Storia di un sopravvissuto: Javier Ochoa Palacios

Nel pomeriggio del 15 febbraio 2001 suo gemello Ricardo perse la vita investito da un'automobile; Javier era con lui: gemelli inseparabili, entrambi portacolori della Kelme, si stavano allenando insieme sulle strade di Malaga. L'incidente avvenne intorno alle quattro. I due furono letteralmente travolti da una macchina di grossa cilindrata. Più tardi si seppe che a guidarla c'era il direttore del Dipartimento sportivo dell'università di Malaga, il quale aveva perso il controllo del mezzo a causa di un malore o di un colpo di sonno. A identificare chi dei due gemelli fosse morto, venne la fidanzata di Javier. Quest'ultimo, oltre a riportare le fratture aperte di tibia e perone della gamba sinistra, di entrambi gli omeri e di cinque vertebre, entrò in coma profondo a causa di un forte trauma cranico. Rimase a lungo tra la vita e la morte; sopraggiunse anche una polmonite a complicare un quadro clinico che era già drammatico. Ma la sua fibra era resistente; dopo 64 giorni di coma, una lunghissima degenza in ospedale, la lenta riabilitazione, quello che era stato una delle promesse del ciclismo spagnolo (al Tour de France 2000 aveva vinto la tappa pirenaica di Hautacam, chiudendo al tredicesimo posto in classifica) riuscì a risalire in bicicletta. Era dicembre, fece appena 20 metri. Sapeva che ci sarebbe voluto tanto ma era deciso e convinto che un giorno si sarebbe rimesso il numero di gara. Piano piano si è riavvicinato alla bicicletta: ha cominciato pedalando una ventina di minuti al giorno sui rulli, perchè aveva paura di uscire ancora in strada, l'orribile choc si manteneva vivo nei suoi occhi. Con questa preparazione casalinga nel giugno 2002 ha disputato i campionati spagnoli riservati ai disabili psichici e s'è piazzato al secondo posto, dietro un ventenne valenciano, Maurice Sckuard, campione d'Europa e del Mondo, quindi il suo secondo posto aveva un valore speciale. Così ha deciso di insistere, ritrovando anche la forza per tornare a pedalare su strada: suo padre Ricardo lo segue in macchina con le luci di emergenza in funzione, e così Javier si sente più protetto. Non è che può coprire lunghe distanze perchè dopo un pò i postumi del terribile incidente si fanno sentire, sotto forma di dolori alla schiena e in tutte le ossa. Ma Javier non vuole mollare: riesce a stare in sella dalle due alle tre ore per uscita, coprendo ogni volta dai sessanta agli ottanta chilometri. Il suo nome è ora nel taccuino del commissario tecnico della Nazionale per le Paralimpiadi; il prossimo obiettivo di Javier sono i campionati europei che si svolgeranno nel settembre 2003 nella Repubblica Ceca, ma il punto di arrivo della sua sfida sono le Paralimpiadi di Atene 2004. Nella vita ogni conquista, quando è fortemente voluta, può essere meravigliosa e da lassù Ricardo farà il tifo per lui.
Articolo inviato da: Paolo Mannini (Firenze)
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