Joseph Demuysere

Nato a Wervik, in Belgio, il 26 giugno 1907, deceduto ad Anversa il 30 aprile 1969. Professionista dal 1928 al 1939 con 10 vittorie su strada.
Chi crede di conoscere i valori di uno sport e del pedale in particolare, fidandosi ciecamente degli albi d'oro, prende sovente delle stecche. Jeff Demuysère con 10 vittorie nell'elite del ciclismo e due da indipendente, secondo la logica dei "conta-successi" è stato solo un buon corridore. La realtà è molto diversa, perché Jeff era un campione che ha avuto la sfortuna di scontrarsi con avversari eccezionali quali Alfredo Binda e Antonin Magne. E lui si destinava, forse troppo, questo sì, alle grandi corse a tappe, quando si poteva spendere maggiormente su quelle di un giorno. Soprannominato la "Locomotiva del Belgio", era forte sul passo ed in salita, ma gli mancava quello spunto veloce che gli avrebbe consentito di vincere tanto di più. Ciononostante, non gli mancavano le frecce per emergere anche su talune classiche, perché la sua progressione era formidabile, ed aveva la capacità di mantenere le cadenze ad alta ritmicità tipiche dei cronoman.
Jeff, sin da piccino dimostrò di avere nel sangue la passione per il ciclismo e cominciò a pedalare per le strade del suo paese ancora giovanissimo. Erano gli anni in cui lo sport del pedale andava conquistando, con una rapidità impressionante folle di giovani, ed un pubblico sempre più numeroso di ammiratori. Demuysère, deciso ad imporsi per diventare qualcuno nello sport che amava e che riteneva a lui più congeniale, esordì a 18 anni nella categoria dei "debuttanti" e vinse la bellezza di 19 corse. L'anno seguente, fu promosso nella categoria juniores ed immediatamente dopo fra gli indipendenti, dove vinse 12 gare fra le quali la Parigi Arras, nello start della quale erano presenti diversi professionisti anche di un certo livello. Nel 1927, dopo il successo nel Giro delle Fiandre riservato agli indipendenti, subì una flessione tale da deludere i suoi ammiratori. E fu certamente un bene che allo scadere di quell'anno negativo, fosse chiamato sotto le armi per il normale servizio di leva.
Quei mesi trascorsi lontano dalle corse predilette, così pure dalle preoccupazioni e dagli assilli quotidiani, lo maturarono e ritornò a casa uomo fatto, pronto a riprendere quella strada che aveva lasciato temporaneamente, più preparato a sopportare le amarezze e le difficoltà di quella vita che ben si rispecchiava nelle immani fatiche di quelle grandi corse a tappe, sulle quali ambiva a spendere tutta la sua immanenza ciclistica.
Nel 1929, pienamente inserito fra i professionisti, Demuysère, a soli 22 anni, ritornò a far parlare con evidenza di sé. Andò al Tour de France e lottò strenuamente con campioni assai più allenati di lui, quali i francesi Leducq e Charles Pélissier, il lussemburghese Frantz, il belga Verwaecke, l'italiano Pancera e lo spagnolo Cardona. In quell'anno, il patron del Tour, Desgrange, proseguendo nei suoi mutamenti della formula, aveva disposto la partenza a livello individuale ed il direttore di corsa, che era lo stesso Desgrange, si era riservato il diritto di ordinare partenze separate, nel caso ne avesse ravvisata l'opportunità per aumentare il tono agonistico.
In altre parole, il Patron più Patron della storia ciclistica.
Ed uno che lo capì a sue spese fu proprio Jeff, che arrivò primo nella tappa Luchon-Perpignan, si piazzò al 2° posto nella Nizza-Grenoble e 3° nella Cherbourbourg-Dinan, nella Les Sables d'Olonne-Bordeaux e nella Malò les Bains-Dieppe. Avrebbe potuto vincere il Tour, ma il successo gli sfuggì, per una serie di penalizzazioni inflittegli da Henri Desgrange ed alla fine fu 3° dietro il connazionale Dewaele, che vinse nonostante un malanno finale e l'italiano Pancera.
La sua stagione però, non fu solo Grande Boucle. Vinse con otto minuti di vantaggio sul secondo arrivato, la Parigi-Longwy, trionfò nel GP di Lilla ed in quello di Wervik. Fu pure presente alla Liegi-Tours, al Giro delle Fiandre, alla Parigi-Lille, al Giro del Belgio e alla Bordeaux Parigi (dove giunse terzo), distinguendosi per le sue condotte audaci e le progressioni impressionanti, che gli fecero guadagnare un altro nomignolo, il "Leone delle Fiandre", un termine che, ad onor del vero, è stato affiancato a diversi nella storia del ciclismo. Il 1929, dunque, era stato un ottimo anno per Demuysère, ma in lui era sempre più forte la ricerca di qualcosa in più che consisteva nel successo alla corsa che considerava indispensabile nella carriera si un ciclista: il Tour de France. E l'anno dopo tornò alla carica con maggiore decisione e più entusiasmo che mai.
Cominciò con qualche classica in linea: finì secondo nella Parigi Bruxelles e nel GP Wolber, vinse il Tour de Morbihan e si piazzò di nuovo terzo alla Bordeaux-Parigi, ma nella Grande Boucle non andò altre il quarto posto e a livello di singole tappe, solo piazzamenti. Tra l'altro il piazzamento finale fu raggiunto con la forza della disperazione, dopo una brutta caduta.
Venne il 1931 che gli portò un successo di buon auspicio sulle strade amiche, il Giro delle Regioni Fiamminghe, ma ancora una volta al Tour de France fece incetta di amarezze.
Vinse in solitudine le tappe alpine Nizza-Gap e Aix les Bains-Evian, ma aveva accumulato troppo ritardo sui Pirenei e nulla poté contro uno strepitoso Antonin Magne: finì secondo. Jeff Demuysère chiuse la stagione con l'amaro in bocca. Gli anni passavano veloci e con essi svanivano le speranze che sono sempre l'ossigeno di uno sportivo. Allora pensò all'Italia, e volle provare, nel 1932, a far suo il Giro, ma il risultato fu identico. Dopo i piazzamenti nelle tappe Lanciano-Foggia e Foggia-Napoli, conquistò il secondo posto assoluto nella classifica finale alle spalle di Antonio Pesenti, colui che l'anno prima al Tour, gli era giunto alle spalle, terzo. Alla Grande Boucle di quell'anno, non andò oltre l'ottavo posto. A fine 1932, il suo ruolino poté contare solo sul successo nel Campionato belga di ciclocross. Nel 1933, riprovò a vincere il Giro d'Italia. La sua condotta fu regolare, si piazzò in diverse tappe, ma si trovò di fronte quell'inimitabile campione che era Alfredo Binda. Ancora una volta, fu costretto ad accontentarsi del posto d'onore. Saltò il Tour de France ed andò in Spagna, al Giro di Catalogna, dove vinse la prima tappa e poi, causa un malessere, naufragò. Finalmente, col 1934, raggiunse quel grande successo sempre inseguito, anche se non era in una delle amate corse a tappe. Con una condotta spettacolare che lo confermava passista di valore e corridore di grande temperamento, conquistò la Classicissima Milano-Sanremo. Nell'anno, finì 4° nella Parigi Tours e 11° al Giro d'Italia, come a dire che la sua migliore stagione si stava allontanando. Ed infatti pur continuando a correre fino al 1938, su strada vinse solo il GP di Poperinge nel '35, mentre si fece valere su quel ciclocross che ancora non s'era dato l'appuntamento mondiale ed un calendario internazionale di pregio.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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