Claudio Michelotto

Nato a Trento il 31.10.1942. Passista scalatore, alto 1,75 per 72 kg. Professionista dal 1966 al '73 con 10 vittorie. Un corridore che pareva destinato a grandi traguardi, ma che non è mai riuscito a concretizzare completamente ciò che si credeva possibile per lui. Sfortunato, ma anche non dotato di quel carattere che di solito ha contraddistinto i corridori trentini. Insomma, poco "cagnaccio" e con una introversione gravitante semmai su una sottile implosione. Lo si voleva destinato ai GT, ma alla fine s'è determinato in quelle classiche nazionali che lo han visto vincente, anche se non su numeri d'evidenza. La maturazione di Michelotto si concretizzò nel 1963, quando colse bei traguardi per numeri e qualità. L'anno seguente fu azzurro al Tour dell'Avenir, vinto da Gimondi, s'aggiudicò con la Padovani il Tricolore a squadre, ed un giro a tappe in Ungheria. Passò tra i prof nel '66, con la Sanson. Fu una stagione tribolata e con poche corse (fu 9° alla Tirreno Adriatico), causa una grave caduta al Campionato di Zurigo, che gli impose un lungo stop. Alle corse tornò nel '67, in maglia Max Meyer e la sua pedalata stilisticamente ineccepibile, s'evidenziò. Arrivò 2° nella tappa di Cortina al Giro d'Italia, ma con sfortunato, perché raggiunto dal gruppetto inseguitore causa caduta alle porte della località e poi superato allo sprint da Adorni. Chiuse il Giro 26° ed il buon ruolino gli valse la squadra Nazionale "Primavera" per il Tour de France, che chiuse 61°. Nel finale di stagione fu 5° nel Gi-ro dell'Emilia. Nel '68, ruppe il ghiaccio con un gran bel successo alla Tirreno Adriatico. Vinse poi la prova di Castiglion del Lago del "Cougnet" (che chiuse 2°) e trionfò nella Coppa Agostoni. L'ottima stagione si testimoniò anche nei piazzamenti: 3° all'Emilia, "Campagnolo", "Ticino", 4° al "Lazio" e "Campania", 5° al "Sardegna". Non bene al Giro d'Italia: solo 21°. Aprì il '69 col botto: vinse il Trofeo Laigueglia, il Giro di Sardegna e la Milano-Torino. Andò alla Vuelta di Spagna per fare la gamba per il Giro d'Italia, chiudendola 43° con un 3° di tappa. Nella "Corsa Rosa", fu finalmente protagonista. Vinse il tappone di Cavalese, fu 3° a Folgaria e chiuse il Giro col successo nella Classifica dei GPM, ed il 2° nella Generale, dietro Gimondi. Chiusa la Max Me-yer, passò nel '70 alla Scic, ma non fu un'annata felice. Finì 31° il Giro, abbandonò il Tour. Solo due quarti alla Milano-Torino e nella Genova-Nizza. L'anno seguente, dopo la vittoria al Giro di Campania, partì per la Corsa Rosa, puntando alla vittoria e, per 10 giorni vi riuscì. Conquistò la Maglia Rosa nella tappa di Casciana Terme e la mantenne per le 9 successive, fino alla Lienz-Falcade. Qui, fu vittima di una crisi che si vide sul Pordoi e si concretò lungo la discesa del Valles, complice una caduta nella quale su ferì seriamente al capo. Vinse lo svedese Gosta Pettersson, mentre Claudio si ritirò. La Scic non gli rinnovò il contratto e nel '72 corse con la GBC. Nell'anno vinse la tappa di Morel al Tour de Suisse e sovente si piazzò, ma ormai non c'era più. A fine '73, dopo aver fatto il gregario di Gimondi alla Bianchi, chiuse col ciclismo.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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