, Luigi seppe mantenere le belle premesse soltanto a sprazzi, confermandosi tagliato soprattutto per le corse a tappe. Nel '31, infatti, stava per fare "bis" al Giro, dopo 4 frazioni era in testa con 5' di vantaggio, ma per una serie incredibile di forature perse nella tappa di Cuneo la Maglia Rosa (fu la prima edizione dove il 1° in classifica indossava l'indumento) e la possibilità di rivincere. Chiuse comunque sul podio, 3°. Nel '32, passò dalla Legnano alla Bianchi e vinse la classifica finale, nonché la 4° tappa della prestigiosa Barcellona-Madrid. Con la vittoria nella Coppa Arpinati, s'avviò verso il buio e non riemerse più. Le sue ultime tre stagioni furono insignificanti, perlomeno per uno che aveva infiammato appassionati e osservatorio. Nel '36, non ancora 27enne, abbandonò l'attività agonistica. Aprì a Torino un negozio di biciclette ed articoli sportivi che gestì fino alla pensione.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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