Paolo Mannucci

Nato a Capraia Fiorentina (FI) il 9 febbraio 1942. Passista scalatore. Professionista dal 1965 al 1967, senza ottenere vittorie.
Buon dilettante, essenzialmente un piazzato più che un vincente. Uno che veniva a galla nelle corse dure, dove magari si giocava la vittoria ed era quasi sempre protagonista. Uno, per intenderci adattissimo al ruolo di gregario fra i professionisti se riusciva a tenere la distanza . Oggi fra i prof, con le corse molto più corte per la sonora stupidaggine (perché altri non è!) di contenere in questo modo il doping, chissà quanti corridori del passato avrebbero potuto continuare l'attività e marcare una carriera di buon pregio! Tornando a Mannucci, le caratteristiche di un corridore almeno buon gregario nell'elite di quel tempo c'erano tutte, ma andavano ovviamente verificate. Waldemaro Bartolozzi il nocchiero della Springoil poi gloriosa ed epocale Filotex, nonché uno dei migliori uomini d'ammiraglia della storia, nel 1965 volle con sé il corridore fiorentino all'interno delle file del sodalizio bianco blu. E fu un successo, perlomeno per i confini che il Bartolozzi aveva steso su Mannucci. Nel 1965, infatti iniziò un triennio in cui questo corridore si determinò grande spalla per Bitossi (forse l'italiano più dotato in termini di puro talento della grande generazione azzurra forgiata negli anni sessanta) e, all'occorrenza pure un discreto piazzato. Accadde ad esempio nell'ultima tappa del Giro d'Italia dell'anno d'esordio, la Brescia-Firenze che, concludendosi nella terra di casa, stuzzicò Mannucci al pari di altri corridori toscani, a sentire l'evento doppiamente, ed approfittando della libertà concessa dalla squadra, fu coautore della fuga decisiva a sette. Chiuse 5° quell'ultima frazione e 44° il Giro. Nell'anno fu poi 7° al Giro d'Emilia, anche qui al termine di una fuga ad otto, ma ad aiutare il suo capitano Bitossi (3°) a lottare allo sprint con autentici fari pure veloci, come Dancelli (poi vincitore), Durante, Mealli, Vigna, Zandegù. Paolo Mannucci anticipò il solo Silvano Schiavon, uno destinato a fare il capitano della Legnano, ma fermo in volata. Nel 1966, l'affidabilità di Mannucci fu messa ad ulteriore prova con la partecipazione a Giro e Tour de France. Al Giro chiuse 61°, mentre in Francia terminò 82°, ultimo, sul traguardo di Parigi, ma la sua fu una bella impresa. Infatti, dei 10 partenti Filotex, lui fu uno dei 4 che arrivarono al Parco dei Principi, l'unico fra i gregari cosiddetti umili: gli altri furono Bitossi 17°, l'outsider Marcello Mugnaini che finì 5°, ed il forte Ugo Colombo 44°. Proprio il piazzamento di quest'ultimo stava a dimostrare lo sforzo a cui furono chiamati sia Colombo che, soprattutto Mannucci. Ed infatti, l'anno seguente il corridore fiorentino subì una flessione marcata che lo spinse a chiudere col ciclismo pedalato a fine anno. Ciclismo che è rimasto nella sua vita, prima seguendo il figlio Francesco che è stato un buon dilettante nell'ultimo lustro del millennio e poi come accompagnatore di squadre dilettantistiche.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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