Alberto Luigi Emiliozzi

Nato il 15 novembre 1930 a Tarquinia (Viterbo) ed ivi deceduto il 5 marzo 2006. Passista scalatore, alto 1,75 per kg 70. Professionista dal 1957 al 1958 con tre vittorie. Gli albi d'oro, sovente, sono avari e confondenti. Uno come Emiliozzi, con soli due anni di professionismo e sole tre vittorie, può passare inosservato e, magari giudicato, superficialmente, un modesto. Non è il caso di questo bel corridore compatto e ardimentoso, la cui carriera si ritorce fra le pieghe di quei fatti, piccoli, ma importanti, di cui le memorie, spesso, non sono a conoscenza. Corse in un periodo dove non mancavano di certo i campioni, anzi, nessuno toglierà dalla testa di chi scrive queste note, la convinzione fossero di ben altro spessore rispetto a quelli odierni. Ed Emiliozzi, fu uno che corse a lungo fra i dilettanti, perché allora non si passava di categoria solo per lo sponsor personale da girare alla squadra, o per la raccomandazione di un dottore: dovevi essere forte e sicuro per farcela. E non sempre bastava. Fatto sta che fra i dilettanti, c'era gente che poteva vedersi come armadio a quattro ante, ed Emiliozzi fu per anni fra i più bravi. Uno che non sembrava un campione, ma che anche fra i prof, poteva diventare un ottimo corridore. Nell'elite del ciclismo vi giunse nel 1957, in una grande squadra come la Faema, piena di campioni e con Learco Guerra come nocchiero. Alberto, che all'anagrafe gli risultava abbinato anche il nome Luigi, partì davvero bene. A fine febbraio alla Sassari Cagliari, la sua prima corsa, fu 19°, indi 14° nella Milano Torino, 19° nella Classicissima Milano Sanremo, 22° nel Giro di Reggio Calabria; 10° nel Giro di Campania ed il 16 aprile già vinse. Accadde a Messina, nella prima frazione del Giro a tappe della Sicilia. Dopo aver bellamente difeso la leadership della corsa, cinque giorni dopo s'aggiudicò il Giro. Con due successi già finiti nel palmares, quattro giorni dopo la vittoria al "Sicilia", Guerra lo schierò nel prestigioso GP Ciclomotoristico, al cospetto di una bella fetta del gotha ciclistico internazionale. Nella seconda tappa, che si concludeva a Salerno, vinse nuovamente e conquistò il primo posto in classifica, che difese per giorni, nonostante varie traversie, per poi chiudere 4° a Roma. Divenuto un evidente, andò a correre il Giro di Svizzera, dove però, vide riacutizzarsi quell'insieme di fastidi che, dagli ultimi giorni del "Ciclomotoristico", lo affliggevano. Chiuse la corsa elvetica 19°, ma poi non riuscì più ad esprimersi come voleva, proprio per quei malanni. A settembre, nel Tricolore chiuse 49° e nel 1958, altri problemi fisici si aggiunsero. Dopo un per lui insignificante 49° posto al Giro di Toscana, decise di abbandonare l'attività agonistica. Ma cos'era avvenuto, il penultimo giorno del GP Ciclomotoristico? Ebbe uno strano malore, che si seppe poi essere stato causato, almeno così s'è sempre sostenuto, da una altrettanto strana bibita, che avrebbe dovuto fargli bene, ma che invece lo mise a terra. Cosa ci fosse in quella borraccia, non si seppe mai.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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